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Archivio newsCovid-19: l’effetto della crisi sull’occupazione femminile
Il 55,9% dei posti di lavoro persi per gli effetti della crisi sanitaria da Covid-19 in corso è al femminile. Tra il 2° trimestre 2019 e lo stesso periodo del 2020 perse 470 mila lavoratrici, a fronte di 841 mila posti totali in meno, con un incremento di 707 mila inattive (+8,5%). È il quadro che emerge dall’ultimo focus della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, che guarda alle donne come risorsa per l’intera tenuta del Paese.
Il bilancio degli effetti prodotti dal Covid-19 sul mercato del lavoro vede, tra il secondo trimestre 2019 e lo stesso periodo del 2020, 470 mila occupate in meno, per un calo nell’anno del 4,7%. Su 100 posti di lavoro persi, 841 mila in totale, quelli femminili rappresentano il 55,9%. È quanto emerge dal focus ‘Ripartire dalla risorsa donna’ della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, che sottolinea come il 74% delle donne durante il lockdown primaverile ha continuato a lavorare rispetto al 66% degli uomini, dovendo garantire servizi essenziali in settori a forte vocazione femminile: scuola, sanità, pubblica amministrazione. Inoltre, con la chiusura delle scuole, quasi 3 milioni di lavoratrici con un figlio a carico con meno di 15 anni, il 30% delle occupate, hanno dovuto al tempo stesso assistere i figli impegnati nella didattica a distanza. Il rischio è dunque quello che per questo tipo di impegni sempre più donne abbandonino del tutto il lavoro, già tra giugno 2019 e lo stesso mese del 2020 c’è stato un incremento dell’ 8,5%, 707 mila inattive, soprattutto nelle fasce giovanili. ‘Le donne - ha dichiarato il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca - solo nelle professioni intellettuali rappresentano il 54% degli occupati, per questo dobbiamo mirare a servizi che favoriscono la conciliazione vita-lavoro, arginando il rischio che molte di loro possono chiamarsi fuori dal circuito lavorativo. Il blocco delle attività e la conseguente impossibilità di ricercare un lavoro hanno contribuito a scoraggiare l’offerta di lavoro. Ma le maggiori difficoltà di conciliazione, indotte da un provvedimento straordinario come la chiusura delle scuole, hanno giocato un ruolo altrettanto importante nello spostare verso l’inattività una quota così significativa di donne. La riduzione maggiore dei livelli di partecipazione si registra nelle fasce giovanili, dove la quota di donne che ha compiti di accudimento verso i figli è più elevata.
L’industria, dove il lavoro maschile è prevalente, ha per ora retto di più, mentre sono stati soprattutto i servizi, tradizionale bacino di impiego femminile, a pagare il costo più caro: dal sistema ricettivo e ristorativo, dove le donne rappresentano il 50,6% dell’occupazione, ai servizi di assistenza domestica, dove il lavoro femminile arriva all’88,1%. Entrambi hanno contribuito in maniera decisiva al negativo saldo occupazionale.
In allegato al Comunicato anche l’indagine e l’infografica.
Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Comunicato Stampa 31/10/2020