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Archivio newsSmart working e gruppi virtuali di lavoro. Quali sfide attendono le imprese (e HR)
Complice la pandemia mondiale, il processo di virtualizzazione delle organizzazioni aziendali sta diventando una realtà diffusa, anche in Italia. Quale sarà, quindi, la nuova sfida per le imprese? Sicuramente trasformare i gruppi virtuali di lavoro (telelavoro/smart working), con le loro complessità. Ma anche gli innegabili vantaggi, in una leva per rendere l’organizzazione più agile e vincente, il lavoro più fluido, più collaborativo ed efficace in un ambiente tecnologico aperto e continuamente accessibile, con il supporto del 5G. Ci muoviamo, quindi, velocemente verso una “organizzazione ibrida”: cosa saranno chiamate a fare le imprese e HR nella gestione dei dipendenti?
Non è iniziato oggi, non abbiamo modificato le organizzazioni solo perché una pandemia mondiale ha completamente stravolto le nostre abitudini.
Il processo di virtualizzazione delle organizzazioni viene da molto lontano, viene dalla globalizzazione economica e dalle globalizzazioni organizzative delle grandi imprese multinazionali. Da tempo ormai bisogna fare i conti con distanze geografiche rilevanti, fusi orari disallineati, funzioni organizzative geograficamente distribuite dove capi, collaboratori e colleghi appartengono alla stessa unità aziendale ma vivono e lavorano in posti diversi.
La pandemia ha solo “portato a casa nostra” (come fosse un immenso “Amazon mondiale”) questo processo, lo ha reso una necessità anche per le imprese che non si erano ancora poste il problema, vuoi per le limitate dimensioni che non lo rendevano vitale, vuoi per la tradizionale impostazione della leadership, per la quale le persone si riescono a gestire solo se sono “a portata di vista”.
Ritorna alla memoria la famosa Teoria X di Mc Gregor, teorico dell’organizzazione del secolo scorso, in base alla quale si considerano tutti i dipendenti naturalmente pigri e svogliati, e pertanto possono essere produttivi solo attraverso uno stretto controllo del capo. Ancora all’inizio degli anni ottanta capitava di incontrare responsabili di funzioni che esercitavano la loro responsabilità con i famosi “uffici acquario”, vale a dire uffici con grandi vetrate e dipendenti con la scrivania rivolta verso il capo (tipo banchi di scuola per intenderci), per permettere uno stretto e continuo controllo.
Ma il mondo di questi decenni è stato attraversato da numerose rivoluzioni e, al giorno d'oggi, per esempio, i team virtuali sono una forma di lavoro ampiamente utilizzata nelle organizzazioni più innovative. La globalizzazione e la rivoluzione dell'informazione abbattono le barriere organizzative e consentono alle aziende di lavorare con i team nello spazio e nel tempo.
Non necessariamente però le imprese che lo praticano conoscono esattamente le implicazioni dell’organizzazione virtuale e come dovrebbero essere costituiti i team virtuali per portare efficacia e vantaggio competitivo nel mercato. A volte, i team virtuali vengono adottati nelle organizzazioni perché "devono farlo", mentre l'atteggiamento dovrebbe essere invece focalizzato sulla creazione di team virtuali come risorsa strategica per aumentare le prestazioni organizzative generali.
Sappiamo bene che molte aziende causa Covid sono state obbligate a lavorare da casa e, quindi, adottano procedure di telelavoro/smart working (due soluzioni normative, com’è noto, diverse l’una dall’altra) per poter proseguire la propria attività. In questo contesto il concetto di “distribuzione geografica” è stato completamente rivisitato. In effetti, la letteratura sui team virtuali associava questa nozione a persone che si trovavano a migliaia di chilometri di distanza l'una dall'altra. Oggi, con il Covid, individui in team distribuiti geograficamente possono anche trovarsi nella stessa città a pochi chilometri l'uno dall'altro.
Alcune imprese, quelle cioè da tempo esposte alla globalizzazione organizzativa, avevano già strategie consolidate su come costruire e gestire team virtuali, mentre altre hanno dovuto affrontare questo nuovo modo di lavorare in tempi brevi e senza alcuna preparazione. Quest'ultimo gruppo di organizzazioni si è reso conto che i loro modelli di leadership e lavoro di squadra, utilizzati in team co-localizzati, non potevano essere applicati in un ambiente di lavoro virtuale. Affrontare il concetto e l’impostazione dell’organizzazione virtuale e dei team virtuali, infatti, dev’essere una scelta strategica originaria, vale a dire la ricerca di una nuova dimensione dell’organizzazione, dove tutto si essenzializza, dove le relazioni sono basate su un’effettiva collaborazione professionale che in qualche modo prescinde dalla prossimità fisica e dalla intensità della relazione sociale.
Le organizzazioni virtuali tendono a perdere -almeno in parte- la cosiddetta catena di comando, cioè quell’insieme di ruoli in gerarchia decrescente che costituisce normalmente l’ossatura dell’impresa tradizionale. Come conseguenza, la delega di responsabilità che costituisce il principio base delle organizzazioni funzionali viene attribuita maggiormente a gruppi virtuali specificamente responsabilizzati, con alcune caratteristiche generali elencate qui di seguito.
· Sono composti da colleghi che sono geograficamente e organizzativamente distribuiti (anche se- causa pandemia- vicini), che si riuniscono grazie ai sistemi di comunicazione ed alle infrastrutture informatiche per svolgere un’attività organizzativa.
· Elemento essenziale è la possibilità di cooperare velocemente, flessibilmente ed efficacemente nonostante le barriere geografiche, logistiche ed organizzative (e in qualche caso dei fusi orari).
· Esistono potenziali problemi di sicurezza dei dati, che devono essere tenuti sotto controllo e risolti dagli specialisti di cybersecurity dell’organizzazione.
· Le comunicazioni attraverso la tecnologia potrebbero non comprendere tutte le sfumature di una relazione in persona.
· La fiducia reciproca potrebbe nascere più lentamente rispetto ai gruppi reali.
· Potrebbero insorgere ostacoli di linguaggi, culture e situazioni abitative inadeguate di alcuni componenti (molti “uffici a casa” sono in realtà angoli di appartamenti non isolati, dove la persona è continuamente disturbata da altri o da altro).
Ecco, quindi, la sfida: trasformare i gruppi virtuali, con le loro complessità, in un elemento che rende l’organizzazione più agile e vincente, sfruttando gli innegabili vantaggi che i gruppi virtuali presentano, come per esempio:
· Il lavoro più fluido, perché i gruppi imparano in continuazione come organizzare e ri-organizzare le attività;
· la tecnologia come aiuto a rendere il lavoro più collaborativo ed efficace, ed in particolare attraverso la digitalizzazione, che favorisce e sviluppa la collaborazione;
· lo scambio di idee e proposte tra le persone, in un ambiente tecnologico aperto e continuamente accessibile.
Non dimentichiamo infatti che la tecnologia 5G diventerà piuttosto rapidamente una realtà diffusa, e quindi tra non molto una sala riunioni dove i componenti della riunione sono presenti come ologramma e si scambiano pareri e informazioni riproducendo un’atmosfera simile a Star Wars in contesto aziendale non sarà più solo oggetto di un articolo o di un libro di fantascienza.
Ci muoviamo quindi velocemente verso l’organizzazione ibrida, nella quale i momenti di presenza simultanea saranno specifici e programmati, e per il resto persone e gruppi esprimeranno la loro prestazione in una realtà virtuale coordinata e organizzata, nella quale le imprese saranno chiamate a investire intelligentemente sulla comunicazione, nel senso di accelerare la diffusione di aggiornamenti sugli scenari di business, su azioni strategiche dell’organizzazione o della concorrenza, per permettere un sempre maggiore coinvolgimento ed una maggiore reattività dei dipendenti. Le imprese, inoltre, dovranno sempre più promuovere la coesione sociale e la fiducia reciproca, canalizzando in modo immediato e veloce informazioni aziendali, funzionali o di famiglie professionali allo scopo di creare maggiore familiarità tra di loro e identificazione con l’organizzazione. Sarà infine estremamente importante la formazione e lo scambio di saperi: costruire learning communities dove si sviluppino condivisioni di nuovi contenuti, di soluzioni di problemi e di scambio di pratiche eccellenti per lo sviluppo strategico dell’impresa.
Andiamoci subito, progettiamolo intelligentemente prima di farcelo imporre dalle circostanze.