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Archivio newsContratti a termine e apprendistato, proroga automatica: quando e come si applica
Il decreto Rilancio, come modificato dalla legge di conversione, obbliga i datori di lavoro a prorogare il termine dei contratti a tempo determinato, anche in somministrazione, e dei rapporti di apprendistato di primo livello e di alta formazione attivi al 18 luglio 2020 per il periodo di sospensione dell’attività lavorativa in ragione delle misure di emergenza epidemiologica da Covid-19. Il Ministero del lavoro, con una FAQ dello scorso 27 luglio, fa rientrare nella sospensione non solo i periodi di fruizione di un ammortizzatore sociale Covid-19 ma anche periodi di “inattività del lavoratore” portando l’esempio della “fruizione di ferie”. Ma nella durata della proroga obbligatoria vanno considerati anche gli altri istituti emergenziali che sospendono la prestazione lavorativa. Quali sono? E cosa deve fare il datore di lavoro?
Dal 18 luglio 2020 è operativa una norma che obbliga i datori di lavoro a prorogare il termine dei contratti a tempo determinato, anche in somministrazione, e dei rapporti di apprendistato di primo livello e di alta formazione (articolo 93, comma 1-bis, della legge n. 77/2020, di conversione del decreto legge 34/2020 - cd. decreto Rilancio).
La motivazione addotta dal legislatore è il contemperamento, da parte del lavoratore, della perdita della prestazione lavorativa dovuta al periodo di sospensione dell’attività, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.
Se per i rapporti di apprendistato, detta soluzione è opportuna in quanto trae origine dal completamento della formazione, così come prevista dal PFI (Piano Formativo Individuale), è però alquanto opinabile obbligare i datori di lavoro a prorogare i contratti a tempo determinato anche oltre quello che è la naturale scadenza prevista dalle parti in base alle esigenze tecniche, organizzative, produttive o sostitutive poste alla base dell’assunzione del lavoratore a termine.
Proprio partendo da questa considerazione, è il caso di ripercorrere le caratteristiche della norma, le criticità ivi previste ed i costi che dovrà affrontare il datore di lavoro per questo ulteriore periodo non programmato.
Sono due le caratteristiche fondamentali della proroga automatica pervista dal decreto Rilancio, come modificato dalla legge di conversione. Nel dettaglio:
- il rapporto di lavoro deve essere attivo alla data 18 luglio 2020 (data di pubblicazione della legge n. 77/2020)
- dal 23 febbraio 2020 vi deve essere stato, in capo al lavoratore, uno o più periodi di sospensione dell’attività lavorativa, in ragione delle misure di emergenza epidemiologica da Covid-19.
Detta sospensione dovrà essere “recuperata” al termine del contratto di lavoro, andando a prorogare, della medesima misura, il rapporto stesso.
Questo è quanto previsto sinteticamente dal comma 1-bis, che lascia spazio a molti interrogativi per i quali ancora attendiamo risposte da parte del Ministero del Lavoro. Unico intervento interpretativo è una FAQ pubblicata sul sito istituzionale, che evidenzia solo alcuni punti della regola.
Ma prima di entrare nel merito dell’interpretazione fornita dal dicastero, permettetemi una piccola digressione circa l’utilizzo “disinvolto” che si sta facendo, in questo periodo, delle FAQ, quale modalità interpretativa delle norme emergenziali.
La FAQ (“Frequently Asked Questions”), nel sistema delle fonti del diritto non ha alcun valore giuridico e come tale, ritengo, che non possa essere riconosciuto vincolante per i soggetti esterni alla pubblica amministrazione che l’ha emanata, ovvero verso un giudice in caso di contenzioso. Al massimo, più avere una funzione illustrativa di una regola già di per sé chiara, alla quale non si richiede una interpretazione vincolante.
In tal senso è più volte intervenuta la Corte di Cassazione, la quale ha ribadito, anche a Sezioni Unite (sentenza n. 23031/2007), il corretto valore delle circolari quali “atti meramente interni della pubblica amministrazione, i quali, contenendo istruzioni, ordini di servizio, direttive impartite dalle autorità amministrative centrali o gerarchicamente superiori agli enti o organi periferici o subordinati, esauriscono la loro portata ed efficacia giuridica nei rapporti tra i suddetti organismi ed i loro funzionari”…. “Per la sua natura e per il suo contenuto (di mera interpretazione di una norma di legge), non potendo esserle riconosciuta alcuna efficacia normativa esterna, la circolare non può essere annoverata fra gli atti generali di imposizione”.
