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Archivio newsMisure anti Covid-19 in Brasile: cosa devono fare le imprese italiane
Il Brasile, con oltre 2000 società italiane operanti nel Paese e 3.700 miliardi di dollari di esportazioni (nel 2016), è uno dei mercati più profondamente penetrati dall’investimento italiano. In un tale contesto, reso più complesso da una crisi economica che torna a galoppare e che durerà ben oltre il picco del contagio da Covid-19, è opportuno per l’imprenditore italiano conoscere la normativa d’emergenza adottata, con particolare riferimento ai limiti d’ingresso nel Paese, all’amministrazione dell’impresa da remoto, alle misure in materia di locazioni commerciali ed abitative, nonché alle attività ritenute essenziali e al destino dei contratti commerciali a seguito del Covid-19.
Il Brasile, vero e proprio gigante latinoamericano con un territorio pari a circa il doppio dell’Unione Europea e 28 volte l’Italia, con oltre 200 milioni di consumatori, è protagonista dello scacchiere commerciale globale.
Peraltro, con più di 33 milioni tra individui di origine italiana e nostri connazionali residenti, oltre 2000 società italiane operanti nel Paese, 3.700 miliardi di dollari di esportazioni (dato del 2016), quello brasiliano è certamente uno dei mercati più profondamente penetrati dall’investimento italiano.
Proprio per tali ragioni, alla luce delle costanti drammatiche notizie in merito al prolungato “assedio pandemico”, è opportuno offrire qualche maggiore orientamento – pratico, ma con rigore scientifico – a coloro che là svolgono attività economica e d’impresa.
In effetti, la lettura dei dati attuali rende immediato comprendere che la crisi, sanitaria e politica, durerà ben oltre il cosiddetto picco (ad ogni modo ancora lontano, secondo l’OMS): al 9 luglio si contano più di 68 mila decessi, il Governo perde pezzi importanti, la gripezinha (febbriciattola) del presidente negazionista – e ora infetto – Bolsonaro si scontra con le terribili immagini delle trincee nei cimiteri per far spazio ai morti e, per chi ha dimestichezza con il costume brasiliano, basti pensare che la più importante rete televisiva, Globo, ha scelto di interrompere la trasmissione della novela in prima serata per diffondere il bollettino sanitario quotidiano.
In un tale contesto, reso ancor più complesso da una crisi economica che torna a galoppare persino nella classe media paulista, è opportuno per l’imprenditore italiano conoscere la normativa d’emergenza adottata, con particolare riferimento a tematiche quali l’ingresso nel Paese, l’amministrazione dell’impresa da remoto, le misure in materia di locazioni commerciali ed abitative, le attività essenziali e il destino dei contratti commerciali a seguito del Covid-19 e dei provvedimenti legislativi per contrastare l’avanzamento del virus.
Con la pubblicazione nel Diário Oficial da Uniäo, l’ordinanza (portaria) n. 340 del 30 giugno 2020 ha revocato (art. 13) le precedenti ordinanze n. 255 del 22 maggio e n. 319 del 20 giugno e ha prorogato di ulteriori 30 giorni le restrizioni “eccezionali e temporanee” all’ingresso di cittadini stranieri nel territorio nazionale (art. 2), pur apportando significative modificazioni alla precedente disciplina transitoria.
Pertanto, a partire dal 30 giugno, il socio, l’imprenditore, così come il lavoratore, stranieri, non possono entrare in Brasile, fatte salve le eccezioni previste dal provvedimento in commento, ossia, per quanto inerente ai temi commerciale e giuslavoristico:
(i) lo straniero con titolo di soggiorno definitivo, permanente o meno (art. 3, n. 2),
(ii) i professionisti stranieri in missione di servizio di organismi internazionali (art. 3, n. 3),
(iii) lo straniero coniuge, compagno, figlio, genitore o tutore di cittadino brasiliano (art. 3, n. 6, lett. a),
(iv) eccezionalmente, lo straniero che si trovi in un Paese confinante e che necessiti di entrare in Brasile per imbarcarsi su un volo verso la propria nazione di residenza e sempre che abbia l’autorizzazione della Polizia federale (art. 5);
(v) lo straniero che intenda svolgere attività artistiche, sportive o d’affari e sempre che l’ingresso avvenga per via aerea, con visto valido, se necessario, e senza l’intenzione di stabilire la residenza nel Paese (art. 6);
(vi) e, infine, è ammesso l’ingresso, solo per via aerea, con visto temporaneo valido anche per stabilire la residenza nel Paese per un tempo determinato, per ragioni di lavoro e di realizzazione di investimenti (art. 7).
