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Diffida accertativa: estesa la responsabilità solidale per crediti patrimoniali del lavoratore

Estremamente importanti sono le novità contenute nel decreto Semplificazioni convertito, con modificazioni, in legge. In particolare, dal 15 settembre 2020 (data di entrata in vigore della legge di conversione), la diffida accertativa per crediti patrimoniali del lavoratore trova applicazione non soltanto nei confronti del datore di lavoro, ma anche nei confronti dei soggetti che comunque utilizzano le prestazioni di lavoro e che sono considerati solidalmente responsabili per i crediti accertati. In pratica si tratta del committente nell’ambito di contratti di appalti e sub-appalto di opere e di servizi, dell’utilizzatore nel contratto di somministrazione di lavoro e del distaccatario nell’ambito del distacco transnazionale. Quali sono le altre novità?

Estensione della diffida accertativa per crediti patrimoniali anche agli obbligati in solido che utilizzano le prestazioni di lavoro e ampliamento del potere di disposizione. Così viene modificato il procedimento ispettivo dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 14 settembre 2020, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 16 luglio 2020 n. 76 che reca misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale.

Il comma 3 dell’art. 12-bis introduce alcune sostanziali modifiche alla diffida accertativa per crediti patrimoniali prevista dall’art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004.

Finalità e procedura

Si rammenta come tale istituto prevede che, qualora il personale ispettivo dell’Ispettorato nazionale del lavoro abbia prova che, per inosservanze della disciplina contrattuale, il lavoratore vanti un credito patrimoniale (es. retribuzioni non corrisposte, indennità non riconosciute, TFR non pagato, ecc.), diffidi il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti.

Affinché il personale ispettivo, tuttavia, possa adottare questo provvedimento è necessario che il credito vantato dal lavoratore sia certo nell’an e nel quantum, ovverosia che abbia le seguenti caratteristiche:

Certezza, deve risultare da un documento legalmente idoneo a formare il titolo esecutivo (non assoluta, né massima, ma legale);

Liquidità: espressione del credito in danaro o altra quantità di cose mobili fungibili;

Esigibilità: condizione che si realizza quando il termine per il relativo pagamento sia già scaduto.

Una volta notificato ritualmente il provvedimento di diffida accertativa, il datore di lavoro ha l’obbligo di pagare la somma ivi indicata, direttamente a favore del lavoratore, nel termine di 30 giorni.

Qualora, tuttavia, il datore di lavoro diffidato non ritenga di dover adempiere (in tutto o in parte) al provvedimento, ha facoltà di promuovere, nel termine perentorio di 30 giorni dalla notifica, un tentativo di conciliazione presso l’Ispettorato del lavoro territorialmente competente. In considerazione delle caratteristiche e del

le finalità dell’istituto, la conciliazione va effettuata secondo le modalità procedurali previste dall’art. 11, del D.Lgs. 124/2004 (conciliazione monocratica). L’eventuale accordo raggiunto in detta sede ha come conseguenza la perdita di efficacia della diffida accertativa, con la conseguenza che le rinunzie e le transazioni economiche risultanti a verbale sono inoppugnabili ai sensi dell’art. 2113, co. 4, c.c. ed il verbale di accordo, su istanza della parte interessata, diviene esecutivo con decreto del giudice competente, come previsto, in via generale, per tutte le conciliazioni monocratiche, dal co. 3–bis dell’art. 11 del D.Lgs. n. 124/2004.

Estensione delle garanzie per il lavoratore creditore

La prima novità introdotta, più che una semplificazione, è rappresentata dall’estensione delle garanzie a favore del lavoratore creditore. Difatti, dal 15 settembre 2020 (data di entrata in vigore della legge di conversione del DL n. 76/2020), la diffida trova applicazione non soltanto nei confronti del datore di lavoro, ma anche nei confronti dei soggetti che comunque utilizzano le prestazioni di lavoro e che sono considerati solidalmente responsabili per i crediti accertati. In pratica certamente parliamo: 

• Del committente nell’ambito di contratti di appalti e sub-appalto di opere e di servizi (cfr. art. 1676 c.c.; art. 29, co. 2. D.Lgs. n. 276/2003);

• Dell’utilizzatore nel contratto di somministrazione di lavoro (cfr. art. 35, co. 2, D.Lgs, n. 81/2015);

• Del distaccatario nell’ambito del distacco transnazionale (cfr. art. 4, D.Lgs. n. 136/2016; INL Circ. n. 1/2017).

Ma non solo. Negli ultimi anni è emerso un rilevante orientamento giurisprudenziale e amministrativo che si è mostrato disponibile ad estendere, in via analogica, il principio della responsabilità solidale anche ad altre fattispecie negoziali affini all’appalto, in ragione di una maggior tutela dei lavoratori interessati. Proprio in questo solco si va a collocare la Sentenza della Corte Costituzionale n. 254/2017 che ha fornito una rivoluzionaria interpretazione estensiva dell’art. 29, co. 2 del D.Lgs. n. 276/2003 affermando che non solo nell’appalto devono essere presenti queste forme di garanzia, ma che “(…) il committente è obbligato in solido (anche) con il subfornitore relativamente ai crediti lavorativi, contributivi e assicurativi dei dipendenti di questi”.

Traendo spunto da questa decisione, l’INL ha evidenziato che il vincolo di solidarietà previsto dall’art. 29, co. 2, del D.Lgs. n. 276/2003, oltre che alla catena degli appalti, va necessariamente esteso a tutte le forme di decentramento produttivo (es. subfornitura, rapporti tra consorzio e società consorziate, distacco) nelle quali viene in rilievo l’esigenza di salvaguardia dei lavoratori in presenza di una “dissociazione” tra datore di lavoro e utilizzatore della prestazione lavorativa (cfr. Circ. n. 6/2018).

