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Archivio newsTrasferimento del lavoratore: termini per l’impugnazione salvi con il ricorso cautelare
Il ricorso cautelare del lavoratore contro il trasferimento o altri atti del datore di lavoro, compreso il licenziamento, al pari del ricorso ordinario e della richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato, può impedire la decadenza dall’impugnativa del provvedimento datoriale, purchè proposto nel termine di 180 giorni. È quanto ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 212/2020 sul caso di un lavoratore che aveva proposto, nei termini, ricorso d’urgenza contro il trasferimento disposto dal datore di lavoro nella sede di un’altra regione, ma non aveva, poi, anche promosso il giudizio di merito nello stesso termine di 180 giorni previsto dal legislatore per impedire la decadenza dall’impugnazione.
La Corte costituzionale torna ad occuparsi delle questioni legate al mondo del lavoro e questa volta lo fa attraverso una disposizione che riguarda il processo, intervenendo sul comma 2 dell’art. 6 della legge n. 604/1966 che già era stato ritoccato con la legge n. 183/2010. Tutto ciò è avvenuto con la sentenza n. 212 depositata il 14 ottobre 2020.
Prima di commentare la decisione credo che sia, quantomai opportuno, riportare il dispositivo della sentenza: “Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, secondo comma, della legge n. 604/1966, come sostituito dall’art. 32, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n. 183, nella parte in cui non prevede che l’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, oltre che dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione ed arbitrato, anche dal deposito del ricorso cautelare anteriore alla causa ai sensi degli articoli 669-bis, 669-ter e 700 cpc”.
La questione di legittimità era stata sollevata dal Tribunale di Catania a fronte di una vicenda che aveva visto contrapposto un lavoratore disabile ad una grossa catena della grande distribuzione commerciale per un provvedimento di trasferimento dalla sede di lavoro in un’altra sede ubicata in Regione diversa: il dipendente aveva impugnato il trasferimento con ricorso di urgenza ex art. 700 cpc ma non aveva promosso il giudizio di merito nei centottanta giorni successivi. L’art. 6, comma 2, della legge n. 604/1966, secondo il Tribunale, determinava una sproporzione di trattamento irragionevole in quanto impediva al dipendente, per un aspetto prettamente formale, di avere una decisione rispetto a quanto richiesto con urgenza: il tutto, in una situazione nella quale attraverso il ricorso cautelare era stato contestato, in maniera del tutto idonea, il trasferimento.
La disamina della Corte parte dalla individuazione delle due vie già previste dal comma 2 dell’art. 6 della legge n. 604/1966 finalizzate al mantenimento della efficacia della impugnazione extra giudiziale: il deposito del ricorso presso la cancelleria del Tribunale e la comunicazione all’altra parte della richiesta di tentativo di conciliazione ed arbitrato.
L’esame della Consulta per quel che concerne il deposito del ricorso presso la cancelleria ha il pregio di aver fatto:
a) Un “excursus” storico sulla normativa originaria che prevedeva, una volta impugnato il licenziamento nei 60 giorni successivi alla ricezione della comunicazione di recesso, la possibilità di depositare il ricorso entro i termini della prescrizione quinquennale;
b) L’inefficacia del ricorso se prodotto dopo i 180 giorni previsto dal comma 38 dell’art. 1 della legge n. 92/2012 (prima erano divenuti duecentosettanta);
c) L’applicabilità (art. 32, comma 4, della legge n. 183/2010) del regime del ricorso al giudice ai contratti a termine, con decorrenza dalla data di scadenza, alla cessione dei contratti di lavoro ex art. 2112 c.c, con decorrenza dalla data del trasferimento, alle ipotesi in cui si richieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto.
Per quanto riguarda, invece, la richiesta di costituzione del collegio di conciliazione ed arbitrato ci si riferisce agli articoli 412, 412-ter e 412-quater. I casi appena richiamati fanno riferimento alla possibilità di una risoluzione arbitrale della controversia come conseguenza della mancata conciliazione avanti alla commissione provinciale istituita presso ogni Ispettorato territoriale del Lavoro (art. 412 cpc), alla risoluzione arbitrale prevista dalla contrattazione collettiva (art. 412-ter) ed a quella ex art. 412-quater ove il Legislatore ha previsto una procedura caratterizzata da una estrema puntigliosità che nei dieci anni di vigenza della norma è rimasta pressochè inutilizzata come anche quella ex art. 412 cpc.
La Corte, dopo aver puntualmente esaminato i vari ricorsi alla procedure arbitrali, che lei stessa definisce un “complesso meccanismo”, ritiene che la mancata previsione dell’inserimento del ricorso cautelare quale atto idoneo, se proposto nel termine di decadenza, ad impedire l’inefficacia della impugnazione extra giudiziale, si ponga in contrasto con il principio di eguaglianza previsto dall’art 3 della Costituzione, se comparato alla idoneità riconosciuta alle altre due ipotesi.
Infatti, la tutela cautelare è uno strumento per rendere effettiva la tutela giurisdizionale. Nel processo del lavoro la tutela cautelare è molto importante perché il ritardo nella risposta dell’ordinamento giudiziario potrebbe creare un pregiudizio particolarmente grave, avuto riguardo che tutte le controversie che sono regolamentate dall’art. 409 cpc sono particolarmente importanti ed investono, talora, la stessa dignità dei lavoratori. La sanzione della perdita di efficacia della impugnativa di un trasferimento, nonostante il tempestivo ricorso cautelare ex art. 700 cpc, si pone in contrasto anche con il principio di ragionevolezza che la Consulta ha sempre tutelato pur in presenza della ovvia discrezionalità di cui gode il Legislatore.
La tutela cautelare, conclude la Corte, essendo riconducibile sia all’esercizio della giurisdizione (art 24, comma 1, Cost.) che alla garanzia del giusto processo (art. 111, comma 1, Cost.) non può avere un trattamento peggiore rispetto agli altri sistemi di composizione delle liti di lavoro.
Ora, sulla base di tale decisione il Tribunale di Catania potrà pronunciarsi sulla questione che ha dato origine al ricorso alla Consulta: il trasferimento, impugnato con il ricorso cautelare, è fondato o meno?
Senza la decisione che ho, brevemente, commentato ciò non sarebbe stato possibile, attesa la decadenza prevista dall’art. 6, comma 2, della legge n. 604/1966.