Chiunque intenda fare ingresso nel territorio nazionale per i motivi di cui ai precedenti ultimi due punti (artt. 6 e 7) – si badi – esclusivamente per via aerea, dovrà fornire al personale della compagnia di volo, prima dell’imbarco, certificato, dell’autorità sanitaria o del medico locale, di non essere infetto da Covid-19 (art. 8, par. 1).
Inoltre, sempre per le predette ragioni, lo straniero potrà accedere al territorio nazionale esclusivamente dagli scali aerei di São Paulo (Guarulhos), Rio de Janeiro (Galeão), Campinas (Viracopos), Brasilia (Juscelino Kubitschek) (art. 8, comma 1).
Per quanto la summenzionata ordinanza n. 340 del 30 giugno abbia effettivamente innovato, ampliandole, le modalità di ingresso per gli stranieri, anche per ragioni d’affari (negocios), non v’è dubbio che l’attuale contingenza suggerisca o, addirittura ancora imponga, di limitare le trasferte internazionali.
Assume, dunque, ancor più rilevanza la figura del rappresentante in Brasile del socio straniero. Infatti, sia per la filiale di società estera (per la verità, raro e non sempre conveniente veicolo di investimento), sia per tutte le tipologie di società, è obbligatoria la nomina di un rappresentante del socio straniero, anche non brasiliano, ma là residente con titolo di soggiorno permanente e con potere di ricevere citazioni.
Sul punto, la Legge n. 14.010 del 10 giugno 2020, cosiddetta “legge della pandemia” (lei da pandemia), all’art. 5 prevede che, fino al 30 ottobre 2020, l’assemblea generale (assembleia geral) delle società, ma pure delle associazioni visto il richiamo all’art. 59 del Codice civile (Código civil, in seguito c.c.), possa svolgersi con mezzi elettronici, anche ove non previsto dall’atto costitutivo.
Il secondo comma dell’art. 5 dispone che la partecipazione potrà avvenire con qualunque mezzo elettronico indicato dall’organo amministrativo, purché sia assicurata l’identificazione e la sicurezza del voto, e produrrà gli stessi effetti legali della partecipazione e della sottoscrizione in presenza.
Per completezza, appare utile osservare che la Legge in commento conteneva anche un art. 4, espunto con veto presidenziale, poiché, prevedendo una generale e talvolta indefinita restrizione alle riunioni e alle assemblee “in presenza” di associazioni, società e fondazioni (art. 44, nn. 1-2-3, c.c.), avrebbe generato incertezza giuridica lesiva dell’interesse pubblico (si vedano le ragioni del veto nel messaggio n. 331 del 10 giugno della Presidenza della Repubblica – Casa Civil).
Il legislatore brasiliano non è intervenuto con una normativa di emergenza in materia di locazioni commerciali. Ne deriva che il locatore in difficoltà, purché in presenza dei presupposti, potrà invocare gli istituti della forza maggiore o dell’eccessiva onerosità sopravvenuta che verranno esaminati nel prosieguo di questo lavoro.
Per quanto riguarda le locazioni urbane ad uso abitativo, la citata Legge n. 14.010/20 prevedeva, all’art. 9, una sospensione sino al 30 ottobre dell’esecuzione degli sfratti promossi dopo il 20 marzo 2020.
