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Archivio newsContratto a termine: proroghe e rinnovi acausali, con quali regole e tempi?
Il decreto Agosto prevede la possibilità, fino al 31 dicembre 2020, di rinnovare e di prorogare per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta i contratti di lavoro a termine, anche in somministrazione, senza l’obbligo di precisare una causale, ferma restando la durata massima complessiva di 24 mesi. La norma, deroga, sotto diversi aspetti, la disciplina ordinaria e la sua applicazione pone delle questioni di non facile soluzione interpretativa. Per esempio, da quando è applicabile la regola “per una sola volta”? Ed inoltre la proroga acausale va conteggiata nel massimale delle 4 proroghe?
Per venire incontro alle esigenze aziendali e per semplificarne l’utilizzo e permettere ai lavoratori di continuare il rapporto di lavoro, il contratto a tempo determinato è stato fatto oggetto, in questi mesi difficili per il mercato del lavoro, di alcune modifiche “a tempo”.
In particolare, il legislatore è intervenuto con due distinte disposizioni che è il caso di riepilogare e accomunare, per meglio comprenderne le modalità di utilizzo in questi ultimi 4 mesi del 2020.
La normativa più datata è quella prevista all’articolo 19-bis del Cura Italia (decreto legge n. 18/2020), così come modificato dalla legge n. 27/2020.
La disposizione prevede la possibilità, da parte del datore di lavoro, di rinnovare e prorogare contratti a termine, anche in somministrazione, durante il periodo di fruizione degli ammortizzatori sociali Covid, periodo nel quale è ordinariamente vietato apporre un termine al contratto di lavoro. Infatti, l’articolo 20 del TU sui contratti di lavoro (decreto legislativo n. 81/2015) dispone il divieto di assumere o prorogare lavoratori a termine nelle “unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato”.
La sospensione del divieto è limitata alla sola fruizione degli ammortizzatori Covid, per cui un eventuale utilizzo di ammortizzatori sociali, ordinariamente previsti dal decreto legislativo n. 148 del 2015, dovuto al completo utilizzo dell'ammortizzatore emergenziale, comporterà la riattivazione del divieto e l'impossibilità, nel periodo di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, di stipulare contratti a tempo determinato o di prorogarne l’utilizzo, sempre che si tratti di lavoratori adibiti alle medesime mansioni a cui si riferisce la sospensione/riduzione.
Medesima sospensione al divieto di apporre un termine ad un contratto di lavoro è presente anche in caso di somministrazione di manodopera, per il tramite delle Agenzie per il Lavoro (articolo 32, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 81/2015).
Infine, la norma, derogando da quanto previsto all’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2015, permette altresì la possibilità, in caso di rinnovo, di non effettuare il cd. stop & go e cioè quel periodo di vacanza contrattuale obbligatorio tra due contratti a tempo determinato, consentendo, così, di rinnovare un precedente contratto concluso, senza soluzione di continuità.
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La seconda disposizione è presente all’interno del decreto Rilancio (decreto legge n. 34 del 2020), in particolare nel primo comma dell’articolo 93, completamente modificato dall’articolo 8 del decreto Agosto (decreto n. 104/2020).
Con questa disposizione, il legislatore limita, sino al 31 dicembre 2020, gli effetti del decreto Dignità (decreto legge n. 87/2018), in particolare viene data la possibilità di rinnovare e prorogare contratti a tempo determinato, anche in somministrazione, senza l’obbligo di precisare una delle motivazioni previste dall'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2015. Parliamo delle:
a. esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività,
b. esigenze di sostituzione di altri lavoratori,
c. esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria.
Nello specifico, la norma prevede l’opportunità, per una sola volta, di stipulare contratti a tempo determinato con lavoratori per i quali vi sia già stato un precedente rapporto a termine.
Ricordo che secondo l’interpretazione data dal Ministero del lavoro, con la circolare n. 17 del 31 ottobre 2018, è considerato rinnovo, e come tale può essere agevolato nell’esenzione della causale, anche un primo contratto a tempo determinato allorquando sia stato preceduto da un contratto di somministrazione o viceversa. Infatti, il Ministero, trattando la somministrazione a termine, ha evidenziato che l’obbligo di specificare la motivazione per la quale si vuole attivare il contratto, sorge non solo quando i periodi siano riferiti al medesimo utilizzatore nello svolgimento di una missione di durata superiore a 12 mesi, ma anche qualora lo stesso utilizzatore aveva instaurato un precedente contratto di lavoro a termine con il medesimo lavoratore per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria.
Medesima opportunità, sempre per una sola volta, è prevista qualora le parti intendano prorogare un contratto di lavoro a termine, oltre i 12 mesi ovvero qualora la proroga sia inserita all’interno di un rinnovo.