Conseguentemente la novella legittimerà il personale ispettivo dell’INL ad emettere il provvedimento di che trattasi nei confronti dell’obbligato in solido altresì nelle suddette esternalizzazioni produttive.

Il testo normativo, tuttavia, non chiarisce se l’obbligato in solido, in qualità di destinatario della diffida, possa autonomamente esercitare le facoltà, in generale previste per il datore di lavoro, di promuovere il tentativo di conciliazione o il ricorso amministrativo.

Ricorso amministrativo

Un’altra proficua novità riguarda la possibilità per il datore di lavoro di promuovere, in alternativa alla richiesta di conciliazione monocratica, ricorso avverso il provvedimento (sempre entro il termine di trenta giorni dalla notifica della diffida accertativa) direttamente al direttore dell'Ispettorato territoriale che ha adottato l'atto. Il ricorso, da notificare anche al lavoratore, sospende l'esecutività della diffida ed è deciso nel termine di sessanta giorni dalla presentazione. 

Si evidenzia che in precedenza, invece, era prevista la possibilità di presentare il ricorso amministrativo al Comitato per i rapporti di lavoro istituito presso il corrispondente Ispettorato interregionale del lavoro, solo a fronte della successiva validazione del provvedimento di diffida da parte del direttore dell’ITL che ha adottato l’atto e che lo rende così esecutivo. Il termine per la decisione è di 90 giorni dal ricevimento del ricorso decorsi i quali matura il silenzio rigetto.

Abolizione del decreto confermativo della diffida

La suddetta variazione sulla competenza decisoria del ricorso è la naturale conseguenza della terza novità prevista per questo istituto: l’abolizione del decreto direttoriale confermativo della diffida adottata dall’ispettore. Questa novità rappresenta, difatti, un apprezzabile snellimento della procedura in quanto prevede che la diffida diventi automaticamente esecutiva in caso di reiezione del ricorso, o dopo che sia decorso il già menzionato termine per la presentazione del ricorso medesimo o dell’istanza di conciliazione, ovvero in caso di mancato raggiungimento dell’accordo in detta sede.

L’alternatività del ricorso al tentativo di conciliazione, la riduzione dei tempi per la decisione del gravame (da 90 a 60 giorni) e l’abolizione del decreto direttoriale confermativo lasciano presagire un apprezzabile abbattimento dei tempi necessari per arrivare alla conclusione del procedimento a favore del lavoratore creditore.

Il potere di disposizione è stato originariamente previsto per la sicurezza del lavoro dall’art. 10 del DPR n. 520/1955 e successivamente riscritto dal decreto di riforma dei servizi ispettivi del 2004 che, più in generale, lo ha esteso alla materia di lavoro e di legislazione sociale.

Esso consiste nella facoltà, attribuita agli ispettori del lavoro, di impartire, a carico del datore di lavoro ispezionato, un adempimento immediatamente esecutivo reso obbligatorio in forma generica dalla legge ma i cui contenuti vengono declinati, di volta in volta, in modo specifico nel provvedimento. La circolare n. 24/2004 del Ministero del lavoro evidenziava che “a differenza della diffida, la disposizione impone al datore di lavoro un obbligo nuovo, che viene a specificare quello genericamente previsto dalla legge, specie laddove essa non regolamenta fin nei dettagli la singola fattispecie considerata”.

Un classico esempio di possibile utilizzo di questo potere è rappresentato dalla norma imperfetta contenuta nell’art. 8, del D.Lgs. n. 66/2003 secondo cui, qualora l'orariodi lavoro giornalieroecceda il limite di 6 ore, il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro o, in mancanza, di almeno dieci minuti. A fronte di questo precetto, tuttavia, non è prevista, a carico del datore di lavoro inadempiente, una specifica sanzione in caso di inosservanza. In questo caso il personale ispettivo che accerti la violazione, potrebbe ben applicare il provvedimento di disposizione intimando così al datore di lavoro di rispettare la previsione contrattuale o normativa.

Il comma 3, lett. b) dell’art. 12-bis, pur confermandone la struttura ed i presupposti, riscrive completamente l’art. 14, del D.Lgs. n. 124/2004 ampliandone ulteriormente l’ambito di utilizzo a tutti i casi in cui le irregolarità in materia di lavoro e legislazione sociale non comportino già l’applicazione di una sanzione amministrativa o penale. In pratica, col “nuovo” provvedimento di disposizione, da un lato si conseguirà una semplificazione nelle attività di controllo di competenza degli organi di vigilanza e, dall’altro, una semplificazione nell’adeguamento alle disposizioni in materia di lavoro e legislazione sociale da parte del datore di lavoro assicurando, nel contempo, una concreta tutela ai lavoratori.

Di fatto, dal 15 settembre 2020 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto Semplificazioni), questo provvedimento potrà essere adottato, per esempio, anche nei confronti dei datori di lavoro che non applicano i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi “leader” o, comunque, trattamenti equivalenti (cfr. INL, Circ. n. 2/2020).

Con l’occasione il Legislatore ha approfittato per chiarire in maniera esplicita che la mancata ottemperanza della disposizione comporta adesso l'applicazione della sanzione amministrativa da 500 euro a 3.000 euro e che, in tal caso, non trova applicazione la diffida di cui all'art. 13, co. 2 del D.Lgs. n. 124/2004 (in passato, in via interpretativa, il Ministero del lavoro con la Circ. n. 24/2004 aveva affermato che l’inottemperanza alla disposizione comportava l’applicazione delle sanzioni amministrative e penali previste dall’art. 11, del DPR n. 520/1955).

Le considerazioni contenute nel presente contributo sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/09/16/diffida-accertativa-estesa-responsabilita-solidale-crediti-patrimoniali-lavoratore

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