Tuttavia, anche questa disposizione è stata eliminata con veto presidenziale, giacché – come si legge nelle motivazioni – avrebbe svilito uno dei principali strumenti a protezione dei proprietari, soprattutto quelli che dipendono esclusivamente da tale entrata, e, parallelamente, garantito una eccessiva protezione al debitore (ancora, messaggio n. 331 del 10 giugno della Presidenza della Repubblica – Casa Civil). Resta naturalmente possibile ricorrere ai predetti istituti della forza maggiore e dalla eccessiva onerosità sopravvenuta, nonché quelli dell’art. 18 della legge 8.245 del 18 ottobre 1991 in tema di rinegoziazione del canone di locazione.
Allo scopo di ridurre la circolazione delle persone e, conseguentemente, arginare la diffusione del virus, sono state sospese numerose attività industriali e commerciali.
Tuttavia, per impedire che il lockdown danneggi l’approvvigionamento di beni e forniture essenziali nel contrasto alla pandemia, il decreto n. 10.282 del 20 marzo ha individuato 53 attività industriali e commerciali consentite. Per evidenti ragioni di spazio, tale elenco non può essere qua integralmente riportato, ma si segnala che è stato da ultimo modificato e integrato dal decreto n. 10.344 dell’11 maggio 2020.
Il Brasile, come l’Italia, è di tradizione civil law e, dunque, la sua disciplina contrattualistica dovrebbe essere facilmente assimilabile dall’imprenditore italiano che in quel Paese abbia posto in essere una qualche operazione di internazionalizzazione d’impresa o comunque d’investimento. Ciò, a maggior ragione, in virtù del fatto che la grande riforma del Código civil, avvenuta con la Legge n. 10.406 del 10 gennaio 2002, assunse come principale modello di riferimento proprio il sistema italiano.
Pertanto, non sorprende che anche l’ordinamento brasiliano osservi il principio pacta sunt servanda, ossia quella regola generale in forza della quale le obbligazioni contrattualmente pattuite devono essere eseguite dalle parti. Concetto di recente ribadito, e forse rinforzato, dalla Misura Provvisoria (Medida Provisória) n. 881/19, meglio conosciuta come misura di libertà economica.
Ciò premesso, per il caso di un contratto governato dal diritto brasiliano [N.d.r per una analisi di respiro sovranazionale, si veda E. Gandini, “Covid-19, quale evento di forza maggiore nei contratti internazionali”, in E. Gandini, D. Materassi, F. Toschi Vespasiani, “I contratti: risvolti applicativi dell’emergenza sanitaria”, Wolters Kluwer, 2020], a fronte di accadimenti particolarmente gravi e impattanti sull’equilibrio contrattuale stipulato, in special modo per quel che riguarda i cosiddetti contratti di durata, soccorrono istituti di salvaguardia come il caso fortuito e la forza maggiore o l’eccessiva onerosità.
L’art. 393, comma I, c.c., infatti, stabilisce che “[i]l debitore non risponde dei danni derivanti da caso fortuito o forza maggiore, a meno che non abbia espressamente assunto questa responsabilità” (traduzione dell’Autore).
Dunque, per essere considerato quale caso fortuito o di forza maggiore, occorre che l’impedimento agisca direttamente sulla capacità del contraente di effettuare la propria prestazione: dopo aver tempestivamente informato l’altra parte, egli dovrà dimostrare il nesso di causalità tra la pandemia da Covid-19, ovvero tra gli effetti di una o più delle misure normative anti-contagio, e l’impossibilità di adempiere all’obbligazione contrattuale.
I presupposti del caso fortuito o della forza maggiore sono individuati dal secondo comma dell’art. 393 c.c. nel fatto ineludibile, i cui effetti sono impossibili da evitare o impedire.
Diversamente, nel caso in cui “accadimenti straordinari e imprevedibili” (acontecimentos extraordinários e imprevisívis) rendano eccessivamente più onerosa la prestazione di una delle parti di un contratto ad esecuzione continuata o differita, alterandone sostanzialmente l’equilibrio economico, potrà aprirsi una fase di rinegoziazione con un triplice scenario: la parte colpita (prejudicada) potrà (i) domandare all’altra una rinegoziazione dei termini contrattuali (art. 479 c.c.); ovvero (ii) promuovere un giudizio di revisione delle condizioni; o, infine, (iii) agire per la risoluzione del contratto (art. 478 c.c.).