• Home
  • News
  • Cassa integrazione: 6 settimane in più a costo zero, per quali datori di lavoro?

Cassa integrazione: 6 settimane in più a costo zero, per quali datori di lavoro?

Il decreto Ristori ha prorogato di 6 settimane la CIGO, l’assegno ordinario e la Cassa in deroga COVID-19, da fruire nel periodo tra il 16 novembre 2020 e 31 gennaio 2021. La lettura delle nuove norme solleva però alcuni dubbi interpretativi che andrebbero, sollecitamente, chiariti. Per esempio, la gratuità dell’integrazione salariale riconosciuta ai datori di lavoro che hanno avviato l'attività di impresa dopo il 1° gennaio 2019 (data da desumersi, secondo l’INPS, dalla comunicazione alla Camera di Commercio) fa presupporre che il contributo addizionale non si applichi ai datori di lavoro non imprenditori, tra cui i liberi professionisti?

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale 28 ottobre 2020, n. 269, del decreto Ristori (D.L. n. 137/2020), sono state fornite, attraverso l’art. 12, nuove disposizioni concernenti la proroga degli ammortizzatori sociali COVID che ci hanno accompagnato durante questo anno. La motivazione principale di questo provvedimento risiede nella emanazione del DPCM 24 ottobre 2020 che ha portato alla chiusura o alla limitazione di numerose attività, soprattutto commerciali.

La norma non è una semplice proroga della precedente, contenuta nel decreto Agosto (D.L. n. 104/2020), ma presenta aspetti e criticità diverse che andrò a commentare avendo ben presente che sia il passaggio parlamentare che le trattative in corso del Governo con le parti sociali potrebbero, cambiare, in corsa, alcuni contenuti.

Il comma 1 prevede un ulteriore periodo di integrazione salariale COVID-19 pari a 6 settimane di CIGO, assegno ordinario di FIS o Cassa in deroga che potrà essere collocato dai datori di lavoro interessati nel periodo intercorrente tra il 16 novembre ed il prossimo 31 gennaio.

Chi chiederà l’intervento a partire dal 16 novembre, pur avendo ancora la possibilità di utilizzare parte delle 18 settimane previste dal decreto Agosto, andrà ad erodere il pacchetto delle 6 settimane ulteriori. In sostanza, viene ripetuto quanto già fatto con la precedente normativa allorquando le settimane utilizzate dai datori di lavoro sulla base del D.L. n. 34, a partire dal 13 luglio, furono assorbite dalle 18 alle quali ho accennato pocanzi. Si tratta di una regola che può apparire discutibile, ma essa trae la propria origine dal fatto che si intende, a fronte di spese crescenti per la finanza pubblica, di limitarle il più possibile.

Alcune considerazioni si rendono necessarie alla luce di quanto appena detto.

La prima riguarda il periodo di copertura: perché si parla di 16 novembre? La data riguarda, da vicino, quei datori di lavoro che, senza soluzione di continuità, hanno utilizzato l’ammortizzatore COVID-19 a partire dal 13 luglio e che, appunto, avranno “consumato” tutto il pacchetto a loro disposizione il 15 novembre. Qualora ne abbiano una necessità ulteriore potranno aggrapparsi alle 6 settimane che, fruite in modo continuativo, consentiranno di arrivare al 31 dicembre.

La seconda concerne il periodo complessivo di copertura: essendo la data ultima fissata al 31 gennaio (11 settimane a partire dal 16 novembre) il periodo complessivo, ad oggi, copre poco più della metà delle settimane totali.

La terza riguarda l’ambito di applicazione correlato alla data di assunzione dei lavoratori: i decreti Cura Italia e Rilancio (D.L. n. 18/2020 e n. 34/2020) le avevano indicate, il decreto Agosto (D.L. n. 104/2020) non lo aveva fatto ma l’INPS, in via amministrativa, aveva proceduto ad individuarla con quella del 13 luglio, giorno di “spartiacquetra la nuova e la vecchia disciplina integrativa. Anche il decreto Ristori (D.L. n. 137/2020) non ha indicato la data e, credo, che anche questa volta, l’Istituto provvederà ad individuarla: senza che con ciò ci si possa sentire investiti di capacità divinatorie, si può pensare che la stessa possa essere quella della pubblicazione del DPCM che ha ridotto o sospeso alcune attività (24 ottobre) o, più probabilmente, il 28 ottobre data di pubblicazione del Decreto Legge.

La quarta impone una riflessione sulle imprese destinatarie. I datori di lavoro che hanno già fatto ricorso all’ammortizzatore per la pandemia, potranno accedere alle 6 settimane soltanto se avranno avuto autorizzate le seconde 9 settimane del pacchetto delle 18 e soltanto, decorso il periodo che risulta autorizzato che è quello per il quale, a determinate condizioni, sussiste l’obbligo di versare un contributo addizionale che resta confermato con le stesse modalità. Una via di favore è riservata alle aziende interessate dal DPCM del 24 ottobre (esse, quasi sicuramente, saranno individuate dall’INPS attraverso il codice ATECO): potranno chiedere le 6 settimane, a partire dal 16 novembre, pur se non hanno richiesto completamente le 18 settimane previste dal D.L. n. 104 e, soprattutto, non saranno tenute a versare alcun contributo addizionale.

