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Archivio newsWelfare per i liberi professionisti: cosa hanno fatto (e faranno) le Casse di previdenza
Garantire ai professionisti iscritti effettive forme di tutela e sostegno per l’attività professionale e l’assistenza puntuale nelle situazioni di disagio e di bisogno, personali e familiari. E’ l’obiettivo delle Casse di previdenza, come sottolineato dall’ADEPP, l’Associazione degli enti previdenziali privati nel primo rapporto sul welfare. Le Casse, oltre a garantire il pagamento delle pensioni e a erogare azioni di assistenza, hanno dovuto far fronte alla crisi che da anni colpisce i liberi professionisti e che la pandemia Covid-19 ha aggravato. Come si muoveranno nel prossimo futuro a vantaggio dei propri iscritti?
La pandemia da Covid-19 ha fatto irruzione nel presente aggiungendosi, sul piano locale e globale, come acceleratore alle sfide già note con tre “D”: Disruption tecnologica, Debiti pubblici in crescita, Demografia intesa come tendenza all’invecchiamento. Il Covid-19 interviene con la sua ultima lettera, una quarta D. Ha comportato un’accelerazione dirompente, che ha agito in termini negativi su una crisi economica e sociale già in atto, ma anche positivi, confermando le potenzialità delle nuove frontiere della digitalizzazione. Nel I Rapporto sul welfare dell’ADEPP viene sottolineato come le Casse di previdenza, oltre a garantire il pagamento delle pensioni (ricordando che devono ancora dimostrare la sostenibilità a 50 anni) e a erogare azioni di assistenza, hanno dovuto far fronte alla crisi che da anni colpisce i liberi professionisti e che la pandemia Covid 19 ha aggravato.
Welfare integrato
Negli approfondimenti degli ultimi anni sono emerse, infatti, particolari criticità evidenziate soprattutto nel significativo gap generazionale e di genere, nel divario occupazionale tra il nord e il sud del Paese e nelle rilevanti disuguaglianze di redditi a parità di competenze. Tutti questi fattori hanno spinto le Casse di previdenza professionale ad assumere un nuovo ruolo, affiancando alla previdenza una più incisiva attività di assistenza mediante l’erogazione sempre più massiccia di misure straordinarie a sostegno dei redditi, dando vita a un’autentica ed effettiva esperienza di welfare integrato, che pur rimanendo ritagliato in maniera sartoriale sulle platee delle singole Casse che differiscono per demografia e genere, si muove su direzioni comuni. La spesa complessiva per le prestazioni di welfare, sia attivo che assistenziale e strategico, erogate dalle Casse ammonta a 509 milioni di euro.
Al fine di garantire ai propri iscritti effettive forme di tutela e sostegno, gli enti previdenziali, nei limiti della disponibilità di bilancio, dopo aver provveduto all'assistenza obbligatoria, attingono le risorse da destinare alle misure di welfare dalla contribuzione integrativa o dal contributo soggettivo supplementare o, ancora, dalle sanzioni e gli interessi per l’inosservanza degli obblighi contributivi e di comunicazione, nonché dagli ulteriori e aggiuntivi risparmi di gestione.
Il primo rapporto dell’ADEPP sul welfare ha illustrato la differenza netta e le specificità delle diverse forme di welfare, ovvero l’innovativo welfare “attivo” e il più consolidato welfare “assistenziale e strategico”.
Welfare attivo
Il welfare attivo integra le diverse forme e misure volte al “potenziamento” della professione, analizzando l’implementazione delle policy adottate dalle Casse al fine di favorire la visibilità, promuovere le attività formative, creare sinergie e partenariati anche mediante l’utilizzo dei Fondi strutturali e di investimento europei a valere sulle risorse stanziate e fruibili del Fondo Sociale Europeo (FSE) e del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR).
Welfare “assistenziale e strategico”
Il welfare “assistenziale e strategico” si declina in quattro diversi ambiti: tutela della salute, famiglia, professionista, accesso al credito.
