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Archivio newsPersonale distaccato: respinto l’annullamento della direttiva che ne rafforza i diritti
L’avvocato generale della Corte di giustizia UE suggerisce di respingere i ricorsi di annullamento promossi dall’Ungheria e dalla Polonia contro la direttiva che rafforza i diritti dei lavoratori distaccati. Tale direttiva è stata adottata impiegando la base giuridica adeguata in quanto persegue il duplice obiettivo di garantire, da un lato, che le imprese possano eseguire prestazioni transnazionali di servizi spostando lavoratori dal proprio Stato di stabilimento e di tutelare, dall’altro lato, i diritti dei lavoratori distaccati e impedire la concorrenza sleale fra le imprese, derivante dai diversi livelli di tutela esistenti fra gli Stati membri.
L’Avvocato della Corte di Giustizia UE è stato interpellato nella causa n. C-620/18, in merito alla richiesta da parte dell’Ungheria, a titolo principale, dell’annullamento della direttiva (UE) 2018/957, recante modifica della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi. In subordine, chiede l’annullamento di varie disposizioni della stessa direttiva.
La direttiva in causa garantisce ai lavoratori distaccati una maggiore protezione per quanto riguarda, fra l’altro, la loro retribuzione e i loro diritti sociali e del lavoro. Ai sensi della direttiva, tali aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori distaccati devono rispettare, in linea di principio, le norme applicabili nello Stato membro ospitante, vale a dire quello in cui i lavoratori sono stati distaccati. Inoltre, quando i lavoratori vengono distaccati per un periodo superiore a 12 mesi (o eccezionalmente a 18 mesi), la direttiva richiede che si applichino loro praticamente le stesse condizioni di lavoro e di occupazione applicabili ai lavoratori dello Stato membro ospitante.
L’Ungheria e la Polonia hanno promosso vari ricorsi dinanzi alla Corte di giustizia, chiedendo l’annullamento totale o parziale della direttiva di modifica. La Germania, la Francia, i Paesi Bassi, la Svezia (solo nella causa C-626/18) e la Commissione sono intervenuti nei procedimenti a sostegno del Parlamento e del Consiglio.
L’Avvocato della Corte di Giustizia Ue nelle sue conclusioni del 28 maggio 2020, rileva che:
- la direttiva in parola sia stata adottata impiegando la base giuridica adeguata in quanto persegue il duplice obiettivo di garantire, da un lato, che le imprese possano eseguire prestazioni transnazionali di servizi spostando lavoratori dal proprio Stato di stabilimento e di tutelare, dall’altro lato, i diritti dei lavoratori distaccati e impedire la concorrenza sleale fra le imprese, derivante dai diversi livelli di tutela esistenti fra gli Stati membri;
- la direttiva si limita a coordinare l’applicazione delle normative lavoristiche concorrenti dello Stato ospitante e dello Stato di origine, e in nessun caso fissa gli importi dei salari da pagare, poiché ciò è competenza degli Stati membri. Parimenti, alcuni elementi della retribuzione dei lavoratori distaccati continueranno a essere diversi da quelli della retribuzione dei lavoratori locali, di modo che non spariranno le disparità tra la retribuzione effettiva percepita da entrambe le categorie di lavoratori. Per la stessa ragione, l’avvocato generale ritiene che nemmeno spariranno del tutto i vantaggi competitivi delle imprese di paesi dell’Unione con un costo del lavoro inferiore che distaccano lavoratori verso Stati membri con un costo del lavoro superiore;
- adottando la direttiva, il legislatore dell’Unione si è attenuto ai requisiti del principio di proporzionalità, e non ha manifestamente oltrepassato il suo ampio potere discrezionale nel contesto della regolamentazione dei distacchi transnazionali di lavoratori. In particolare, egli ritiene che, nel distaccare i propri lavoratori, alcune imprese potevano tendere a pagare loro il salario minimo a prescindere dalla loro categoria, dalle loro mansioni, dalle loro qualifiche professionali e dalla loro anzianità, generando una differenza di retribuzione rispetto ai lavoratori locali in una situazione analoga.
L’avvocato ritiene inoltre, che la regolamentazione dei lavoratori distaccati di lunga durata (12 o 18 mesi) introdotta dalla direttiva sia giustificata e comporti restrizioni proporzionate alla libera prestazione di servizi, in quanto si adatta alla situazione dei lavoratori la cui integrazione nel mercato del lavoro dello Stato ospitante è più intensa.
Infine viene osservato che la direttiva non contiene alcuna regolamentazione sostanziale sui distacchi di lavoratori nel settore del trasporto, e che si applicherà a tale settore soltanto al momento dell’adozione di un futuro atto legislativo con tale finalità.
Alla luce quanto rilevato l’avvocato propone alla Corte di respingere integralmente i ricorsi di annullamento promossi dall’Ungheria e dalla Polonia.
Avvocato della Corte di Giustizia UE, conclusioni 28/05/2020, causa n. C-620/18