La formulazione del comma 2 pone agli interpreti una domanda: una impresa che, fortunatamente, non ha avuto necessità, nel corso del 2020, di ricorrere agli ammortizzatori COVID-19 perché, magari, operando nella grande distribuzione alimentare non ne ha avuto bisogno, qualora ne avesse necessità a gennaio 2021 (perché, ad esempio, operando nella logistica, ha perso l’appalto con il 31 dicembre) potrà ricorrere all’ammortizzatore COVID-19 previsto dal decreto Ristori? Stando al tenore letterale della norma e fatte salve ipotesi diverse che potrebbero essere introdotte in sede di conversione, la risposta è negativa in quanto non ha, in via preventiva, avuto alcuna autorizzazione relativa alle seconde 9 settimane delle 18 complessive che andavano utilizzate entro il 31 dicembre (comma 2). Ovviamente, resta aperta la via dell’integrazione salariale ordinaria prevista dal D.L. n. 148/2015 che, tuttavia, opera con modalità e criteri del tutto diversi sia per la CIGO che per il FIS. Diverso appare, invece, il discorso relativo ad un datore di lavoro che, ad oggi, non ha mai fatto ricorso all’ammortizzatore COVID-19: potrà farlo ricorrendo alle settimane previste dal decreto Agosto che possono essere utilizzate fino al 31 dicembre ma che, ai fini della computabilità, andranno calcolate nelle 6 previste dal D.L. n. 137, a partire dal 16 novembre.

Le 6 settimane ulteriori, a determinate condizioni, possono essere oggetto di un contributo addizionale, con le modalità e le forme stabilite dal decreto Agosto e dalla circolare INPS n. 115/2020. Vi sono delle eccezioni che riguardano le attività sospese o ridotte a seguito del DPCM 24 ottobre 2020 per le quali i datori di lavoro interessati non saranno tenuti al versamento del contributo addizionale.

Sul punto, credo che sia opportuno un brevissimo riassunto riepilogativo.

La causale di riferimento da inserire nell’istanza è “COVID-19 con fatturato” e riguarda le richieste per CIGO, assegno ordinario del FIS e Cassa in deroga (ma anche quelle dirette ai Fondi ex artt. 26, 27 e 40 del D.L.vo n. 148/2015): tutte le domande che riguarderanno, i periodi che partono dal 16 novembre, dovranno essere accompagnate da una autocertificazione ex art. 46 del DPR n. 445/2000 nella quale dovranno essere comparati i dati tra il fatturato aziendale relativo al primo semestre 2020 e quello del 2019. Questo perché la norma, ripetendo quanto già detto dal D.L. n. 104, impone, in alcuni casi, un contributo addizionale che:

a) E’ pari al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore non prestate durante la sospensione o la riduzione di orario, se nella comparazione il fatturato si è ridotto per meno del 20%;

b) E’ pari al 18% della retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di sospensione o di integrazione salariale, per le aziende che non hanno subito cali di fatturato.

Non è, invece, dovuto alcun contributo addizionale (comma 3) se la riduzione del fatturato, nel periodo sopra considerato, è pari o superiore al 20%. Lo stesso principio vale sia per i datori di lavoro che hanno iniziato l’attività dopo il 1° gennaio 2019 (conta la data di comunicazione dell’attività inviata alla Camera di Commercio e non quella di apertura della matricola aziendale) che per, come detto pocanzi, per coloro che hanno subito la cessazione o la riduzione di attività a causa del DPCM 24 ottobre 2020.

In base a quanto autocertificato l’Istituto individua l’aliquota del contributo addizionale che andrà versato a partire dal periodo di paga successivo al provvedimento di concessione dell’integrazione salariale. Le opportune verifiche su quanto dichiarato saranno di competenza sia dell’INPS che dall’Agenzia delle Entrate sulla base di dati ed elementi di valutazione che potranno essere oggetto di scambio tra i due Enti.

Una brevissima considerazione appare necessaria: le aziende che si troveranno nella necessità di dover fruire, anche parzialmente, delle 6 settimane e che non hanno subito cali di fatturato o lo hanno subito in misura inferiore al 20%, dovranno ben valutare il ricorso all’ammortizzatore in quanto il contributo addizionale costa molto, ed è, in alcuni casi, superiore, alle percentuali previste, in via ordinaria, dal D.L.vo n. 148/2015 per la CIGO, per la CIGS e per il FIS.

Le disposizioni relative al contributo addizionale impongono, a mio avviso, la necessità di focalizzare l’attenzione su alcune “voci” fondamentali che, però, nella sostanza erano già state oggetto di riflessione per l’esame delle seconde 9 settimane del D.L. n. 104.

La prima riguarda il fatturato da prendere a riferimento: esso ha significati diversi sotto l’aspetto civilistico e sotto quello fiscale. La circolare n. 115, relativa al D.L. n. 104 si rapporta, in maniera alquanto generica, richiamando “gli indici di calcolo e le modalità di raffronto illustrate dalle circolari dell’Agenzia delle Entrate”. Nel corso della crisi quest’ultima ha fornito alcune indicazioni nelle circolari n. 9/E del 13 aprile e n. 15/E del 14 giugno ove si è detto che ai fini della determinazione del fatturato occorre riferirsi alle operazioni che hanno partecipato alle liquidazioni periodiche dell’IVA nei periodi oggetto di raffronto.

Ovviamente, per chi non ha obbligo di fatturazione, appare necessario prendere a riferimento l’ammontare dei ricavi sulla base della previsione contenuta nella circolare n. 8/E del 3 aprile 2020.

La seconda “voce” riguarda l’inizio dell’attività per quelle aziende che l’hanno cominciata nel corso del 2019. La circolare parla di data di inizio desunta dalla comunicazione alla Camera di Commercio ma, allora, il contributo addizionale non si applica ai datori di lavoro che non sono imprenditori? Le disposizioni del D.L. n. 104 al comma 2 dell’art. 1 si riferiscono a “tutti i datori di lavoro” ma per il contributo aziendale ci si riferisce al fatturato aziendale e la circolare n. 115 sembra sempre riferirsi alle imprese. Tutto ciò andrebbe, sollecitamente, chiarito.

Tornando al merito delle questioni affrontate con il decreto Ristori, l’Esecutivo ricorda, al comma 5, che le istanze, che, ricordo, vanno precedute dalla informativa, consultazione ed esame congiunto, anche nella forma “veloce” già prevista, con le organizzazioni sindacali e se, necessario (CIG in deroga per imprese con più di 5 dipendenti), dall’accordo, debbono essere inoltrate all’INPS entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione di orario. Desta perplessità, l’affermazione, contenuta nella norma, secondo la quale, in sede di prima applicazione, le 6 settimane, che decorrono dal 16 novembre, possono essere presentate entro la fine del mese successivo a quello di pubblicazione del D.L. n. 137 (ottobre), ossia il 30 novembre. Probabilmente, la fretta e la mancata rilettura del testo prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ha tirato un “brutto scherzo” agli estensori del provvedimento, perché, nel caso di specie, non si tratta di una disposizione di miglior favore, in quanto il termine ordinario per la presentazione delle istanze, nel caso di specie, partendo la richiesta dal 16 novembre, non può che essere il 31 dicembre.

Il comma 6 stabilisce che in caso di pagamento diretto delle prestazioni, i dati necessari per lo stesso o il saldo delle integrazioni debbono essere inviate entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato l’intervento integrativo o, se più favorevole, entro i 30 giorni successivi all’emanazione del provvedimento, con lo spostamento al 27 novembre (30 giorni dal 28 ottobre, data di entrata in vigore del D.L. n. 137), se tale data è posteriore a quella del primo periodo. I termini hanno natura decadenziale: ciò comporta che i pagamenti e gli oneri connessi restano a carico del datore inadempiente.

Il comma 7, parlando della proroga al 31 ottobre dei termini riferiti sia alle istanze di cassa che alla presentazione degli SR41, con scadenza settembre, contiene un altro refuso (probabilmente, frutto di “copia e incolla” e di mancate riletture del testo) in quanto il differimento si riferisce alle sole domande le cui scadenza si collocano tra il 1° ed il 10 settembre (date che non sembrano avere alcun significato).

Il comma 8 ricorda che i Fondi bilaterali alternativi ex del D.L.vo n. 148/2015 assicurano il pagamento dell’assegno ordinario con le medesime modalità stabilite per gli altri ammortizzatori e che, con appositi Decreti Ministeriali “concertati”, avranno a disposizione le dotazioni economiche previste dalla norma.

Da ultimo, il decreto Ristori, ma affinchè la disposizione sia operativa in quanto si attende in “via libera” di Bruxelles ai sensi dell’art. 108 del Trattato anche per la prima “tranche” prevista dall’art. 3 del D.L. n. 104, riconosce 4 settimane di esonero contributivo per coloro che non si avvarranno dei trattamenti integrativi. Tale sgravio si correla, con le stesse modalità, a quello sopra indicato, con alcune significative novità:

· Il riferimento è soltanto alla contribuzione del mese di giugno, nei limiti delle ore integrative già fruite;

· Non sussiste alcun raddoppio della contribuzione sulle ore già fruite da ogni dipendente;

· La fruizione è da “godere” entro il 31 gennaio 2021;

· E’ previsto una sorta di “diritto di ripensamento”. Infatti, chi ha chiesto l’esonero in base all’art. 3 del D.L. n. 104 e non ne ha fruito interamente, può rinunciare alla parte residua e chiedere le integrazioni salariali previste dal D.L. n. 137.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/11/03/cassa-integrazione-6-settimane-costo-zero-datori-lavoro

Iscriviti alla Newsletter




È necessario aggiornare il browser

Il tuo browser non è supportato, esegui l'aggiornamento.

Di seguito i link ai browser supportati

Se persistono delle difficoltà, contatta l'Amministratore di questo sito.

digital agency greenbubble