Welfare della crisi
Vi è poi il cosiddetto welfare “della crisi” dedicato all’analisi dell’attuale situazione di stallo e di grave difficoltà derivante dal dilagare dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 e i conseguenti provvedimenti di contenimento decisi dal Governo, che hanno determinato un impatto profondo sull’economia. Le Casse hanno stanziato nuove risorse per rispondere all’emergenza, attivando misure straordinarie per le esigenze immediate di tutti gli iscritti, che, pur avendo mostrato una profonda resilienza e una grande capacità di affrontare il cambiamento, versano perlopiù in una condizione di disagio acuita dal lungo lockdown economico, la perdita del tessuto produttivo, e l’accentuazione di crisi già in atto ancor prima dell’emergenza, in particolare quelle demografiche, formative e digitali.
Sin dai primi di marzo, le Casse hanno attivato e implementato misure di welfare “ad hoc”. Hanno anticipato l’indennità statale pari a 600 euro mensili, per il mese di marzo e aprile, e 1.000 euro per il mese di maggio. Hanno anche concesso ulteriori bonus cumulabili con l’indennizzo pubblico, finanziamenti a tasso zero, contributi per i canoni di locazione dello studio professionale e per l’acquisto di beni strumentali, agevolazioni per il credito anche mediante la stipula di nuove convenzioni con banche e assicurazioni. Hanno inoltre erogato indennità a seguito di ricovero e per quarantena (obbligatoria e/o fiduciaria), rimborsi post-ricovero, contributi per la diagnostica (tamponi, test sierologici), consulenza telefonica o di video-consulto medico specialistico, nonché polizze sanitarie gratuite per indennizzi in caso di infezione da Covid-19.
Risulta più che mai indispensabile, però, intercettare in questa crisi alcuni cambiamenti permanenti per il futuro mercato del lavoro. Innanzitutto, come le politiche dello smart working e la distanza sociale di cautela stanno trasformando velocemente alcuni ambienti di lavoro dove saranno necessarie digital skills basate sull'apprendimento automatico.
La crisi potrebbe portare, inoltre, a un'accelerazione della “gig economy”, in cui i lavoratori - per lo più millennials e giovani professionisti - svolgono lavori flessibili, temporanei o freelance che spesso implicano il collegamento con i clienti attraverso piattaforme online. La “gig economy” si caratterizza, infatti, per la capacità di adattarsi alla situazione e richiede un lavoro e uno stile di vita flessibili, che funzionano bene con la libertà che il lavoro digitale offre.
Per il futuro, le Casse di previdenza sono chiamate a interpretare e guidare la fase di trasformazione, puntando prima di tutto a un cambiamento radicale di visione. L'obiettivo ormai fondamentale è quello di continuare la trasformazione da un modello esclusivamente assistenzialista, che non deve essere dismesso ma ampliato ad un welfare proattivo, nel senso di pro-lavorativo. Occorre cioè non solo garantire l’assistenza puntuale nelle situazioni di disagio e di bisogno, personali e familiari, ma assicurare anche un’assistenza focalizzata sulla capacità lavorativa del professionista, che va dal sostegno economico per rimettersi in carreggiata dopo un momento critico, fino all’assistenza strategica mirata alla pianificazione della carriera: studio, formazione, acquisizione di competenze specialistiche e momenti di passaggio lavorativo (come cambio di attività e disoccupazione).
È un impegno che le Casse dovranno portare avanti di pari passo con l’affermazione di un’autonomia di filiera, per quanto riguarda la contribuzione, la gestione delle risorse, fino alle prestazioni e alla programmazione delle proprie attività.
In primo luogo, una fiscalità uniforme a livello europeo, oltre che una fiscalità di scopo che possa dare gambe alla ripresa dei vari mercati professionali.
Si chiede poi una razionalizzazione dei controlli, perché vigilare non significa limitare la capacità di agire, bensì controllare che il percorso stia seguendo la traiettoria della finalità pubblica. Si reputano poi le riserve cinquantennali come anacronistiche, restringendo il campo d’azione invece che allargarlo.
L’ADEPP osserva ancora come si faccia fatica ad accettare che si chieda agli enti di previdenza privati di fare un salto innaturale e cioè di sostenere l’economia reale senza passare per il sostegno alla professione dei propri iscritti.