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Archivio newsCassa integrazione fino a 18 settimane con due domande all’INPS
Mentre la decretazione d’urgenza si sussegue a ritmo frenetico, l’INPS ha emanato il messaggio n. 2489/2020 con l’obiettivo di “tamponare” la ritardata uscita delle circolari applicative, più volte preannunciate e per le quali si attende il parere dell’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro. Le aziende che sono in procinto di chiedere un ulteriore periodo di integrazione salariale fino alle 14 settimane possono accedervi con l’invio di una sola domanda. Una volta autorizzato e fruito l’intero periodo, sarà possibile presentare una nuova istanza per le 4 settimane successive, anche se il “godimento” inizia prima del 1° settembre.
La gestione delle istruttorie relative alle nuove istanze relative a tutti gli ammortizzatori sociali correlati al coronavirus per i quali la decretazione di urgenza si sussegue a ritmo frenetico (da ultimo, il D.L. 16 giugno 2020, n. 52, mentre è agli inizi dell’esame parlamentare il decreto Rilancio, D.L. n. 34/2020) è l’oggetto del messaggio n. 2489 emanato dall’INPS nella serata del 17 giugno, il cui obiettivo principale è quello di “tamponare” la ritardata uscita delle circolari applicative più volte preannunciate, per le quali si attende il parere dell’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro.
Con il messaggio l’Istituto, dopo aver ricordato che nelle indicazioni si tiene conto anche dell’ultimo decreto-legge, ricorda (e questo mi sembra il punto focale della comunicazione) che dal 18 giugno sono state rilasciate le funzionalità operative concernenti
· la nuova domanda per la CIG in deroga,
· l’anticipazione dei trattamenti richiesti dal datore di lavoro riferiti al pagamento diretto di una quota pari al 40% ella erogazione economica complessiva
· la nuova versione della procedura “Nuova gestione dell’istruttoria per domande CIGO”.
Fatta questa breve premessa, ritengo opportuno entrare subito nel merito dei chiarimenti forniti dall’Istituto iniziando dalla durata complessiva dei trattamenti integrativi con causale COVID-19 alla luce delle novità introdotte con il D.L. n. 52/2020, il quale (dico queste cose unicamente per completezza di informazione) ha, altresì posticipato al 15 agosto il termine finale per la fruizione della procedura di emersione prevista dall’art. 103, comma 5, del D.L. n. 34 ed al 31 luglio il limite temporale per la presentazione delle istanze per il reddito di emergenza.
La prima questione da prendere in considerazione riguarda le modalità di fruizione della integrazione salariale COVID-19, riferita sia alla CIGO che al FIS: il messaggio, sulla scorta dell’impianto normativo fissato dal Legislatore ricorda che:
a) I datori di lavoro interessati debbono fruire, nel periodo compreso tra il 23 febbraio ed il 31 agosto 200 le 9 settimane originarie alle quali si aggiungono le cinque da fruire sempre entro la data massima di riferimento;
b) I datori di lavoro che hanno, in tale periodo, esaurito completamente il “plafond” originario, possono fruire delle ulteriori 4 settimane anche in un periodo antecedente la data del 1° settembre: per costoro viene meno il “blocco originario”, fissato dal D.L. n. 34, che ne prevedeva il godimento unicamente nel periodo compreso tra tale data ed il 31 ottobre, con la sola eccezione che riguardava il turismo, le fiere ed i congressi, gli spettacoli dal vivo e le sale cinematografiche.
Due considerazioni, si rendono, a mio avviso, necessarie.
La prima concerne “il perché” di questa modifica contenuta nell’art. 1 del D.L. n. 52. Il Governo, togliendo “il blocco” per le imprese che hanno già raggiunto il tetto delle 14 settimane e che perdurano nello stato di crisi, sia ad orario ridotto che con la sospensione a zero ore, ha inteso fornire una copertura in favore di quei lavoratori che non possono essere licenziati per giustificato motivo oggettivo stante il divieto imposto dall’art. 46 del D.L. n. 18 come modificato dal D.L. n. 34, fino al prossimo 17 agosto: divieto che ha una portata onnicomprensiva e che riguarda anche i datori di lavoro che intendono cessare l’attività riconsegnando la licenza di esercizio. Sul tema, il messaggio INPS n. 2261 del 1° giugno scorso, ha aperto uno spiraglio in relazione alla fruizione della NASpI da parte del lavoratore ingiustamente licenziato in tale periodo, riconoscendo il suo diritto al godimento a fronte di un recesso la cui illegittimità deve essere accertata, in caso di ricorso giudiziale, dal magistrato. L’indennità di disoccupazione viene riconosciuta “sub iudice”, nel senso che nel caso in cui, per effetto sia di una sentenza che di un accordo extra-giudiziale, il rapporto venisse ricostituito dal momento della cessazione, l’Istituto si riserva di chiedere la ripetizione delle somme corrisposte. Va, peraltro, precisato che la fruizione delle ulteriori 4 settimane prima del mese di settembre soddisfa gran parte (ma non tutte) le aziende che si trovano in difficoltà anche perché chi dovesse aver iniziato la sospensione alla data del 23 febbraio non troverebbe, con le 18 settimane complessive), la “copertura” fino al 17 agosto.
