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Archivio newsCassa integrazione tra autorizzazione e pagamento anticipato: è vera semplificazione?
Per fruire delle 9 settimane aggiuntive di cassa integrazione il datore di lavoro deve verificare di aver ottenuto l’autorizzazione da parte della Regione alle prime 9 settimane di trattamento. Pertanto, le aziende che (per esempio, per ragioni amministrativo-burocratiche) non avessero ottenuto l’autorizzazione del primo periodo non possono richiedere il secondo. Ciò rende particolarmente difficile la situazione di quei datori di lavoro che non hanno ancora potuto riprendere l’attività e che non possono licenziare i dipendenti fino al 17 agosto prossimo. Solo una volta ottenuta l’autorizzazione delle prime 9 settimane, sarà possibile richiedere le ulteriori 5 e, una volta fruite interamente queste, le ultime 4. Come si richiedono le 5 settimane aggiuntive?
Con il decreto Rilancio la Cassa in deroga per la causale COVID-19 guadagna 9 settimane in più di copertura, come anche gli altri ammortizzatori della CIGO e dell’assegno ordinario del FIS. Più precisamente, l’art. 70 del decreto accorda 5 settimane ulteriori nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020 per le aziende che abbiano già ottenuto l’autorizzazione per le prime 9 settimane; a queste si aggiungono altre 4 settimane di trattamento, che il decreto inizialmente consentiva di utilizzare solo in via differita dal 1° settembre al 31 ottobre 2020, fatta eccezione per specifici settori, tra i quali il turismo, che non dovevano spezzare i due periodi.
Con il decreto-legge 16 giugno 2020, n. 52 è stata invece estesa a tutti i datori di lavoro la possibilità di fruire delle 9 settimane aggiuntive (5 più 4) liberamente, senza dover attendere il 1° settembre per ottenere la seconda tranche.
A questa novità il decreto Rilancio ne aggiunge una ancor più rilevante sulla procedura per la presentazione delle domande di Cassa in deroga, che si possono presentare dal 18 giugno, individuando quale interlocutore unico l’INPS al posto delle Regioni e del Ministero del Lavoro.
La terza importante novità è costituita per tutti i tipi di ammortizzatore da una modalità alternativa di pagamento diretto, che prevede una anticipazione da parte dell’Istituto ed il successivo conguaglio.
Dopo oltre un mese dall’entrata in vigore del decreto Rilancio l’INPS è finalmente intervenuto a fornire le prime istruzioni con la circolare 27 giugno 2020 n. 78, concentrandosi sulla nuova modalità di pagamento diretto con anticipo, ma senza risolvere tutti i dubbi operativi.
Il DL n. 52/2020 ha aperto la possibilità per tutti i datori di lavoro di utilizzare le 9 settimane aggiuntive di trattamento di integrazione salariale senza dover attendere il 1° settembre per fruire di una parte di esse, cioè le ultime 4 settimane. Tuttavia, dal combinato disposto del decreto Rilancio e del DL n. 52/2020, si comprende che per accedere alle 9 settimane aggiuntive di cassa integrazione in deroga occorre soddisfare due condizioni:
· per ottenere le prime 5, occorre aver ottenuto l’autorizzazione dalla Regione (o dal Ministero per le aziende plurilocalizzate) delle prime 9 settimane di trattamento;
· per accedere alle ulteriori 4 settimane, occorre aver interamente fruito del periodo precedentemente concesso fino a 14 settimane.
La diversa formulazione delle condizioni nel decreto Rilancio rispetto al DL n. 52/2020 rende necessario innanzitutto al datore di lavoro verificare di aver ottenuto l’autorizzazione da parte della Regione alle prime 9 settimane di trattamento. Pertanto, i datori di lavoro che per ragioni amministrativo-burocratiche non avessero ottenuto l’autorizzazione del primo periodo non potranno richiedere il secondo. Ciò rende particolarmente difficile la situazione di quei datori di lavoro che non hanno ancora potuto riprendere l’attività, quali ad esempio i gestori di mense scolastiche, che non sanno come gestire sul piano retributivo il rapporto di lavoro che per legge non può comunque essere interrotto con recesso almeno fino al 17 agosto prossimo.
Una volta ottenuta l’autorizzazione delle prime 9 settimane, sarà possibile richiedere le ulteriori 5 e, una volta fruite interamente queste, le ultime 4. Ma come si richiedono le 5 settimane aggiuntive?
Il decreto Rilancio all’art. 22-quater fissa una nuova regola per le domande di Cassa in deroga per periodi successivi alle prime 9 settimane: saranno concessi dall’INPS, a domanda del datore di lavoro, e non più dalle Regioni, fermo restando il rispetto dei limiti di spesa degli stanziamenti regionali.
La nuova procedura doveva prendere avvio, secondo le indicazioni del decreto Rilancio, a partire dal 19 giugno 2020, cioè decorsi 30 giorni dall’entrata in vigore del Decreto Rilancio. Nella circolare l’INPS conferma la possibilità di richiedere l’ammortizzatore già a partire dal 18 giugno.
L’INPS chiarisce che anche le imprese plurilocalizzate, cioè presenti in almeno 5 regioni italiane, devono presentare le domande di proroga della Cassa in deroga per i periodi successivi alle prime 9 settimane all’INPS e non più al Ministero del Lavoro. Anche per queste imprese parrebbe esservi, dunque, una netta cesura procedurale tra le prime 9 settimane di cassa e le successive. Ma è proprio così? In realtà, le due procedure presentano molte connessioni e interdipendenze.
Innanzitutto, la norma impone che per poter chiedere la proroga del trattamento il datore di lavoro debba ottenere il decreto ministeriale di concessione delle prime 9 settimane e la successiva autorizzazione da parte dell’INPS che, come è noto, paga direttamente la prestazione al lavoratore. Al riguardo l’Istituto è intervenuto con il messaggio n. 2328 del 4 giugno 2020, con il quale ha previsto per il datore di lavoro la possibilità di concentrare i flussi di pagamento dei modelli SR41 su una o alcune sedi senza dover presentare una distinta domanda per ogni singola unità produttiva. La soluzione semplificatrice potrebbe però rivelarsi una scelta sbagliata per il datore di lavoro, perché, come precisa l’Istituto, l’individuazione dell’unità produttive di riferimento su cui far confluire le domande “accorpate” è irreversibile e come tale dovrà essere utilizzata anche in caso di concessione di proroga del trattamento. Ne deriva che il datore di lavoro che opti per la procedura “semplificata” non potrà più presentare distinte domande di proroga per periodi differenziati di utilizzo dell’ammortizzatore sociale nelle singole unità produttive in base all’effettiva esigenza.
Ad esempio, se si rendesse necessario chiudere solo i punti vendita di una città a causa di un lockdown parziale per un nuovo focolaio di infezione, il datore di lavoro per utilizzare l’ammortizzatore nelle singole unità produttive interessate “consumerebbe” le settimane di cassa dell’intera azienda o quanto meno di tutte le unità “accorpate” sulla base della scelta iniziale di aggregazione dei flussi dei modelli SR41. |
Da ultimo non è trascurabile il fatto che ad oggi l’INPS non abbia ancora chiarito se anche per la cassa in deroga la settimana di ammortizzatore debba ritenersi fruita anche solo in presenza di riduzione di un’ora, o se si debba, in analogia con i criteri utilizzati per la CIGO, computare i giorni di utilizzo in ragione di 5 o di 6 per ogni settimana di integrazione salariale a seconda dell’orario settimanale applicato. La differenza è notevole; infatti, nel primo caso il datore di lavoro che abbia utilizzato la cassa integrazione, ad esempio, per un solo giorno alla settimana durante le prime 9 settimane concesse, avrebbe comunque esaurito l’intero periodo autorizzato. Nel secondo caso, invece, avrebbe utilizzato solo 9 giornate, cioè meno di 2 settimane, potendo ancora beneficiare entro il 31 agosto 2020 delle settimane residue di ammortizzatore.
Il silenzio dell’Istituto sul punto lascia presagire che alla cassa in deroga non si applichi il computo a giornate e che, conseguentemente, non sia possibile per il datore di lavoro “recuperare” le giornate di cassa non fruite.
Il DL n. 52/2020 stabilisce all’art. 1, comma 1, che “resta ferma la durata massima di 18 settimane considerati i trattamenti riconosciuti cumulativamente sia ai sensi degli artt. 19, 20, 21 e 22, sia ai sensi del presente comma (…)”.
Il provvedimento pare trascurare la circostanza che il DL n. 18/2020 all’art. 22, in aggiunta alle settimane di cassa in deroga COVID-19 riconosciute su tutto il territorio nazionale, già metteva a disposizione dei datori di lavoro:
- nei comuni delle c.d. zone rosse 3 mesi in più di copertura, elevando a 22 settimane il limite complessivo del trattamento (9+13) con il comma 8 bis;
- nelle zone gialle, cioè Lombardia, Veneto ed Emilia, 4 settimane supplementari, portando la copertura massima a 13 settimane (9+4) con comma 8-quater.
Nella formulazione del DL n. 52/2020 sopra riportata il Governo parrebbe aver “assorbito” queste settimane aggiuntive riconosciute alle aree più colpite dall’emergenza sanitaria nel trattamento complessivo di 18 settimane valevole per l’intero territorio nazionale. In attesa della correzione dell’errore, che avverrà presumibilmente in sede di conversione del decreto, l’INPS ha cercato di porre rimedio alla svista affermando nella circolare 78/2020 che i trattamenti previsti per le zone rosse e gialle sono aggiuntivi a quelli disposti per tutto il territorio nazionale.
La terza importante novità è costituita per tutti i tipi di ammortizzatore da una modalità alternativa di pagamento diretto da parte dell’INPS, che si aggiunge a quella “tradizionale” gestita a consuntivo sulla base dell’effettiva riduzione d’orario applicata al singolo lavoratore e rendicontata con il modello SR41.
La nuova modalità prevede un’anticipazione del trattamento da parte dell’Istituto, pari al 40% delle ore autorizzate, ed il successivo conguaglio a consuntivo.
La presentazione delle domande di integrazione salariale a pagamento diretto con richiesta di anticipo deve avvenire entro 15 giorni dall’inizio del periodo di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione, se il periodo di sospensione o di riduzione ha avuto inizio prima del 18 giugno 2020, l’istanza va presentata entro il 3 luglio 2020.
L’Istituto precisa che la procedura telematica di domanda è preimpostata con richiesta di anticipazione del 40%: di conseguenza, se il datore di lavoro non vuole optare per il pagamento diretto con anticipo deve espressamente rinunciarvi, mantenendo così il pagamento diretto tradizionale a consuntivo.
L’INPS autorizza le domande di anticipazione e dispone il pagamento dell’anticipo nei confronti dei lavoratori individuati dall’azienda entro 15 giorni dal ricevimento. L’anticipo è erogato senza applicazione delle ritenute IRPEF, che saranno invece effettuate in sede di pagamento a conguaglio del trattamento da parte dell’Istituto.
Se l’importo dell’anticipo erogato dall’INPS al lavoratore è superiore a quanto risulta dovuto a consuntivo, ad esempio per effetto di un ricorso alla cassa inferiore a quanto inizialmente richiesto e autorizzato, sarà il datore di lavoro a dover recuperare in busta paga la differenza al lavoratore provvedendo a riversarla all’INPS.