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Archivio newsIl "Ri-lancio"... RI-modifica gli ammortizzatori sociali
Il decreto Rilancio affronta il tema “caldissimo” della proroga degli ammortizzatori sociali. Stando alle ultime bozze, il decreto esaminato dal Preconsiglio dei Ministri dell’11 maggio 2020 modifica la disciplina della Cassa integrazione ordinaria, dell’assegno ordinario e della Cassa integrazione in deroga prevista dal decreto Cura Italia, come convertito in legge. In base alla lettura coordinata delle modifiche introdotte, fermo restando le risorse disponibili, il numero massimo di settimane utilizzabili dai datori di lavoro è pari a 18 settimane. Gli ammortizzatori sociali inoltre verrebbero concessi in caso di riduzione/sospensione di attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid – 19, compresa (ulteriore novità) la prevenzione della diffusione dell’epidemia nei luoghi di lavoro.
Con il passare del tempo l’atteso decreto “Aprile” muta nome e diviene sostanzialmente un decreto legge “omnibus”, cd decreto Rilancio, composto da 444 pagine e 258 articoli, nei quali trovano spazio diverse tipologie di provvedimenti in favore di famiglie, imprese e lavoratori per contrastare i negativi effetti economici generati dall’emergenza epidemiologica da Covid – 19.
Per quanto riguarda il tema caldissimo della proroga degli ammortizzatori sociali, il Decreto Legge cosiddetto “Rilancio”, (stando almeno alle bozze circolate sin dal pomeriggio di ieri), introduce delle modifiche agli articoli 19, 20 e 22, del decreto Cura Italia (decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020 da poco convertito, con modifiche, nella legge n. 27 del 24 aprile 2020).
Per prima cosa occorre registrare con piacere la correzione di una evidente ed incomprensibile disparità di trattamento. Anche i lavoratori sospesi e che percepiscono assegno ordinario (FIS) potranno mantenere gli assegni familiari. Come si ricorderà, oggi, tale possibilità è prevista solo per i percettori di CIGO e di CIGD.
In base alla lettura coordinata delle modifiche introdotte, fermo restando le risorse disponibili, il numero massimo di settimane utilizzabili dai datori di lavoro in caso di riduzione/sospensione di attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid – 19, compresa (ulteriore novità) la prevenzione della diffusione dell’epidemia nei luoghi di lavoro, è pari a 18 settimane (9 settimane in più rispetto alla dotazione originaria prevista dal decreto 18/2020). Fin qui era quanto ampiamente anticipato nei giorni scorsi anche dal Ministro del Lavoro. La vera novità sta nell’articolazione delle ulteriori settimane di ammortizzatore. Infatti esclusivamente 14 settimane di trattamento di integrazione salariale (sia in caso di CIGO – FIS – CIGD) potranno essere utilizzate dai datori di lavoro per coprire riduzioni/sospensioni di attività lavorativa nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020. Ulteriori 4 settimane saranno invece utilizzabili per coprire riduzioni/sospensioni di attività lavorativa nei periodi dal 1° settembre 2020 al 31 ottobre 2020.
E’ bene ricordare che, come chiarito a suo tempo dalla circola INPS n. 58 del 20 aprile 2009, per considerare fruita una settimana occorre valutare le singole giornate con richiesta integrativa seppur dislocate in un arco temporale più lungo. In pratica si considera “goduta” una settimana se l’azienda ha usufruito della Cassa per 5 o 6 giornate, a seconda che l’orario si riferisca ad una settimana “corta” o “lunga”.
La discontinuità temporale nell’utilizzo dell’ammortizzatore prevista dal decreto “Rilancio” rischia di mettere ulteriormente in difficoltà tutte quelle aziende che nel corso del mese di maggio si troveranno ad aver sostanzialmente esaurito la prima dotazione di 9 settimane. Le ulteriori 5 settimane infatti, dovranno essere utilizzate per coprire l’eventuale riduzione di attività lavorativa per i mesi di giugno, luglio ed agosto (per un totale di 13 settimane). Tutto ciò con la conferma di un ulteriore periodo di sospensione dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (sia in forma collettiva che individuale).
Da questa articolata distribuzione delle ulteriori 9 settimane di integrazione salariale Covid-19 sembrerebbe, visto che parliamo di bozze di decreto il condizionale è d’obbligo, essere escluso il comparto del turismo. Una proposta del Ministero dei beni culturali e del turismo (ratificata nella bozza di decreto di ieri delle ore 17.30) va infatti in questa direzione al fine di consentire alle aziende del comparto di fruire in continuità anche l’ulteriore periodo di 4 settimane per le altre aziende previsto dal 1° settembre.
Durata massima complessiva 18 settimane | |
14 settimane (comprese le precedenti 9) | A copertura delle riduzioni/sospensioni di attività lavorativa nel periodo ricompreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 agosto 2020. |
Ulteriori 4 settimane | Per le riduzioni/sospensioni di attività lavorativa nel riodo tra il 01 settembre 2020 e il 31 ottobre 2020. |
L’inspiegabile, se non in termini di contenimento di spesa, meccanismo imporrà alle aziende che non potessero riprendere al 100% l’attività al termine del primo gruppo di 5 settimane (delle 9 previste) di alternare ammortizzatori straordinari Covid-19 con ammortizzatori ordinari intrecciando, in un diabolico ginepraio, procedure, modalità e tempistiche diverse. Infatti è possibile ipotizzare che concluse le prime 14 settimane con ammortizzatore Covid-19 si possano avviare richieste, in modalità ordinaria, di ulteriori periodi di riduzione/sospensione per arrivare alle ulteriori 4 settimane decorrenti dal 1 settembre.
Esiste però un’altra possibilità per queste aziende, quella prevista dall’art. 94 della bozza del decreto “Rilancio”. D’intesa con le OO.SS. si potrà arrivare alla rimodulazione dell’orario di lavoro per mutate esigenze organizzative e produttive, alternando periodi di lavoro a percorsi formativi. Gli oneri relativi alle ore di formazione, comprensivi dei relativi contributi previdenziali e assistenziali, sono a carico di un apposito Fondo denominato Fondo Nuove Competenze costituito presso ANPAL. Una sorta di lavoriamo meno, formiamoci tutti.
Per quanto riguarda la presentazione della domanda all’INPS in caso di ricorso al trattamento ordinario di integrazione salariale e di assegno ordinario, il decreto Rilancio dovrebbe prevedere una riduzione delle tempistiche disponibili. Se confermato quanto presente nelle bozze, l’azienda dovrà inoltrare la domanda attraverso i canali telematici dell’Istituto entro la fine del mese successivo al quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione/riduzione dell’attività lavorativa.
Al fine di evitare problematiche rispetto ai termini d’invio della domanda previsto dalla originaria versione del decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020, per le sospensione/riduzione di attività lavorativa decorrenti dal 23 febbraio fino al 30 aprile il termine di invio della domanda è comunque stabilito al 31 maggio 2020 (o entro 15 giorni dalla entrata in vigore del decreto secondo talune indicazioni).
Per ridurre i tempi di effettivo pagamento dei trattamenti di integrazione ai lavoratori, i datori di lavoro che non anticipano i relativi trattamenti, potranno fare richiesta di pagamento diretto della prestazione inviando le domande entro il 15 del mese di inizio della sospensione/riduzione dell’attività lavorativa. Le Amministrazioni competenti, ricevute le domande, dovranno autorizzarle entro il giorno 5 del mese successivo. A seguito dell’autorizzazione entro il giorno 15 di ogni mese i datori di lavoro comunicheranno all’Inps i dati necessari al pagamento delle prestazioni. In tal modo si dovrebbero risolvere i gravi ritardi che si sono registrati nel mese di aprile e maggio.
In caso di trattamento ordinario di integrazione salariale e di assegno ordinario, viene reintrodotta la cosiddetta procedura semplificata di informazione, consultazione ed esame congiunto che deve essere svolta, anche in via telematica, entro i tre giorni successivi a quello di invio della comunicazione preventiva. E’ appena il caso di ricordare come tale fase fosse stata eliminata dall’art. 19 del decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020, nell’iter parlamentare di conversione in legge dello stesso decreto.
Per l’accesso al trattamento di cassa integrazione in deroga confermato l’obbligo di accordo con le OO.SS comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro che hanno in forza più di 5 dipendenti. L’obbligo di accordo viene nuovamente previsto anche i datori di lavoro con più di 5 dipendenti che hanno chiuso l’attività in ottemperanza ai provvedimenti di urgenza emananti per far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid – 19.