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Archivio newsRapporto Censis: PMI a rischio chiusura a causa dell’epidemia
Il lockdown e il gorgo di restrizioni legate al Covid-19 potrebbero “spazzare” via il doppio delle microimprese che sono morte tra il 2008 e il 2019, come conseguenza della grande crisi, questo avrebbe gravi ricadute sulla crescita: è in pericolo il meglio del motore antico del modello di sviluppo italiano. È quanto emerge dal «2° Barometro Censis-Commercialisti sull’andamento dell’economia italiana», realizzato in collaborazione con il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili attraverso la ricognizione delle valutazioni di un ampio campione di 4.600 commercialisti italiani, sensori diffusi sul territorio, affidabili e autorevoli dello stato dell’economia reale.
Il Consiglio Nazionale dei Dotto Commercialisti e degli Esperti Contabili ha pubblicato i risultati del «2° Barometro Censis-Commercialisti sull’andamento dell’economia italiana» realizzato dal Censis per il Consiglio: in sintesi i dati evidenziano che ad oggi il fatturato risulta dimezzato per 370.000 microimprese, e 415.000 sono in crisi di liquidità.
In pratica le piccole imprese italiane (con meno di 10 addetti e sotto i 500.000 euro di fatturato) sono a rischio chiusura a causa dell’epidemia. È in gioco un fatturato complessivo di 80 miliardi di euro e quasi un milione di posti di lavoro.
Il lockdown e il gorgo di restrizioni legate al Covid-19 potrebbero spazzare via il doppio delle microimprese che sono morte tra il 2008 e il 2019, come conseguenza della grande crisi, questo avrebbe gravi ricadute sulla crescita: è in pericolo il meglio del motore antico del modello di sviluppo italiano.
È quanto emerge attraverso la ricognizione delle valutazioni di un ampio campione di 4.600 commercialisti italiani, sensori diffusi sul territorio, affidabili e autorevoli dello stato dell’economia reale.
Dall’analisi emerge che il 29% dei commercialisti rileva che più della metà delle microimprese clienti ha almeno dimezzato il proprio fatturato (il dato scende al 21,2% nel caso dei commercialisti che si occupano di imprese medio-grandi). Sono quindi 370.000 le piccole imprese che hanno subito un crollo di più della metà dei ricavi. Inoltre, il 32,5% dei commercialisti registra in più della metà della clientela una perdita di liquidità superiore al 50% nell’ultimo anno (il dato scende al 26,2% tra i commercialisti che seguono imprese di maggiori dimensioni). Sono cioè 415.000 le piccole imprese che oggi dispongono di meno della metà della liquidità di un anno fa.
Le misure pubbliche adottate durante l’emergenza ottengono una valutazione tra luci e ombre da parte dei commercialisti. In particolare:
- il sostegno alle imprese (moratoria sui mutui, garanzie statali sui prestiti) viene giudicato positivamente dal 45,2%, in modo negativo dal 34%;
- gli aiuti al lavoro (divieto di licenziamento, ricorso alla Cassa integrazione in deroga) sono promossi dal 43,4%, bocciati dal 34,9%;
- il sostegno alle famiglie (bonus babysitter, congedi parentali, Reddito di emergenza) è visto con favore dal 36,6%, mentre il 37,5% ne dà un giudizio negativo;
- la sospensione dei versamenti fiscali e contributivi per le imprese più penalizzate è valutato bene dal 33,3%, male dal 46,9%.
Complessivamente lo sforzo statuale nel supportare gli operatori economici e i lavoratori durante il blocco di mercati e imprese va apprezzato, ma sembra non bastare.
Per evitare la moria di piccole imprese, secondo i commercialisti bisogna intervenire qui e ora agendo su quello che non ha funzionato. Il 79,9% dei commercialisti auspica più chiarezza nei testi normativi, il 76,7% chiede tempestività nei chiarimenti sulle prassi amministrative, il 70,7% molti meno adempimenti, il 67,2% una migliore distribuzione delle risorse pubbliche tra i beneficiari, il 61,1% una più efficace combinazione delle misure adottate, il 58,4% un taglio netto dei tempi necessari per l’effettiva erogazione degli aiuti economici, il 49,9% ritiene necessari stanziamenti economici più consistenti.
Secondo i commercialisti è indispensabile snellire gli adempimenti burocratici e i passaggi formali per rendere gli interventi più efficaci.
Infine, il 40,7% dei commercialisti ritiene che ci vorrà molto tempo per uscire dalla crisi, il 26,9% che occorre adattarsi subito alle nuove condizioni o non ci sarà crescita, il 24,2% pensa che molti settori vitali siano ancora in difficoltà.
Censis, Barometro CENSIS-COMMERCIALISTI sull’andamento dell’economia italiana, 12/11/2020