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Archivio newsMisure di sicurezza in azienda: perché (e come) ricorrere allo smart working
Un importante strumento per evitare gli assembramenti in azienda ed aumentare il distanziamento sociale garantendo la sicurezza dei lavoratori è rappresentato dallo smart working. Già fortemente raccomandato nel protocollo per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19 negli ambienti di lavoro del 24 aprile 2020, il ruolo “anti contagio” dello smart working si rafforza con il decreto Rilancio che, con particolare riferimento ai lavoratori dipendenti del settore privato, prevede la possibilità di richiedere (ed ottenere) di svolgere la propria prestazione a distanza se genitori di figli minori di 14 anni di età.
Parlando di lavoro, in più occasioni, il Governo è intervenuto evidenziando come, tra le modalità per evitare gli assembramenti in azienda ed aumentare il distanziamento sociale, il lavoro a distanza potesse essere di beneficio alla riduzione dei contagi e ad una corretta ripresa dell’attività lavorativa.
Tra i documenti che ne segnalano la centralità, anche il protocollo anti-contagio negli ambienti di lavoro, dello scorso 24 aprile, siglato con tutte le Parti sociali (associazioni datoriali e sindacali). In particolare, il lavoro da remoto è stato definito, in questa fase di progressiva riattivazione del lavoro, utile “strumento di prevenzione” e quindi da considerare prioritario nella gestione dei lavoratori.
A dare un ulteriore slancio alla modalità “agile” è intervenuto il decreto Rilancio (sempre di impulso del Governo) che, tra le misure di aiuto alle famiglie, ha previsto un diritto, in capo al lavoratore/genitore, di effettuare la prestazione lavorativa in smart-working e cioè non all’interno dei locali aziendali, ma presso un qualsiasi altro luogo scelto dal lavoratore stesso.
La disposizione ha un doppio significato:
· “calmierare” le paure dei lavoratori sul contagio, nel momento in cui le aziende riaprono le porte e quindi si riprende l’attività lavorativa,
· aiutare i lavoratori a sopperire alla chiusura delle scuole e dei centri estivi.
Vediamo quali sono le caratteristiche previste dal legislatore per poter “esternalizzare” l’attività lavorativa del dipendente in luoghi diversi rispetto alla sede aziendale.
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Non tutti i lavoratori avranno la possibilità unilaterale di richiedere ed ottenere lo smart-working, ma soltanto i lavoratori dipendenti del settore privato che sono anche genitori di un figlio minore di 14 anni di età. Ricordo che per i pubblici dipendenti è ancora vigente l’articolo 87, del decreto Cura Italia (legge n. 27/2020 di conversione del decreto legge n. 18/2020) che prevede, in questo periodo emergenziale, quale modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni, proprio il lavoro agile. Ma mentre per i pubblici dipendenti l’unico requisito è l’”assenza di attività indifferibili” e che richiedono necessariamente la presenza anche in ragione della gestione dell'emergenza, per i dipendenti privati vi sono una serie di ulteriori requisiti che è il caso di esplicitare.
Per acquisire il diritto a lavorare da remoto, l’altro genitore non dovrà essere un “non lavoratore” e non dovrà beneficiare di uno strumento di sostegno al reddito (es. CIG, Naspi, ecc.). La motivazione è dovuta al fatto che, in questi casi, non nascerebbe l’esigenza di tutelare il bambino privo di qualsiasi assistenza genitoriale, in quanto l’altro genitore, in caso di assenza di un lavoro ovvero di fruizione di un ammortizzatore sociale, potrebbe essere a casa ed occuparsi dei figli.
La durata del diritto è corrispondente alla durata di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID–19: ad oggi, il 31 luglio 2020.
Ma veniamo all’elemento arbitrario che rende il diritto non potestativo ma legato ad una scelta a lui estranea: la prestazione di lavoro deve essere compatibile con le caratteristiche del lavoro agile. Ciò sta a significare che il datore di lavoro può negare il diritto del lavoratore allorquando dimostri la incompatibilità tra le caratteristiche della prestazione lavorativa e la modalità di lavoro da remoto.
Se la dimostrazione è semplice qualora si tratti di un operaio che lavora su macchinari industriali, è più complicato se parliamo di un impiegato. In questo caso, il diniego al lavoro agile dovrebbe essere giustificato dall’azienda che dovrà evidenziare le caratteristiche della prestazione che ritiene non possano dar adito ad uno svolgimento delle attività lavorative fuori dai locali aziendali. Da questo punto di vista mi aspetto, purtroppo, un acuirsi del contenzioso, anche se appare oscura l’eventuale sanzione che potrà essere applicata qualora le motivazioni addotte dall’azienda, per bloccare il lavoro agile, vengano considerate non corrette. Forse quella più evidente è contenuta nel comma 1175, dell’articolo 1, della Legge 296 del 2006 (legge finanziaria 2007). La disposizione stabilisce che i benefici normativi e contributivi, previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale, sono subordinati, tra le altre cose, al rispetto degli obblighi di legge. Quindi si potrebbe ravvisare la perdita di eventuali benefici ricevuti dall’azienda, anche se ritengo remota questa possibilità.
Un’altra caratteristica, presente nella norma, affinché il lavoratore possa operare in smart-working, è la possibilità che gli strumenti informatici, con i quali verrà resa la prestazione lavorativa, siano di proprietà del dipendente. E qui possono nascere problemi di natura tecnica. Da una parte ci può essere il lavoratore che potrebbe non voler utilizzare il proprio computer e il proprio smart-phone e dall’altra, il datore di lavoro potrebbe osteggiare l’utilizzo di attrezzature informatiche non in linea con le policy aziendali, ad iniziare dal software antivirus installato dal lavoratore e non adeguato alle esigenze di sicurezza dell’azienda. D’altra parte, l’alternativa è quella di acquistare strumenti informatici per agevolare la disposizione di legge, in un momento non proprio roseo per le casse aziendali.
Anche per queste criticità sarebbe il caso di attivare lo smart-working con un accordo individuale. Infatti, per quanto il legislatore abbia escluso tale possibilità, al fine di semplificare la procedura, ritengo che sia il caso di stipulare comunque un accordo tra le parti, con tutte le specifiche su come si dovrà svolgere la prestazione lavorativa da remoto.
Questi sono alcuni degli elementi da prevedere nell’accordo semplificato di avvio dello smart-working emergenziale:
· evidenziare che nulla cambia per quanto riguarda la gestione del rapporto di lavoro, esempio: mansioni, orario di lavoro, pause, riposi giornalieri e settimanali e, in generale, il trattamento legale, contrattuale, economico e retributivo
· luogo di lavoro: definire i requisiti minimi di idoneità dei locali adibiti ad attività lavorativa agile ed evidenziare quelli che sono i limiti ai possibili luoghi ove avverrà la prestazione (esempio: «no luoghi pubblici o aperti al pubblico»)
· stabilire gli obiettivi legati alla prestazione di lavoro
· definire il soggetto di riferimento del lavoratore durante il periodo “smart” (manager, capo team, ecc.)
· indicare i possibili momenti di interazione
· indicare i possibili momenti di «richiamo» presso la sede, per esigenze aziendali
· confermare i poteri direttivo, organizzativo e disciplinare, in capo al datore di lavoro
· qualora gli strumenti siano di proprietà del datore di lavoro, elencare la strumentazione e l’informativa sull’utilizzo ed eventuali modalità di controllo (art. 4, L. 300/1970)
· indicare le modalità di disconnessione dagli strumenti informatici
· precisare le modalità di richiesta all’azienda degli istituti contrattuali (malattia, ferie, permessi, straordinario, ecc.).
Infine, due sono le comunicazioni richieste dal legislatore. La prima è quella con la quale il datore di lavoro comunica l’avvio della modalità “smart” alla pubblica amministrazione. Si tratta di una procedura telematica presente sul sito cliclavoro.gov.it e che prevede anche l’invio massivo di più lavoratori. I dati richiesti sono i seguenti: i nominativi dei lavoratori e le data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile.
La seconda comunicazione riguarda l’informativa, da consegnare al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), sui particolari rischi per la salute e la sicurezza.
Le considerazioni contenute nel presente contributo sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza
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