Se i giudici della Suprema Corte sono così netti nel rimarcare il contenuto di una prassi amministrativa consolidata, quale è la circolare, figuriamoci quale potrebbe essere l’atteggiamento nei confronti delle FAQ.
Detto questo, riprendiamo quanto chiarito dal Ministero del lavoro nella FAQ dello scorso 27 luglio.
Ambito di applicazione della norma
La disposizione “si applica a tutti i rapporti di lavoro subordinato che non siano a tempo indeterminato”. Con questa affermazione il Ministero fa rientrare nel campo di applicazione della norma non solo i contratti ordinari a tempo determinato e i rapporti in somministrazione a termine ma anche i contratti intermittenti a tempo. Da questo punto di vista, la proroga obbligatoria riguarda esclusivamente la durata del contratto di lavoro ma non le prestazioni che potranno essere, o meno, richieste dal datore di lavoro in base alle proprie esigenze.
Nozione di periodo di sospensione dell’attività lavorativa
La FAQ continua evidenziando che la proroga è dovuta “al fine di evitare che la loro durata iniziale risulti di fatto ridotta per effetto di circostanze non imputabili al lavoratore”. L’affermazione è piuttosto discutibile, in quanto la durata del rapporto di lavoro non è stata ridotta ma eventualmente ha subìto una riduzione del compenso per il periodo di sospensione dell’attività lavorativa (ad esempio, per la fruizione di un ammortizzatore sociale).
A questa considerazione aggancio un altro passaggio della FAQ ministeriale, allorquando viene detto che nel periodo di sospensione dovranno essere presi in considerazione non solo i periodi di fruizione di un ammortizzatore sociale Covid-19 ma anche periodi di “inattività del lavoratore in considerazione della sua sospensione dall’attività lavorativa in ragione delle misure di emergenza epidemiologica da Covid-19”, facendo l’esempio della “fruizione di ferie”. Utilizzo delle ferie che, come sappiamo, non comporta né una riduzione del periodo contrattualmente previsto, né una riduzione della relativa retribuzione, come, invece, succede durante il periodo di utilizzo della cassa integrazione. Per cui non si capisce il motivo per il quale debbano essere equiparate le ferie al periodo di “sospensione dell’attività lavorativa”. Eventualmente, potrebbero essere considerate solo le ferie non richieste dal lavoratore ma imposte di imperio dall’azienda prima di richiedere la fruizione di un ammortizzatore sociale.
Analogamente a quanto indicato dal Ministero circa il computo delle ferie nella durata della proroga obbligatoria, ritengo vadano inseriti anche altri istituti che si possono essere venuti a realizzare “in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19” e che hanno portato alla “sospensione dell'attività lavorativa”. In particolare:
- il congedo parentale Covid (articolo 23 e 25, del decreto “cura Italia”);
- i permessi 104 Covid (articolo 24, del decreto “cura Italia”);
- il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva (articolo 26, comma 1, del decreto “cura Italia”);
- il periodo di assenza dal servizio da parte dei lavoratori dipendenti in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità, nonché per i lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita (articolo 26, comma 2, del decreto “cura Italia”).
Contratti stagionali
Ultima specifica, fornita dal Ministero, riguarda i contratti a termine, allorquando include tra i contatti per i quali viene previsto l’obbligo della proroga, anche i contratti stagionali.
La puntualizzazione porta ad evidenziare un paradosso: come può l’azienda prorogare un contratto a termine stagionale al di fuori del periodo di stagionalità prevista dal DPR n. 1525/1963 o dal contratto collettivo applicato dall’azienda? Diventerebbe un ordinario contratto a tempo determinato, quindi un rinnovo e non una proroga. Inoltre, se l’azienda volesse applicare la norma, si troverebbe a pagare una retribuzione, ed una relativa contribuzione, a lavoratori privi di alcuna attività lavorativa, in quanto terminata la stagione per la quale erano stati assunti.
