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Vaccini anti Covid-19: azienda e lavoratori uniti contro il virus

Garantire un efficace controllo del virus. Come? Attraverso una rapida e massiccia diffusione delle campagne di vaccinazione anche in azienda e per la protezione dei lavoratori, perché il Covid-19 è un agente patogeno per tutte le attività lavorative. E, in questa battaglia contro il virus, tutti devono allearsi: dall’impresa-datore di lavoro al medico competente, dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione al lavoratore. Ciascuno deve collaborare per attuare ogni possibile misura preventiva e protettiva, secondo il proprio ruolo e i rispettivi obblighi, partendo da quelli penalmente sanzionati. Un obiettivo realizzabile?

Dobbiamo escludere il rischio Covid-19 dal campo di applicazione del T.U. della sicurezza sul lavoro (D.Lgs. n. 81/2008), e segnatamente del Titolo X dedicato all’esposizione ad agenti biologici?

Fu per prima la Regione Veneto in un documento del 3 marzo 2020 a ritenere “non giustificato l’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi in relazione al rischio associato all’infezione da SARS-CoV-2, se non in ambienti di lavoro sanitario o socio-sanitario, o comunque qualora il rischio biologico sia un rischio di natura professionale, già presente nel contesto espositivo dell’azienda”. Si tratta di una tesi letteralmente ripresa in una nota del 13 marzo 2020 n. 89 dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Ma fu agevole dimostrare che, in forza dell’art. 28 D.Lgs. n. 81/2008, debbono essere valutati tutti i rischi che possono profilarsi, non necessariamente a causa dell’attività lavorativa, bensì durante l’attività lavorativa: come può essere appunto il Covid-19. Tanto è vero che poi tutte le Istituzioni disattesero la tesi dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro: per prima l’INAIL il 23 aprile 2020, indi Ministero della Salute, Ministero della Giustizia, Ministero dell’Interno, alla fine lo stesso Ministero del Lavoro.

Ed è a ben vedere istruttivo persino il “Piano strategico-operativo nazionale (Pan-Flu) 2021-2023”, che, nell’Appendice A1, intitolata “Sicurezza sul lavoro”, pur con specifico riguardo alla pandemia influenzale, si muove con sapienza: “ai sensi del Decreto legislativo 81/2008 il datore di lavoro ha l’obbligo di individuare i rischi generali e i rischi specifici connessi alle particolari modalità di esecuzione del rapporto di lavoro e predisporre le misure di prevenzione e protezione adeguate e il lavoratore stesso è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro”.

Eppure, in questi giorni, nel tentativo di trovare sul fronte della vaccinazione una via d’uscita dal Titolo X del TUSL, e segnatamente dall’”imbarazzante” art. 279, comma 2, non si è mancato di rispolverare la tesi che ne nega l’applicabilità al Covid-19 (salvo che nel limitato recinto di ambienti di lavoro quali quelli “sanitario o socio-sanitario”). Anche a costo di passare sotto silenzio quella Direttiva europea 739 del 3 giugno 2020 -pur recepita a tambur battente in Italia con due decreti legge già convertiti- che include nell' “Elenco degli agenti biologici classificati” di cui all’allegato XLVI del D.Lgs. n. 81/2008 la voce «Sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus 2(SARS-CoV-2)(0a) - 3» come patogeno per l’uomo del gruppo di rischio 3, e, cioè, come “agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori”. Ed anche a costo di non tener presente che il T.U. della sicurezza sul lavoro contiene norme applicabilia tutte le attività lavorative nelle quali vi è il rischio di esposizione ad agenti biologici” ripartiti nei gruppi 1, 2, 3, 4 a seconda del rischio di infezione (artt. 266-268), ivi comprese “le attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell’allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi” (art. 271, comma 4).

Il fatto è che spetta all’interprete confrontarsi con le norme che delineano il decalogo del Covid-19 destinato ai garanti della sicurezza. E non continui a sfuggire a tutti quel frammento dell’art. 279, comma 2, lettera a), TUSL che, nel solco del codice di condotta stabilito dalla Direttiva 2000/54/CE del 18 settembre 2000 concernente la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (ove si statuisce che la vaccinazione offerta ai lavoratori “dovrebbe aver luogo conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali”), non si limita a prescrivere la messa a disposizione di vaccini efficaci, bensì aggiunge 7 parole generalmente ignorate, ma tutt’altro che platoniche per l’imperiosa preposizione “da” seguita da un inesorabile verbo all’infinito: “da somministrare a cura del medico competente”.

Alleati tutti i protagonisti di ogni impresa-datore di lavoro, medico competente, RSPP, lavoratore, nel collaborare, ciascuno nel proprio ruolo, e in adempimento dei rispettivi obblighi a partire da quelli penalmente sanzionati, all’attuazione delle misure preventive e protettive in rapporto al tipo e al grado di esposizione.

Con l’avvertenza che la vaccinazione offerta così come la vaccinazione somministrata -lungi dall’essere indiscriminate e aprioristiche- coinvolgono esclusivamente quei lavoratori “per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione” e che “non sono già immuni all'agente biologico presente nella lavorazione”, e, dunque, presuppongono necessariamente all’interno del DVR l’analisi dei rischi inerenti alle specifiche mansioni svolte e l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione adottate, nonché, in particolare, una mirata sorveglianza sanitaria su ciascun lavoratore (con relativo giudizio di idoneità) da parte del medico competente e in rapporto ai vaccini il suo “parere conforme”.

L’obiettivo -auspicabilmente comune a tutti- è certo quello ribadito in una nota dell’ILO del 25 gennaio 2021: garantire un efficace controllo del virus “attraverso una rapida e massiccia diffusione delle campagne di vaccinazione”. Ma il metodo non può non essere quello di attenersi fedelmente alla lettera e alla ratio delle norme in vigore, senza la giustapposizione di espliciti o latenti giudizi di natura valutativo-sociologica e senza avventure in operazioni ermeneutiche infirmate dal fraintendimento tipico della Inversionsmethode.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/sicurezza-del-lavoro/quotidiano/2021/02/13/vaccini-anti-covid-19-azienda-lavoratori-uniti-virus

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