News
Archivio newsDiritto di soggiornare: il termine ragionevole per cercare un posto di lavoro
Gli Stati membri sono tenuti ad accordare ai cittadini dell’Unione alla ricerca di un posto di lavoro un termine ragionevole durante il quale questi ultimi devono dimostrare di essere alla ricerca di un lavoro. È solo dopo la scadenza di siffatto termine che tali cittadini devono dimostrare, non solo di essere alla ricerca di un posto di lavoro, ma anche di avere buone possibilità di trovarlo. A tal riguardo, un termine di tre mesi a partire dalla fine del periodo iniziale di tre mesi di soggiorno legale nel territorio dello Stato membro ospitante non risulta irragionevole. Sono queste le conclusioni dell’Avvocato della Corte di Giustizia UE nella causa n. C-710/19.
Nel procedimento n. C-710/19, la Corte di Giustizia UE deve pronunciarsi sul rifiuto a concedere un diritto di soggiorno superiore a tre mesi in qualità di persona in cerca di occupazione ad un cittadino greco, decisione accompagnata da un ordine di lasciare il territorio dell’autorità belga competente.
Le questioni sollevate dal giudice del rinvio in tale causa vertono, in sostanza, da un lato, sulla portata dei diritti e degli obblighi delle persone in cerca di occupazione, e, dall’altro, sulla questione se gli Stati membri siano tenuti a concedere a tali persone, ai fini della ricerca di un impiego, un termine ragionevole, il quale non può essere inferiore a sei mesi. Tali questioni offrono alla Corte l’occasione di precisare la portata delle garanzie procedurali previste dalla direttiva 2004/38 per le persone in cerca di occupazione che sono state oggetto di una decisione di allontanamento.
L’Avvocato della Corte di Giustizia Ue, nelle sue conclusioni del 17 settembre 2020, rileva che l’articolo 45 TFUE dispone che la libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione è assicurata e, fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, essa implica, segnatamente, il diritto di rispondere a offerte di lavoro effettive e di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri. Da tale articolo discende pertanto che un cittadino di uno Stato membro alla ricerca di un impiego ha il diritto di spostarsi liberamente nel territorio di altri Stati membri.
Il diritto di soggiorno delle persone in cerca di occupazione è stato menzionato per la prima volta dalla Corte nella sentenza Royer. In tale sentenza è stato dichiarato che tale diritto è un diritto attribuito direttamente dall’articolo 48 del Trattato CEE (divenuto articolo 45 TFUE) o, a seconda dei casi, dalle disposizioni adottate per l’attuazione di tale articolo. In particolare la Corte ritiene che le disposizioni che sanciscono la libertà di circolazione devono essere interpretate estensivamente, e che un’interpretazione restrittiva comprometterebbe le effettive possibilità di uno cittadino di uno Stato membro che sia in cerca di occupazione di trovare un lavoro negli altri Stati membri e priverebbe quindi detta disposizione del suo effetto utile.
La Corte ha inoltre precisato, che pur avendo stabilito una durata a tale diritto di soggiorno (precisamente sei mesi) qualora, trascorso tale termine, il cittadino provi che continua a cercare lavoro e ha effettive possibilità di essere assunto, non può essere obbligato a lasciare il territorio dello Stato membro ospitante.
Inoltre, la Corte ha precisato che consentendo ai cittadini che cercano lavoro di conoscere senza ambiguità i loro diritti e i loro obblighi, un termine ragionevole a decorrere dalla fine del periodo di tre mesi di soggiorno legale è idoneo a garantire un certo livello di certezza del diritto e di trasparenza nell’ambito del diritto di soggiorno previsto all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2004/38 e garantito direttamente dall’articolo 45 TFUE.
Alla luce di tali considerazioni, l’Avvocato della Corte consiglia di rispondere che gli Stati membri sono tenuti ad accordare ai cittadini dell’Unione alla ricerca di un posto di lavoro un termine ragionevole durante il quale questi ultimi devono dimostrare di essere alla ricerca di un lavoro. È solo dopo la scadenza di siffatto termine che tali cittadini devono dimostrare, in conformità all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2004/38, non solo di essere alla ricerca di un posto di lavoro, ma anche di avere buone possibilità di trovarlo. A tal riguardo, un termine di tre mesi a partire dalla fine del periodo iniziale di tre mesi di soggiorno legale nel territorio dello Stato membro ospitante non risulta irragionevole.
Avvocato della Corte di Giustizia UE, conclusioni 17/09/2020, causa n. C-710/19