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Archivio newsContratti a termine: proroga e rinnovi con “Rilancio” a metà
Il decreto Rilancio dispone anche in materia di proroga e di rinnovo dei contratti a termine. A distanza di pochi giorni dalle novità apportate dalla legge di conversione del decreto Cura Italia al fine di agevolare la gestione dei contratti a tempo determinato in scadenza per le aziende che fruiscono degli ammortizzatori sociali COVID-19, il legislatore sembra fare un - seppur piccolo – passo in più: per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all’emergenza epidemiologica da Covid-19, prevede la possibilità di rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti a termine in essere anche in assenza di una delle causali consentite. L’esame della norma svela, però, molte sorprese.
La bozza del decreto Rilancio (ex decreto Aprile) prevede la possibilità di prorogare e rinnovare i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato.
L’articolo, così come è stato scritto, presenta alcune criticità che mi auguro vengano riviste prima della sua emanazione e pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Inoltre, appare quasi un nonsense, in considerazione del fatto che era già stato previsto dalla legge n. 27/2020, di conversione del decreto Cura Italia e che quindi bastava solo un intervento limitato ad apportare le dovute modifiche.
Partiamo dall’inizio. In fase di conversione del decreto Cura Italia, il Parlamento ha inserito nella legge n. 27/2020, l’articolo 19-bis, dal titolo “Norma di interpretazione autentica in materia di accesso agli ammortizzatori sociali e rinnovo dei contratti a termine”.
L’articolo in questione ha evidenziato un vulnus creato dalla normativa ordinaria che non permetteva alle aziende che fruivano degli ammortizzatori sociali COVID-19 di apporre un termine ai contatti a tempo determinato. Ciò in quanto, tra le regole che disciplinano il contratto a termine e la somministrazione a tempo determinato è presente una disposizione (articolo 20 e articolo 32, del decreto legislativo n. 81/2015) che prevede il divieto di prorogare e rinnovare contratti a termine durante il periodo di fruizione della cassa integrazione guadagni.
Ricordo che la norma prescrive una sanzione, in caso di violazione di tale divieto, che è rappresentata dalla trasformazione a tempo indeterminato del contratto di lavoro.
Questo divieto ha portato alla cessazione di molti contratti di lavoro, privando tante persone della fruizione di un ammortizzatore sociale e di qualsiasi altro sostentamento economico, stante la situazione in essere.
A fronte di ciò, il legislatore è intervenuto con la sospensione del divieto summenzionato e, addirittura, con la sospensione anche del cd. stop & go che prevede un periodo di non lavoro tra due contatti a tempo determinato (articolo 21, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2015). Ciò proprio al fine di dare continuità al rapporto di lavoro.
Va sottolineato come la norma si applica esclusivamente alle aziende che hanno in essere un ammortizzatore sociale COVID-19 e solo per i periodi di sospensione dell’attività lavorativa.
Per quanto la norma non sia esente da critiche (in quanto, ad esempio, non chiariva il termine “rinnovo” e non ricomprendeva anche i lavoratori intermittenti), rappresentava un giusto compromesso per “proteggere” tanti lavoratori da una risoluzione del rapporto di lavoro per una motivazione non rientrante nella sfera aziendale, in quanto, in molti casi, la motivazione della chiusura delle attività produttive proveniva da una imposizione del Governo e non da una crisi aziendale.
Con il decreto “Rilancio”, il Governo riscrive la norma, limitando enormemente la sua portata rispetto alla versione oggi vigente (articolo 19-bis) e al solo scopo, ad avviso di chi scrive, di eliminare l’obbligo della causale.
Vediamo quali sono gli aspetti negativi di questa nuova versione. Il Governo prescrive, “per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all’emergenza epidemiologica da Covid-19”, la possibilità di “rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere”. Detta disposizione trascura i rapporti in somministrazione a termine che erano stati nominati nella precedente formulazione dell’articolo 19-bis. Spero si tratti solo di una dimenticanza e che potranno rientrare ed affiancare, così come meritano, i contratti ordinari a tempo determinato.
Inoltre, il disposto normativo non prevede la deroga all’articolo 21, comma 2, e quindi alla possibilità di escludere l’obbligo dello “stop & go” tra il contratto scaduto e il successivo rinnovo. In questo modo, i rapporti in scadenza che non potranno essere prorogati, in quanto hanno raggiunto il massimale di proroghe previste (4 proroghe), dovranno obbligatoriamente prevedere un momento di “vacanza contrattuale”, in pratica un periodo di non lavoro, a tutto svantaggio dei lavoratori che, nel periodo in questione, non potranno prestare la propria attività lavorativa e ricevere, in cambio, una retribuzione.
L’unico aspetto positivo, se così si può dire, è la sospensione dell’obbligo di indicare una motivazione al perché il datore di lavoro vuole prorogare o rinnovare il contratto di lavoro a tempo determinato. In pratica, l’azienda non sarà obbligata a fornire una causale, riprendendola da una delle tre motivazioni previste dall’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2015:
1. esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività,
2. esigenze di sostituzione di altri lavoratori,
3. esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
Ricordo, infine, che il legislatore non ha sospeso, in questo periodo di crisi, anche le altre regole previste ordinariamente per questa tipologia contrattuale. Parlo, ad esempio, della durata massima, del rispetto del numero massimo di proroghe, del limite massimo di utilizzo di lavoratori a termine e della contribuzione aggiuntiva.
In particolare, per quanto la norma abbia sospeso la vigenza di due vincoli presenti nelle regole per l’applicazione del contatto a termine, restano comunque in piedi altri limiti che dovranno essere rispettati per non vedersi applicare delle sanzioni (la principale è la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro).
Durata: va rispettato il massimale di durata dei contratti a tempo determinato previsto dal Contratto collettivo di lavoro di riferimento dell’azienda, ovvero i 24 mesi di durata massima, così come previsto dall’articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 81/2015;
Proroghe: un massimo di 4 volte nell'arco di 24 mesi a prescindere dal numero dei contratti;
Percentuale: la contrattazione collettiva di riferimento dell’azienda prevede una percentuale massima di utilizzo dei lavoratori a tempo determinato, rapportata ai lavoratori a tempo indeterminato presenti in azienda. Qualora la contrattazione non abbia disciplinato il numero o la percentuale massima, si applica la previsione legale (il 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione).
Contribuzione: oltre alla contribuzione ordinaria, il datore di lavoro deve corrispondere una contribuzione maggiorata dell’1,4% e la contribuzione addizionale dello 0,50% per ogni rinnovo (percentuale che va moltiplicata al numero di rinnovi effettuati).
Al termine di questo scritto, permettetemi una considerazione.
Nell’arco di undici giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge 27/2020, di conversione del decreto legge 18/2020 (29 aprile 2020), il legislatore ha provveduto a riscrivere, quasi totalmente, un articolo che già contemperava la situazione delicata della mancata proroga o rinnovo di lavoratori a termine, modificando la norma con termini e delimitazioni diverse rispetto alla versione precedente. Bastava, a mio avviso, il solo inserimento circa la disapplicazione dell’obbligo di motivare il contratto.
Ciò avrebbe dato continuità alla disposizione dell’articolo 19-bis ed avrebbe evitato alcuni errori, quali, ad esempio, il mancato inserimento della sospensione dello “stop & go” e l’esclusione della somministrazione di lavoro dalla sospensione del divieto alle proroghe ed ai rinnovi, entrambi presenti nella versione oggi vigente.
Le considerazioni contenute nel presente contributo sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza