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Archivio newsCIGS: la presentazione tardiva della domanda determina lo slittamento della decorrenza
Ogni volta che una normativa fissa un termine, il suo superamento, anche marginale, determina comunque gli effetti sanzionatori. Il termine richiesto per inoltrare la richiesta di CIG, sebbene certamente limitato, non è, difatti, tale da renderne impossibile, arduo, o comunque eccessivamente oneroso il rispetto. Ciò tanto più ove si consideri che la domanda di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale deve essere inoltrata in via telematica attraverso la procedura CIGS on-line. E’ quanto ha dichiarato la Corte Costituzionale nella sentenza n. 90 del 15 maggio 2020.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, dell’art. 25, comma 3, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 (Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), secondo cui il trattamento straordinario di integrazione (CIG) salariale «in caso di presentazione tardiva della domanda, […] decorre dal trentesimo giorno successivo alla presentazione della domanda medesima».
La questione è sorta nel corso di un giudizio promosso da una società nei confronti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali avverso un decreto di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale relativo al contratto di solidarietà stipulato il 1° ottobre 2015 dalla società ricorrente con le competenti organizzazioni sindacali. Di fatto la società lamenta la riduzione del periodo di fruizione del trattamento concesso dall’amministrazione rispetto a quello richiesto in quanto nella domanda, presentata il 30 novembre 2015, era indicato il periodo dal 2 ottobre 2015 al 1° ottobre 2016, mentre l’amministrazione aveva autorizzato la corresponsione del trattamento fino al 1° ottobre 2016, ma con decorrenza dal 30 dicembre 2015.
La società ritiene che la norma richiamata:
- violerebbe i principi di ragionevolezza e proporzionalità, in quanto comporterebbe una “sanzione” ingiustificatamente onerosa per l’impresa che presenti la domanda oltre il termine di sette giorni stabilito dalla normativa;
- sarebbe lesiva del principio di uguaglianza, in quanto opererebbe una discriminazione nei confronti delle imprese che subentrano in appalti e che devono quindi rispettare la cosiddetta clausola sociale, secondo cui viene trasferito all’impresa subentrante il personale già occupato in quella cessante;
- violerebbe il principio di libertà dell’iniziativa economica privata, poiché verrebbe «scaricato sull’imprenditore datore di lavoro un onere che invece lo Stato riconosce, almeno provvisoriamente, come proprio, ma a far tempo dal trentesimo giorno successivo alla data di presentazione della domanda di aiuto.
La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 90 del 15 maggio 2020, rileva che il rimettente si limita a prospettare in via generale il tema della discriminazione senza descrivere né argomentare se essa si sia concretamente manifestata nella fattispecie in esame e in che termini e, soprattutto, in che modo essa avrebbe inciso sulla determinazione del notevole ritardo (oltre cinquanta giorni) nella presentazione della domanda di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale rispetto al termine di sette giorni, stabilito dalla normativa, decorrente dalla stipula del contratto di solidarietà.
Inoltre evidenzia che la disciplina della CIG conferma l’attenzione del legislatore alla tempestività degli adempimenti richiesti al datore di lavoro in relazione al procedimento in esame e alle conseguenze che in caso di inottemperanza si determinano sulla sua sfera giuridica e patrimoniale. L’impresa è infatti tenuta a corrispondere ai lavoratori una somma di importo equivalente alla integrazione salariale non percepita.
La Corte Costituzionale ritiene che nella disposizione censurata non è dato riscontrare i profili di irragionevolezza dedotti dal rimettente poiché è noto infatti che, ogni volta che un termine è fissato, il suo superamento, anche marginale, determina comunque gli effetti sanzionatori anche ove sia stabilito un più ampio margine temporale rispetto a quello di sette giorni previsto dal comma 1 del medesimo art. 25 del d.lgs. n. 148 del 2015. Parimenti ininfluente è il riferimento da parte del rimettente alla «angustia» del termine di sette giorni così stabilito dal citato comma. Nel merito si osserva che il predetto termine, sebbene certamente limitato, non è, difatti, tale da renderne impossibile, arduo, o comunque eccessivamente oneroso il rispetto. Ciò tanto più ove si consideri che la domanda di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale deve essere inoltrata in via telematica attraverso la procedura CIGS on-line.
Corte Costituzionale, sentenza 15/05/2020, n. 77/2020