Ma da quando vige la regola “per una sola volta”?
La regola, prevista dal 1° comma dell’articolo 93, non è una novità, in quanto la precedente versione già prevedeva la possibilità di rinnovare o prorogare un contratto a termine senza causale. Quindi il precedente rapporto acausale eventualmente realizzato nel periodo di vigenza della vecchia disposizione (dal 19 maggio al 14 agosto) conta? Ovvero l’agevolazione prevista dal decreto 104/2020 parte dal 15 agosto e non si dovrà tener conto dei rapporti agevolati in precedenza?
Purtroppo non è possibile dare una risposta certa in quanto né il legislatore, né tantomeno chi dovrebbe dare indicazioni sull’applicazione delle regole di legge, ha fornito una interpretazione univoca tale da fugare dubbi sulla corretta attuazione della norma.
Ritengo, con un limitato margine di dubbio, che la disposizione debba riguardare i rinnovi e le proroghe effettuate dal 15 agosto e che non possano essere conteggiati eventuali precedenti contratti agevolati prima della vigenza del decreto n. 104/2020.
Altro dubbio riguarda il fatto se la proroga acausale debba essere conteggiata nel massimale di 4 proroghe previste dal legislatore.
Una parte della dottrina ritiene che la norma deroghi tutto l'articolo 21 e non solo la parte riguardante l'obbligo della causale. Detta interpretazione renderebbe la proroga, prevista dall'articolo 8, autonoma rispetto a quelle ordinariamente previste dall'articolo 21 del TU sui contratti di lavoro.
Ritengo che l’interesse del legislatore sia stato quello di semplificare il rapporto a termine escludendo la causale e non creando una nuova proroga ulteriore rispetto alle 4. Infatti, riprendendo il comma in questione ed escludendo le frasi complementari, questo è il senso che, a mio avviso, il legislatore voleva dare: “in deroga all'articolo 21 del decreto legislativo n. 81/2015 … è possibile rinnovare o prorogare … i contratti … a tempo determinato, anche in assenza delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1, del Decreto Legislativo n. 81/2015”.
Ritornando alle caratteristiche della norma, un altro elemento fondamentale riguarda il fatto che il contratto privo di causale, sia esso un rinnovo o una proroga, non potrà essere di durata superiore ai 12 mesi. Inoltre, lo si dovrà sottoscrivere entro il 31 dicembre 2020.
Ma la sottoscrizione del contratto, per essere agevolata, potrà prevedere una decorrenza del rapporto a termine anche oltre il 31 dicembre?
Ritengo di no. Qualora il contratto scada, ad esempio, il 31 gennaio 2021, non si potrà sottoscrivere la proroga entro il 31 dicembre con decorrenza dal 1° febbraio 2021. Cosa diversa, e a mio avviso fattibile, è la possibilità di far decorrere la proroga dalla data di sottoscrizione, ad esempio, 20 dicembre 2020. Logicamente anche i 12 mesi decorreranno da tale data.
Di sicuro buon senso è stata l’abrogazione del comma 1-bis dell’articolo 93, che prevedeva la possibilità di una proroga obbligatoria per quei lavoratori a termine che avevano subìto una sospensione dell’attività lavorativa in conseguenza dell’emergenza epidemiologica.
Ma l’abrogazione della norma ha portato, comunque, degli strascichi, in quanto molti sono i rapporti a termine prorogati obbligatoriamente durante la vigenza del comma 1-bis. Sicuramente queste proroghe dovranno essere rispettate sino a scadenza e non si potrà rescindere, unilateralmente, in virtù dell’abrogazione del precetto.
Restano invariate, infine, le altre regole previste dalla normativa ordinaria. In particolare, con il rinnovo o la proroga dovrà essere verificato il non superamento del massimo di durata, previsto con il lavoratore. Limite che non potrà andare oltre quanto prescritto dal contratto collettivo di riferimento ovvero, laddove non fosse indicato da quest’ultimo, entro i 24 mesi complessivi. Il rapporto dovrà altresì essere conteggiato, tranne nei casi specificati dall’articolo 23 del decreto legislativo n. 81/2015, nella percentuale massima dei rapporti a termine, così come indicato dal contratto collettivo o in mancanza dal legislatore (20% dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione). Infine, oltre alla contribuzione ordinaria, dovrà essere corrisposta la contribuzione maggiorata dell’1,4% e quella addizionale dello 0,50% per ogni rinnovo, tranne nei casi di esclusione verificabili dalla circolare INPS n. 91 del 4 agosto 2020.
Le considerazioni contenute nel presente contributo sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza