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Archivio newsApprendistato professionalizzante e assunzione stabile di under 36: cosa deve valutare il datore di lavoro
I datori di lavoro che assumono giovani possono contare su incentivi contributivi per l’assunzione con contratto di apprendistato professionalizzante di under 30 e per l’assunzione con contratto a tempo indeterminato (o per le trasformazioni di contratti a termine) di under 36. La comparazione delle agevolazioni, finalizzata ad un confronto dei relativi vantaggi per imprese e professionisti, richiede una però una valutazione più ampia che deve necessariamente coinvolgere anche altri profili, di natura retributiva, fiscale e non solo. Quali elementi deve considerare il datore di lavoro che assume giovani con contratto di apprendistato professionalizzante o con contratto a tempo indeterminato?
Chi ha un minimo di competenza relativa al sistema delle agevolazioni per le assunzioni presenti nel nostro Paese sa bene che, nel corso degli anni, se ne sono affastellate in gran numero, spesso scoordinate tra di lavoro ove, sovente, il raggiungimento dell’obiettivo (ossia l’ottenimento dell’incentivo) è disseminato da ostacoli messi dalla normativa italiana, comunitaria, ma anche da interpretazioni amministrative e da lungaggini burocratiche che rendono la strada alquanto impervia.
L’analisi che segue intende confrontare gli incentivi che riguardano i datori di lavoro che assumono con contratto di apprendistato professionalizzante (che è un contratto a tempo indeterminato, finalizzato alla formazione ed alla occupazione dei giovani) e quelli che intendono fruire dello sgravio contributivo previsto dai commi 10 e seguenti dell’art. 1 della legge di Bilancio 2021 (legge n. 178/2020).
Ovviamente, i due benefici non sono sovrapponibili nel senso che la prima tipologia (apprendistato professionalizzante) riguarda i lavoratori che non hanno compiuto i 30 anni di età (fatta salva l’ipotesi degli “over 29” titolari di un trattamento di NASpI di cui parla l’art. 47, comma 4, del D.L.vo n. 81/2015), mentre lo sgravio contributivo previsto nella legge di Bilancio 2021 si riferisce ai lavoratori che, all’atto della instaurazione del rapporto hanno una età non superiore ai 35 anni e 364 giorni, e che non hanno mai sottoscritto un contratto a tempo indeterminato, cosa che non è affatto preclusiva per l’attivazione dell’apprendistato.
Quest’ultimo presenta peculiarità che altri contratti non hanno: piano formativo obbligatorio, percentuale in rapporto 1/1 con i qualificati e gli specializzati fino a 9 dipendenti (ma le aziende che occupano fino a tre lavoratori, ne possono assumere fino a tre, divenendo, poi, il rapporto 3 a 2). Per le imprese artigiane la legge n. 443/1985, all’art. 4 ha previsto la possibilità di andare, a certe condizioni ed entro “tetti differenti”, oltre il limite previsto per le specifiche lavorazioni, a condizione che le ulteriori assunzioni siano riservate agli apprendisti.
Il datore di lavoro che sceglie di seguire una o l’altra via, è, sicuramente, supportato da altre considerazioni che vanno riferite alla personalità del lavoratore, alle sue capacità, anche potenziali, alla sua attitudine finalizzata all’interno della struttura produttiva o commerciale: fatta questa breve premessa, però, ritengo che, prima di procedere alle assunzioni, una comparazione delle agevolazioni (che non sono soltanto economiche e contributive, ma anche normative, per una serie di effetti correlati e fiscali), debba essere effettuata: di conseguenza, cercherò con questa breve riflessione di soffermarmi sulle agevolazioni relative alle modalità di scelta del datore di lavoro.
Apprendistato professionalizzante
Dal 1° gennaio 2007, i datori di lavoro usufruiscono, in via generale, di una contribuzione a loro carico, per tutta la durata dell’apprendistato, pari al 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.
Per i datori di lavoro che occupano un numero di addetti pari od inferiore a 9 l’aliquota complessiva a loro carico è ridotta per i primi due anni rispettivamente all’1,5% ed al 3%, restando fermo il livello del 10% per i periodi contributivi maturati dopo il secondo anno.
Sulla scorta della previsione contenuta nell’art. 2, comma 36, della legge n. 92/2012 e dei chiarimenti intervenuti attraverso l’INPS con la circolare n. 128/2012 la contribuzione di riferimento è stata maggiorata, dal 1° gennaio 2013, dell’1,31% a cui si aggiunge lo 0,30% previsto dalla legge n. 845/1978 per la formazione dei fondi interprofessionali.