Comunicazioni del datore di lavoro
La FAQ termina evidenziando le modalità comunicative della proroga obbligatoria. In pratica, il datore di lavoro dovrà sommare i vari periodi di sospensione dell’attività lavorativa e procedere alla comunicazione obbligatoria di proroga, al Centro per l’Impiego, per un periodo corrispondente. In merito a ciò ritengo che la proroga sia da escludere dal computo del massimale delle proroghe previste dal legislatore (4 proroghe – articolo 21, comma 1, del decreto legislativo 81/2015), così come non dovrà essere prevista una causale alla proroga, in quanto disposta da un obbligo legislativo.
Periodo massimo di durata del contratto
Diversa, a mio avviso, è l’interpretazione per quanto riguarda l’impatto della proroga sulle altre regole prevista dalla normativa in materia di contratti a tempo determinato. In particolare, il legislatore non ha neutralizzato il periodo di durata della proroga obbligatoria, per cui detto periodo dovrà essere computato nel periodo massimo di durata del contratto a tempo determinato, così come calcolato ai sensi dell’articolo 19, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2015. Questo, a mio avviso, complica non poco l’applicazione della norma. Ciò in quanto il datore di lavoro si può trovare davanti ad un bivio:
· applicare la legge e provvedere a prorogare il contratto a termine oltre il massimale di durata, con il possibile contenzioso del lavoratore che potrà richiedere la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro,
· ovvero non applicare la proroga obbligatoria e vedersi richiedere, dal lavoratore, un risarcimento per il periodo di sospensione dell’attività lavorativa che non è stato recuperato dalla proroga imposta dal comma 1-bis, dell’articolo 93.
Inoltre, per quanto la proroga sorta da un obbligo legislativo e non da una effettiva necessità dell’azienda, quest’ultima è comunque tenuta al pagamento della contribuzione ordinaria e di quella aggiuntiva (maggiorata del 1,4% e addizionale dello 0,5% moltiplicata per il numero di rinnovi effettuati). In parole povere, il datore di lavoro si troverà a dover reperire risorse che non aveva preventivato e che non gli porteranno una maggiore produttività.
Ricordo, infine, che l’ulteriore periodo di lavoro dovrà essere considerato anche per il raggiungimento dei 6 mesi per l’acquisizione del diritto di precedenza e per il computo dei lavoratori ai fini del calcolo della quota di riserva dei disabili.
La FAQ del Ministero del Lavoro Proroga contratti a tempo determinato Come deve essere inteso il riferimento ai contratti a termine per la cui durata è prevista la proroga dall’articolo 93, comma 1-bis del D.L. Rilancio? Cosa si intende per “periodi di sospensione lavorativa”? Quali sono gli obblighi occupazionali?La legge 17 luglio 2020, n. 77, di conversione del D.L. n. 34/2020 (c.d Decreto Rilancio) ha aggiunto il comma 1-bis all’articolo 93, disponendo che il termine dei contratti a termine, anche in somministrazione, e dei rapporti di apprendistato è prorogato per una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa, prestata in forza dei medesimi contratti, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Tale previsione, pertanto, si applica a tutti i rapporti di lavoro subordinato che non siano a tempo indeterminato, proprio al fine di evitare che la loro durata iniziale risulti di fatto ridotta per effetto di circostanze non imputabili al lavoratore. Ad esempio, ricadono nella proroga della durata: – i contratti di lavoro a termine, ivi inclusi quelli stagionali; – i contratti in somministrazione a tempo determinato, intendendosi il rapporto di lavoro che intercorre tra l’Agenzia per il lavoro e il lavoratore; – i contratti di apprendistato, intendendosi quelli per il conseguimento di una qualifica e il diploma professionale e quelli di alta formazione e ricerca, limitatamente alla durata del periodo che precede la qualificazione. Nel “periodo di sospensione” vanno compresi sia i periodi di fruizione di un ammortizzatore sociale Covid-19, sia l’inattività del lavoratore in considerazione della sua sospensione dall’attività lavorativa in ragione delle misure di emergenza epidemiologica da Covid-19 (es. fruizione di ferie). In tutti questi casi il datore di lavoro, entro cinque giorni dalla data di scadenza originaria, deve effettuare la comunicazione obbligatoria di proroga, modificando il termine inizialmente previsto per un periodo equivalente a quello di sospensione dell’attività lavorativa. |
Le considerazioni contenute nel presente contributo sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza