News
Archivio newsResponsabilità 231 nel settore agro-alimentare: verso l’inasprimento delle sanzioni
Si ampliano anche al settore agro-alimentare le ipotesi di responsabilità amministrativa degli enti da reato. Il disegno di legge di riforma dei reati agroalimentari prevede infatti sanzioni per taluni delitti in materia di frodi alimentari e delitti contro la salute pubblica che incidono sul codice penale, su quello di procedura penale e su svariate leggi speciali. Sono introdotte ulteriori pene accessorie che si caratterizzano, in presenza del delitto di agropirateria e di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro il patrimonio agroalimentare, non solo per colpire l’autore dell’illecito con l’interdizione da una attività imprenditoriale ma anche per colpire l’ente nell’interesse e a vantaggio del quale la persona fisica ha commesso i citati reati con la chiusura temporanea e, nei casi più gravi, definitiva dello stabilimento.
La legge n. 157/2019 (di conversione del D.L. n. 124/2019) ha introdotto nel sistema 231 l’art. 25 quinquiesdecies, che ricollega la responsabilità dell’ente contribuente ai reati tributari, e già si delinea un ulteriore ampliamento del catalogo dei reati che determinano detta responsabilità, questa volta estesa ai reati nel settore agro-alimentare.
Il disegno di legge del Guardasigilli e del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, esaminato dal Consiglio dei Ministri il 25 febbraio 2020, ricollega sanzioni pecuniarie e sanzioni interdittive a taluni delitti in materia di frodi alimentari e delitti contro la salute pubblica attraverso 13 articoli che incidono sul codice penale, su quello di procedura penale e su svariate leggi speciali.
Il disegno di legge è accompagnato da una puntuale relazione illustrativa che spiega la ratio legis e come è stata estrinsecata.
Estrapolando i profili di interesse più generale, un primo dato su cui riflettere è che permane la responsabilità penale della persona fisica nel segno di un inasprimento del trattamento sanzionatorio di fattispecie già esistenti (es., nuovi artt. 439 e 440 c.p.) e dell’introduzione di nuove fattispecie incriminatrici (es., artt. 440 bis, ter e quater, artt. 445 bis e ter; artt. 517 quater e quater 1; artt. 517 sexies, septies e octies c.p.).
Sono introdotte ulteriori pene accessorie (art. 518 bis c.p.) che si caratterizzano, in presenza del delitto di agropirateria (art. 517 quater c.p.) e di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro il patrimonio agroalimentare (capo II bis), non solo per colpire l’autore dell’illecito con l’interdizione da una attività imprenditoriale ma anche per colpire l’ente nell’interesse e a vantaggio del quale la persona fisica (apicale o non apicale) ha commesso i citati reati: la chiusura temporanea e, nei casi più gravi, la chiusura definitiva dello stabilimento o dell’esercizio in cui il fatto è stato commesso sono – all’evidenza – pene accessorie che colpiscono l’ente (anche se non è stato parte del processo penale) e che non sono evitabili sostituendo la persona fisica cui la pena accessoria è stata applicata con la sentenza di condanna.
Appare con chiarezza non solo che la responsabilità penale della persona fisica “deborda” diventando responsabilità (anche) dell’ente, ma che è un preciso intento colpire l’ente in quanto tale e in via autonoma, a titolo di responsabilità amministrativa che si aggiunge a quella penale della persona fisica (apicale o non apicale) e che permane anche nei casi di impossibilità – per qualsiasi motivo – di processare la persona fisica (morte del reo, omessa identificazione, incapacità etc.).
Il riferimento è all’art. 5 del disegno di legge in esame che concerne specificamente “modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231” e che incide sul catalogo dei reati presupposto di responsabilità amministrativa dell’ente, da un lato ridisegnandolo e dall’altro ampliandolo con nuove fattispecie.
Dal 2009 l’art. 25 bis 1 D.Lgs. n. 231/2001 configura l’ente come responsabile per la commissione di delitti contro l’industria e il commercio.
Se passerà la riforma, nel sistema 231 entreranno sia l’art. 25 bis 2, relativo alle frodi in commercio di prodotti alimentari che l’art. 25 bis 3, relativo ai delitti contro la salute pubblica, categoria che comprende sia figure di reato disciplinate dal codice penale che figure di reato previste dalla legge 30 aprile 1962 n. 283 (il cui art. 5 è contestualmente sostituito).
Non manca qualche problema di coordinamento: l’art. 11 del disegno di legge riguarda la disciplina degli oli, modifica il D.Lgs. n. 103/2016 e prevede sanzioni amministrative pecuniarie (la cui applicazione è sottratta al sistema 231), ma la riforma non sembra ricordare che la legge 14 gennaio 2013 n. 9, recante norme sulla qualità e trasparenza della filiera degli oli d’oliva vergini da oltre sette anni ricollega la responsabilità degli enti alla commissione di delitti di frode in detto specifico settore.
Al di là di profili particolari – che c’è tutto il tempo di sistemare – la riforma vagheggiata conferma che oramai il legislatore ordinario ritiene non efficace un’azione di contrasto che non ricomprenda sanzioni per l’ente nel cui interesse o vantaggio la persona fisica ha commesso un determinato reato.
Alla base c’è una precisa scelta ideologica o un dato desumibile dalla realtà: sul presupposto della macro – delinquenza delle corporazioni si è sottolineato che un elementare senso della giustizia imporrebbe che alcune condotte, di cui solitamente si rendono responsabili le corporazioni, non rimangano impunite (così il discorso del Santo Padre all’Associazione internazionale di diritto penale) e tutte le più recenti direttive UE prospettano l’adozione di sanzioni efficaci e dissuasive nei confronti delle persone giuridiche.
Dopo la responsabilità per i delitti di caporalato (fine 2016), per autoriciclaggio (maggio 2017), impiego di irregolari (ottobre 2017), razzismo e xenofobia (novembre 2017), frodi sportive (maggio 2019) e reati tributari (dicembre 2019), gli enti devono prepararsi ad un’organizzazione della propria struttura specificamente orientata all’incolumità e salute pubblica, con particolare riferimento al settore degli alimenti e dei medicinali.
Il legislatore, con l’art. 5 del disegno di legge, delinea uno specifico modello organizzativo destinato all’ente qualificato come impresa alimentare.
L’art. 6 del D.Lgs. n. 231/2001 rimane al centro dell’attività di contrasto e l’aggiungere un art. 6 bis rappresenta un eccesso di appesantimento del testo normativo che – con la legge n. 179/2017 sul whistleblowing – è già stato raddoppiato.
Sovrapposizioni a parte, non è affatto chiaro se – con riguardo al settore agroalimentare – il modello organizzativo divenga obbligatorio (mentre finora è stato ritenuto facoltativo), ma è preferibile propendere per un’adesione facoltativa da parte degli enti che vogliano puntare sulla efficacia esimente o attenuante della responsabilità amministrativa, fermo restando che la non adozione non costituisce reato (ma aggrava il rischio di essere ritenuti responsabili anche per i reati inseriti ex novo nel catalogo dei reati presupposto) e certo non è una modalità per escludere la responsabilità.