Il riferimento alle 9 unità (il computo va fatto, all’atto dell’assunzione, sull’impresa complessivamente considerata e non sulle singole unità) fa sì che, ai fini del calcolo debbano essere compresi (circolare INPS n. 22/2007):
a) i dirigenti;
b) gli assunti con contratto a tempo indeterminato;
c) gli assunti con contratto a tempo determinato, computati, oggi, secondo la previsione contenuta nell’art. 27 del D.L.vo n. 81/2015;
d) i lavoranti a domicilio;
e) i lavoratori a tempo parziale, in proporzione all’orario svolto (art. 9 del D.L.vo n. 81/2015);
f) i lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto (malattia, maternità, ecc.) se non sono stati computati i loro sostituti;
g) i lavoratori intermittenti computati nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente prestato nell’arco di ciascun semestre (art. 18 del D.L.vo n. 81/2015);
Sono esclusi dal computo numerico:
· gli apprendisti in forza al momento dell’assunzione, per effetto dell’art. 47, comma 3, del D.L.vo n. 81/2015: tra costoro rientrano anche i lavoratori disoccupati, senza limiti di età, fruitori di un trattamento di disoccupazione, assunti con contratto di apprendistato professionalizzante;
· i lavoratori somministrati inviati dalle Agenzie del Lavoro;
· i lavoratori assunti dopo essere stati addetti a lavori socialmente utili o di pubblica utilità, come previsto dall’art. 7 del D.L.vo n. 81/2000.
Le agevolazioni contributive, una volta riconosciute, sono mantenute anche se il numero dei dipendenti supera la soglia delle 9 unità.
Per la contribuzione specifica relativa ai rapporti di apprendistato non viene richiesto, esplicitamente, ciò che, in via generale, occorre rispettare tutte le volte che si è in presenza di uno sgravio contributivo: il rispetto del comma 1175 dell’art. 1 della legge n. 296/2006 e dell’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015. Infatti la c.d. sotto contribuzione non è una agevolazione ma una “contribuzione propria” finalizzata, per scelta legislativa, a favorire l’occupazione giovanile, come ricorda la circolare n. 5/2008 del Ministero del Lavoro.
In caso di “consolidamento” del rapporto di lavoro al termine del periodo formativo dell’apprendistato, l’agevolazione contributiva del 10% viene riconosciuta per i 12 mesi successivi, come riconfermato dall’art. 47, comma 7, del D.L.vo n. 81/2015: sono esclusi, soltanto, gli apprendisti “over 29” disoccupati e fruitori, al momento dell’assunzione, di un trattamento di disoccupazione. L’apprendistato deve riguardare, in quest’ultimo caso, una qualificazione o una riqualificazione professionale.
Va sottolineato come la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15055 del 22 giugno 2010, abbia riconosciuta la “godibilità” dello sgravio del contributivo sopra citato sulla base del principio che la prosecuzione del rapporto sia avvenuta con la qualifica (o la qualificazione) acquisita al termine del periodo formativo. Secondo un indirizzo espresso dal Dicastero del Lavoro con la risposta ad un interpello datata 4 maggio 2005 (prot. n. 25/I/0003883) è possibile il riconoscimento dell’agevolazione per i 12 mesi successivi alla trasformazione anche nell’ipotesi in cui il “consolidamento” sia avvenuto in anticipo rispetto al termine fissato dal contratto a condizione che il datore di lavoro abbia svolto tutta la formazione prevista nel piano individuale.
Il comma 106 dell’art. 1 della legge n. 205/2017 ha previsto uno sgravio contributivo per i datori di lavoro che hanno confermato il lavoratore al termine del periodo formativo per 12 mesi, decorrenti tra il tredicesimo ed il ventiquattresimo mese successivo al consolidamento del rapporto, purchè il giovane non abbia superato la soglia dei 30 anni. Tale disposizione non è, però, applicabile alle prosecuzioni di contratti di apprendistato previste dal comma 106, nel corso degli anni 2021-2022, per effetto di quanto affermato dal comma 13 dell’art. 1, della legge n. 178/2020: su questo punto si attende un sollecito chiarimento amministrativo dell’INPS.
Passo, ora, ad esaminare l’agevolazione contributiva prevista per le assunzioni a tempo indeterminato degli “under 36”.
Lo sgravio, sottoposto all’autorizzazione della Commissione Europea ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3 del Trattato dell’Unione, viene riconosciuto nella misura del 100% per un periodo massimo di 36 mesi, nel limite massimo di 6.000 euro l’anno sulla contribuzione a carico del datore di lavoro, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche. L’esonero sale a 48 mesi in favore dei datori di lavoro che effettuano assunzioni in una sede di lavoro od una unità produttiva (identificabile, a mio avviso, con la matricola INPS) ubicata in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Per queste Regioni si ha motivo di ritenere che l’assunzione, possa riguardare anche lavoratori residenti in altri contesti territoriali: ovviamente, il loro luogo di lavoro deve essere in una di quelle sopra individuate e l’incentivo, fruibile per quattro anni, resterà fino a quando la prestazione continuerà a svolgersi in tali ambiti. Il trasferimento in altra Regione ove vige l’agevolazione per 36 mesi comporterà l’applicazione di questa, se ancora se ne registri la “capienza”.
Poiché l’assunzione a tempo indeterminato può avvenire anche con contratto di somministrazione, per la quantificazione temporale dell’agevolazione, seguendo un recente indirizzo espresso dall’INPS, occorrerà verificare la sede dell’Agenzia che stipula con il lavoratore il contratto a tempo indeterminato: anche su questo punto, tuttavia, l’INPS è chiamata a fornire precise indicazioni.
Ma, come è composto lo sgravio?
Il comma 100 dell’art. 1 della legge di bilancio 2021 fa riferimento ai contributi a carico dei singoli datori di lavoro per un importo massimo di 6.000 euro su base annua, riparametrato ed applicato su base mensile (secondo criteri che, seppur analoghi al passato, necessitano di una nota dell’Istituto), con esclusione dei premi e contributi INAIL e, secondo un indirizzo consolidato (v. anche la circolare INPS n. 40/2018), dei c.d. “contributi minori” come:
· Il contributo, ove dovuto, al Fondo per l’erogazione ai lavoratori del settore privato dei trattamenti di fine rapporto ex art. 2120 c.c. (art. 1, comma 755 della legge n. 296/2006);
· Il contributo, ove dovuto, ai fondi bilaterali, al FIS ed ai Fondi delle Province Autonome di Trento e Bolzano, previsti dal D.L.vo n. 148/2015;
· Il contributo dello 0,30% in favore dei Fondi interprofessionali per la Formazione continua ex art. 118 della legge n. 388/2000;
· Il contributo, ove dovuto, per il Fondo del settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali;
· Le contribuzioni non previdenziali concepite per apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento.
Il richiamo alla norma del 2017 ed alle conseguenti disposizioni amministrative dell’INPS, se saranno confermate, fa sì che:
· Lo sgravio non possa essere riconosciuto se il lavoratore ha avuto, nella sua vita lavorativa, un precedente contratto a tempo indeterminato, risoltosi, “ante tempus”, anche dopo un brevissimo periodo (la circolare n. 40/2018 parlava anche della risoluzione durante il periodo di prova, come ostativa all’incentivo cosa, a mio avvio, molto opinabile). L’unica eccezione riguarda il contratto di apprendistato non “consolidatosi” al termine del periodo formativo;
· Il datore di lavoro non possa avere una conoscenza piena se il giovane ha avuto precedenti rapporti a tempo indeterminato. Nel 2018 l’INPS mise a disposizione degli utenti un applicativo per verificare la situazione, sottolineandone, però, il valore dichiarativo e non certificativo: speriamo che, ora, l’applicativo possa fornire una maggiore certezza.
Ma altri vincoli sono correlati all’assunzione. L’esonero spetta se:
· I datori di lavoro non hanno proceduto nei 6 mesi antecedenti a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della legge n. 604/1966 o a procedure collettive di riduzione di personale secondo l’iter previsto dagli articoli, 4, 5 e 24 della legge n. 223/1991 che abbiano riguardato lavoratori inquadrati con la stessa qualifica nella medesima unità produttiva;
· I datori di lavoro non procedono, nei 9 mesi successivi all’assunzione a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo o a procedure collettive di riduzione di personale che riguardino dipendenti con la stessa qualifica del lavoratore assunto nella medesima unità produttiva.
Il mancato rispetto di tali obblighi comporterà la sospensione delle agevolazioni ed il recupero di quanto indebitamente ricevuto.
Lo sgravio contributivo spetta nel rispetto di quanto previsto dall’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 e dall’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015. Da ciò discende che viene riconosciuto se c’è:
· Regolarità contributiva;
· Rispetto degli obblighi di legge ed assenza di sanzioni per gravi violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale (sono quelle riportate nell’allegato al D.M. sul DURC);
· Rispetto degli accordi e contratti collettivi sottoscritti delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale e, se esistenti territoriali od aziendali;
· Rispetto di obblighi preesistenti stabiliti dalla legge o dalla contrattazione collettiva;
· Rispetto di diritti di precedenza;
· Rispetto dei lavoratori posti in integrazione salariale straordinaria, a meno che l’assunzione non sia di livello diverso rispetto o riguardi un’altra unità produttiva. La circolare n. 133/2020 dell’INPS al punto 5 ha definito le integrazioni salariali COVID-19 come assimilabili ad “evento non oggettivamente evitabile”, cosa che può aprire alla possibilità di nuove assunzioni;
· Rispetto della disposizione che vieta l’assunzione di lavoratori licenziati nei 6 mesi antecedenti da datori di lavoro in rapporti di collegamento o controllo o da aziende facenti capo alla stessa proprietà anche per interposta persona.
Apprendistato professionalizzante
L’apprendista può essere retribuito per tutta la durata del rapporto e fino alla trasformazione anche con due livelli stipendiali inferiori a quello di “approdo”. C’è da osservare, tuttavia, come alcuni contratti collettivi abbiano previsto un percorso di avvicinamento al livello massimo, attraverso scatti intermedi (magari di un livello a “metà percorso”) o, in altri casi, soprattutto per le qualifiche a più basso contenuto professionale, l’abbassamento di un solo livello.
In alternativa, la contrattazione collettiva può stabilire, nel rispetto dell’anzianità di servizio, una forma retributiva “percentualizzata” rispetto al trattamento economico finale e progressiva nell’ammontare, secondo un “modus” già presente, da tempo, in alcuni contratti collettivi.
Lo stesso discorso può essere fatto per gli apprendisti “over 29” titolari di un trattamento di NASPI.
Lavoratori “under 36”
Non ci sono agevolazioni sotto l’aspetto economico per i datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato lavoratori “under 36”: la retribuzione deve essere quella prevista dal CCNL per l’inquadramento professionale previsto nella lettera di assunzione.
Apprendistato professionalizzante
Gli assunti con contratto di apprendistato non rientrano (per tutta la durata della tipologia) nella base di calcolo per l’applicazione di particolari istituti previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva: ciò significa, ad esempio, che ai fini del computo dell’aliquota dei disabili, prevista dalla legge n. 68/1999 essi non sono presi in considerazione, cosa importante per quelle imprese, dimensionate oltre le 14 unità che si trovano alle prese con il rispetto dell’obbligo.
Un analogo discorso può essere fatto ai fini della computabilità nell’organico aziendale ai fini delle dimensioni per l’applicazione dell’art. 18 della legge n. 300/1970.
Ovviamente, questa regola presenta delle eccezioni le quali, però, debbono essere previste da disposizioni imperative: è il caso, ad esempio, dell’art. 1, comma 2, del D.L.vo n. 148/2015 e dell’art.1 comma 1 della legge 223/1991. Quest’ultimo, nel calcolo medio della base numerica necessaria per la verifica dell’ampiezza aziendale, ai fini dell’applicazione della normativa sulla cassa integrazione guadagni straordinaria o dei contratti di solidarietà difensivi del settore industriale, ricomprende gli apprendisti, che, ora, peraltro, sono parzialmente destinatari degli stessi.
Un incentivo normativo “di nicchia” riguarda l’assunzione di personale disabile: l’art. 11 della legge n. 68/1999 prevede che, attraverso l’istituto della convenzione tra azienda e servizio che si occupa dell’avviamento, acquisito il parere del comitato tecnico, si possa procedere all’assunzione di questi lavoratori in deroga sia ai limiti massimi di età (29 anni e 364 giorni) che alla durata contrattuale triennale (o periodo maggiore per i profili professionali che hanno come riferimento il settore artigiano).
In ordine alla questione “età” non può tralasciarsi il discorso legato ai i disoccupati titolari del trattamento di NASpI al reddito per i quali non è previsto alcun limite massimo.
Altro vantaggio di natura normativa per i datori di lavoro è rappresentato dalla possibilità di risolvere il rapporto al termine del periodo formativo (cosa che non vale per gli apprendisti assunti ex art. 47, comma 4, del D.L.vo n. 81/2015), attivando la previsione dell’art. 2118 c.c..
Un ultimo vantaggio di natura normativa lo si evince anche dal comma 8 dell’art. 43 che consente alla contrattazione collettiva (laddove gli Enti territoriali abbiano definito un sistema di alternanza scuola-lavoro), di prevedere specifiche modalità di utilizzo del contratto di apprendistato (cosa avvenuta nel settore turistico), anche a tempo determinato, per lo svolgimento di attività stagionali.
Non si rinvengono nella normativa agevolazioni di natura normativa: i lavoratori rientrano, da subito, nell’organico aziendale e sono computabili in relazione a tutti gli istituti contrattuali e legali.
Sia il contratto di apprendistato professionalizzante che il contratto a tempo indeterminato con lavoratori al di sotto dei 36 anni sono portatori di deduzioni IRAP in favore di datori di lavoro che incrementano il numero dei lavoratori assunti a tempo indeterminato rispetto al numero dei lavoratori assunti con lo stesso contratto mediamente occupati nel periodo di imposta precedente, nei limiti di 15.000 euro per ciascun nuovo dipendente assunto.
La deduzione spetta per il periodo di imposta in cui è avvenuta l’assunzione con contratto a tempo indeterminato e per i due successivi.