La seconda concerne il periodo massimo di fruizione pari a 18 settimane: questo limite è ripetuto, più volte, nel messaggio n. 2489, ma credo che siano, comunque, fatte salve le previsioni già contenute nel comma 10-bis dell’art. 19 del D.L. n. 18 emanato per le ex zone rosse delle Regioni coinvolte nella prima fase della pandemia che prevedono fino ad un massimo di ulteriori tre mesi. Sul punto, si attendono i chiarimenti definitivi della circolare INPS ormai di prossima emanazione.
Le aziende che sono in procinto di chiedere un ulteriore periodo di integrazione salariale CIGO o di assegno ordinario attraverso il FIS possono accedere sia ai trattamenti residuali che a quelli complessivi fino ad un massimo di 14 settimane con l’invio di una sola domanda. Da un punto di vista procedurale ciò significa anche che l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto da svolgere, in via telematica, con tempi accelerati, vanno svolti una sola volta. Una volta autorizzato e fruito l’intero periodo, sarà possibile presentare una nuova istanza per le 4 settimane successive, anche se il “godimento” inizia prima del 1° settembre.
Un'altra questione che aveva suscitato, a mio avviso, giustamente, critiche da parte di numerosi operatori era rappresentata dal fatto che gli assegni familiari non erano riconosciuti in favore dei lavoratori che erano in integrazione salariale attraverso l’assegno ordinario del FIS. Tale “vulnus” è stato riparato dal D.L. n. 34 e il messaggio INPS n. 2489 ha affermato che il riconoscimento riguarda l’assegno ordinario del FIS ma anche quello dei Fondi di solidarietà bilaterali ex D.L.vo n. 148/2015 (ad esempio, artigianato, somministrazione, ecc.) e che lo stesso decorre dal 23 febbraio 2020: la cosa appare ovvia, atteso che la modifica legislativa avvenuta con il D.L. n. 34 è inserita nel “corpus” dell’art. 19 del Cura Itala (D.L. n. 18/2020).
L’art. 1 del D.L. n. 52/2020 è, poi, particolarmente importante perché inserisce nella procedura relativa alle domande per la CIGO, il FIS, la CISOA (integrazione salariale per gli operai agricoli) e la Cassa in deroga, un regime decadenziale.
Ma, andiamo con ordine.
In via generale (la disposizione è entrata in vigore il 17 giugno) le domande debbono essere inviate entro la fine del mese successivo a quello nel quale ha avuto inizio la sospensione o la riduzione di orario. In considerazione del fatto che la disposizione necessita di un graduale adeguamento, in sede di prima applicazione, il termine ultimo viene spostato al 17 luglio 2020. (trenta giorni dalla entrata in vigore della norma), se più favorevole.
Altra novità riguarda le domande che si riferiscono al periodo 23 febbraio – 30 aprile: per chi non lo avesse ancora fatto, il termine ultimo al quale è legata la decadenza, viene fissato al 15 luglio.
Un altro problema che ha, molto, angustiato gli operatori è stato quello della individuazione dell’ammortizzatore sociale COVID-19 al quale far riferimento (non dimentichiamo che tutto il Paese, e pressochè quasi tutte le aziende, sono andate verso forme di sostegno del reddito): ebbene l’ultimo comma dell’art. 1 del D.L. n. 52 dispone che tutti i datori che, erroneamente, hanno presentato istanze per trattamenti diversi da quello al quale avrebbero avuto diritto o, in ogni caso, con errori od omissioni che ne hanno impedito l’accettazione, hanno trenta giorni di tempo per presentare le domande dal momento in cui l’amministrazione di riferimento (ad esempio, a Regione) ha fatto la comunicazione, pur nelle more della revoca dell’eventuale provvedimento di concessione emanato dalla amministrazione competente: anche in questo caso il termine massimo è soggetto alla decadenza, se non rispettato. Fin qui il messaggio n. 2489 che rimanda per gli ulteriori approfondimenti alle prossime circolari.
Il messaggio INPS si riferisce anche alla Cassa in deroga la quale, per quel che riguarda la durata complessiva dei trattamenti non si discosta da quanto detto sia per la CIGO che per l’assegno ordinario del FIS. Per effetto di quanto affermato dall’art. 22- quater del D.L. n. 18, come introdotto dall’art. 71 del D.L. n. 34 la competenza delle Regioni nella gestione della Cassa in deroga si limita unicamente alle prime 9 settimane da autorizzare: per quelle successive la competenza passa all’INPS e l’Istituto ha già reso noto, a partire dal 18 giugno, l’applicativo da utilizzare. Se le precedenti richieste non hanno esaurito il “plafond” delle 9 settimane occorrerà, prima di procedere con ulteriori istanze da inoltrare all’INPS, chiedere l’autorizzazione alla Regione di riferimento o al Ministero del Lavoro per le imprese multi-localizzate (in almeno 5 Regioni o Province Autonome) fino ad esaurimento delle stesse. Per le Province Autonome di Trento e Bolzano, nulla cambia anche per i periodi successivi alle nove settimane, attesa la specialità della disposizione che rimanda ai Fondi provinciali istituiti ex art. 40 del D.L.vo n. 148/2015.
Con il punto 4 del messaggio n. 2489 l’INPS tratta la questione del pagamento diretto delle integrazioni salariali da parte dell’INPS che, ricordo, per gli ammortizzatori sociali COVID-19 è del tutto diverso, per quel che riguarda la mera istruttoria, da quello previsto, in via generale, dall’art. 7, comma 4, del D.L.vo n. 148/2015e che resta, pienamente, in vigore nel caso in cui l’azienda dovesse richiederlo a seguito di trattamento di integrazione salariale ordinaria non dipendente dal coronavirus.
L’art. 22-quater del D.L. n. 18 ha stabilito che, in caso di richiesta, l’INPS autorizza le istanze e dispone l’anticipazione del pagamento nella misura del 40% delle ore autorizzate per tutto il periodo, entro quindici giorni dal momento in cui le domande sono state ricevute (fa fede il protocollo telematico).
L’art. 22- quater è stato introdotto dall’art. 71 del D.L. n. 34 ed esso può essere applicato alle sole istanze di CIGO, assegno ordinario del FIS e Cassa in deroga presentate a partire dal 18 giugno. In fase di prima applicazione della disposizione, il messaggio prevede, tuttavia, una certa gradualità, stabilendo che in fase di prima applicazione se il periodo di sospensione o di riduzione è iniziato prima del 18 giugno, la domanda, in via telematica, va presentata, anche attraverso un intermediario abilitato, entro il 3 luglio 2020. In una prima fase transitoria, il pagamento dell’anticipo viene disposto anche in assenza dell’autorizzazione della domanda di integrazione: a regime, l’erogazione dell’anticipo sarà possibile soltanto in presenza di istanze già autorizzate.
Il datore di lavoro, secondo la previsione dell’art. 1, comma 3, del D.L. n. 52 che ha modificato il D.L. n. 18 nel testo già cambiato dal D.L. n. 34 (ora all’esame del Parlamento per la conversione in legge), deve fornire all’Istituto tutti dati necessari, con il modello “SR41”, per il pagamento diretto o per il saldo finale (codice fiscale dei lavoratori interessati, IBAN, ore di integrazione o di assegno ordinario per ogni lavoratore) entro la fine del mese successivo a quello al quale si riferisce il periodo di integrazione salariale, ovvero entro trenta giorni dalla adozione del provvedimento di concessione, se successivo. In sede di prima applicazione il termine viene spostato al 17 luglio se esso è più favorevole rispetto alla scadenza naturale
Un esempio
Nel caso in cui la sospensione a zero ore fosse iniziata con il mese di maggio il termine del 17 luglio si presenta più favorevole rispetto alla data del 30 giugno (ultimo giorno del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio la sospensione), ma se la concessione è avvenuta, ad esempio, il 22 giugno (data del provvedimento di autorizzazione) il termine ultimo è il 22 luglio. |
Alcune considerazioni finali si rendono necessarie.
Nel “bailamme” di disposizioni che si sovrappongono, di norme la cui efficacia dura lo spazio di un mattino, di interpretazioni amministrative contorte, perché contorte son le disposizioni di riferimento, datori di lavoro e professionisti fanno molta fatica a seguire l’evoluzione legislativa che, sovente, appare un pò schizofrenica: lo stesso D.L. n. 52, probabilmente, non sarà, mai, convertito in legge ma sarà lasciato decadere in quanto tutte le disposizioni in esso contenute (mi riferisco anche a quelle sulla emersione dal nero in agricoltura e nei settori domestici ed alla presentazione delle domande per il reddito di emergenza) saranno trasferite, magari anche con ulteriori cambiamenti, nel “corpus” del decreto Rilancio che, con i suoi 266 articoli, è all’esame del Parlamento e si presenta con migliaia di emendamenti già presentati alla Camera ove, al momento, è “incardinato” il provvedimento.
L’auspicio che mi sento di fare in questo momento è che la legislazione di riferimento, pur in un periodo complesso come questo, sia più chiara, in quanto le stesse indicazioni amministrative fornite dall’INPS risentono di tale situazione e, sovente, si è portati a criticare l’Istituto per alcuni indirizzi che, nella maggior parte dei casi, sono frutto delle disposizioni non chiare che escono dal nostro Parlamento.