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Archivio newsOccupazione: i punti più urgenti nell’agenda per un nuovo contratto sociale
Le prime misure di emergenza adottate, come la cassa integrazione e il divieto di licenziamento, sono in via di esaurimento. Quindi, di cosa hanno bisogno imprese e lavoro? Il Recovery Plan della Commissione Europea, in particolare, il Recovery and Resilience Facility, il Fondo da 600 miliardi che rappresenta la parte principale dei 750 miliardi individuati dall’UE, non arriverà ora, nel pieno della crisi. Comincerà a essere erogato nel 2021. Ma, oltre al Recovery and Resilience Facility saranno disponibili, quest’anno, circa 7 miliardi a fondo perduto. E, soprattutto, il Fondo Sure farà arrivare 15 miliardi di prestito a sostegno dell’occupazione. Non vanno, poi, dimenticati i 37 miliardi del Mes - una linea di credito dedicata all’area della sanità. Basteranno ad avviare il rilancio del nostro Paese e a renderlo competitivo, efficiente così come socialmente equo?
“Un piano che consenta di resistere a lungo, un piano concepito in uno spirito di giustizia sociale, un piano che utilizzi un periodo di sacrifici generali.” Questo passaggio dalla Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta - opera che rappresenta la summa del pensiero di John Maynard Keynes - citato dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco nelle sue Considerazioni finali - Relazione annuale 2019, presentate il 29 maggio scorso, riassume, con pragmatismo, rigore intellettuale e concreta volontà, l’impegno che dobbiamo assumere come Paese.
Non c’è bisogno di soffermarci a rievocare la brutalità della crisi, il suo terribile costo in termini di vite umane. Non ci sono parole sufficienti per questo. Dobbiamo, invece, trovare ispirazione nella saggezza del Capo dello Stato che, nel messaggio per il 2 giugno, ci ha esortato a trovare la “volontà di un nuovo inizio” perché siamo “legati da un comune destino” nella “unità morale che è stata il vero cemento che ci ha tenuti insieme”. Non sono parole di circostanza, perché le lacerazioni cui fa riferimento il Presidente Mattarella sono lì, nella contesa politica, nel tessuto sociale, nel terremoto che ha investito le forze produttive dell’impresa e del lavoro.
La nostra Associazione Lavoro&Welfare si dedica all’analisi delle questioni economiche, sociali e politiche dal “lato lavoro”. Il nostro Centro Studi Mercato del Lavoro e Contrattazione realizza, in questo senso, rapporti periodici sulla Cassa Integrazione Guadagni. E, proprio in questi giorni, abbiamo presentato il “Report Cassa Integrazione Guadagni Speciale Aprile 2020”. Un’edizione straordinaria per analizzare l’uragano che ha investito il lavoro dipendente che è, naturalmente, legato all’insieme di quanto si è abbattuto sull’economia e sulle forze produttive del Paese. Un’osservazione preliminare: il nostro sistema produttivo non era in buone condizioni già prima dell’avvento della pandemia. Nel 2019, infatti, l’utilizzo della Cassa Integrazione era tornato a crescere per la prima volta dal 2012, con un incremento complessivo del 20,20%. Ebbene, spiega la nostra analisi, “Dall’inizio del 2020 fino al mese di aprile si registra un forte aumento della Cig sullo stesso periodo del 2019 (+815,74%) con oltre 834 milioni di ore. Cresce la Cigo (Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria), (+2.035,64%). Cala la Cigs (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria), (-24,57%). Cresce la Cigd (Cassa Integrazione Guadagni in Deroga), (+14.303,89%). Un aggravamento della situazione che è possibile leggere in modo più articolato se visualizzato per aree geografiche: Nord-Ovest (+1.014,98%); Nord-Est (+1.699,36%); Centro (+515,03%); Sud (+432,26%); Isole (+668,37%)”. Mai, nei lunghi anni della mia attività nel campo, avevo incontrato percentuali a quattro cifre più i decimali. Tale è, perciò, lo stato delle cose.
Ecco, dunque, spiegata con questa manciata di numeri, l’inesorabile opportunità della prospettiva introdotta dal Governatore Visco con quella citazione di Keynes. Un’altra faccia della medaglia politica che ruota sotto i nostri occhi in questi giorni possono essere le dure parole del nuovo presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, delle quali si possono condividere o discutere toni e linguaggio. Ed è per questo che è importante sottolineare quanto detto dal Presidente Mattarella e quanto sostenuto, ancora, da Visco: “Serve un nuovo rapporto tra Governo, imprese dell’economia reale e della finanza, istituzioni, società civile; possiamo non chiamarlo, come pure è stato suggerito, bisogno di un nuovo “contratto sociale”, ma anche in questa prospettiva serve procedere a un confronto ordinato e dar vita a un dialogo costruttivo”.
E veniamo ai punti più urgenti nell’agenda di questo - a me non dispiace chiamarlo così - nuovo contratto sociale. In primo luogo, dobbiamo essere ben consapevoli che le prime misure di emergenza adottate sono in via di esaurimento. Ancora, in una nostra elaborazione, abbiamo stimato, per l’anno in corso, un costo di oltre 25 miliardi di euro di Cassa Integrazione. Scadrà, inoltre, a metà agosto, il divieto di licenziamento. Quindi, di cosa hanno bisogno imprese e lavoro? Il Recovery Plan della Commissione Europea, in particolare, il Recovery and Resilience Facility, il Fondo da 600 miliardi che rappresenta la parte principale dei 750 miliardi individuati dall’Unione, non arriverà ora, nel pieno della crisi. Comincerà a essere erogato nel 2021 in una percentuale del 5,9% del pacchetto; nel 2022 salirà al 15,8%. Tra 2023 e 2024, viaggerà quasi la metà dello stanziamento. Valutano gli esperti che l’Italia riceverà, il prossimo anno, trasferimenti diretti per 4 miliardi - quelli noti come “a fondo perduto” - e 8 miliardi di prestiti. Che rispetto a un crollo previsto della nostra economia tra il 10 e il 13% nel 2020, rappresenterà lo 0,7% del reddito nazionale. Per raggiungere, poi, nel 2022, l’1,7 % nel ’23 e nel ’24, l’1% nel 2025.
Ma, oltre al Recovery and Resilience Facility saranno disponibili, quest’anno, circa 7 miliardi a fondo perduto. E, soprattutto, il Fondo Sure (Support to mitigate Unemployment Risks in Emergency) farà arrivare 15 miliardi di prestito a sostegno dell’occupazione. Non vanno, poi, dimenticati i 37 miliardi del Mes - una linea di credito dedicata all’area della sanità. Non si può discutere dei tempi senza comprendere la logica che sta alla base della pianificazione degli esborsi dell’Unione. La quale chiede ai Paesi di presentare piani dettagliati sul modo in cui intendono investire i fondi. E ciò spiega i tempi non immediati dell’avvio dell’erogazione. Come ha ricordato il Commissario europeo per l’Economia - il nostro Paolo Gentiloni - gli ambiti di investimento riguardano il digitale, l’ambiente, la correzione delle strozzature della burocrazia, il sistema della giustizia. Non è più, dunque, questa l’Europa della gelida ossessione per il pareggio di Bilancio. È un’Europa che, anzi, può rivedere il Patto di Stabilità come sostenuto dalla stessa presidente della Bce Christine Lagarde. Certo, anche il debito pubblico - ha chiarito sempre Gentiloni - deve stabilizzarsi e calare prima che si arrivi a dover pagare gli interessi. Ma questa è un’Europa che tende a creare un sistema che permetta all’Unione di competere e di offrire opportunità reali a noi e ai nostri figli. Correggere tante storture è nostro primario interesse perché, per ricostruire quanto è stato devastato, dobbiamo rendere il nostro Paese competitivo, efficiente così come socialmente equo. E questo è il senso - positivamente keynesiano - di quel nuovo contratto sociale che dobbiamo avere, tutti insieme, la lungimiranza di sottoscrivere.