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Archivio newsCassa integrazione Covid-19: esclusi i lavoratori in forza dal 5 gennaio 2021
Cassa integrazione salariale ordinaria (CIGO), in deroga (CIGD) e di assegno ordinario (ASO) legate all’emergenza Covid-19 e concesse dalla legge di Bilancio 2021 trovano applicazione anche in favore dei lavoratori assunti dopo il 25 marzo 2020 e in ogni caso in forza alla data del 4 gennaio 2021. L’INPS allarga il campo di applicazione della disposizione (ristretto, secondo il dettato normativo, ai lavoratori in forza al 1° gennaio) dopo aver considerato la cadenza del calendario. Restano però fuori dalla causale COVID-19 tutti i lavoratori assunti in data successiva. Un vulnus che dovrà essere “rimarginato”.
Attraverso la circolare n. 28 del 17 febbraio 2021 l’INPS fornisce le proprie indicazioni amministrative finalizzate alla interpretazione delle disposizioni in materia di integrazione salariale (che non sono soltanto quelle legate al COVID-19) inserite nella legge di Bilancio 2021 (legge n. 178/2020).
L’analisi che segue, percorrendo l’iter indicato dalla nota dell’Istituto, intende focalizzare le novità introdotte ed i chiarimenti che sono stati forniti di concerto con l’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro.
La norma originaria, introdotta con l’art. 44 del “decreto Genova”, ossia il D.L. n. 109/2018, è stata prorogata, per gli anni 2021 e 2022 dal comma 278 dell’art. 1: si tratta di una disposizione di deroga rispetto alla normativa generale prevista nel D.L. n. 148/2015 che non consente le integrazioni salariali laddove non vi sia una ripresa dell’attività produttiva. Il sostegno, per una durata massima di 12 mesi, viene concesso per crisi aziendale, in presenza di alcune condizioni tra cui, quella preminente, legata alla gestione degli esuberi di personale.
Le condizioni per la realizzazione piena della norma e le modalità conseguenti per la piena applicazione sono:
· accordo presso il Dicastero del Lavoro con la possibile presenza di rappresentanti del Ministero dello Sviluppo Economico e della Regione interessata, finalizzato al reimpiego del personale interessato, anche alla luce di concrete prospettive di cessione dell’attività;
· sostenibilità finanziaria, nel senso che si potrà procedere alla sottoscrizione del verbale di accordo, unicamente dopo aver accertato la sussistenza delle risorse economiche che, per il 2021, sono state individuate in 200 milioni di euro ed in 50 milioni per il 2022. Gli accordi sono trasmessi sia al Ministero dell’Economia che all’INPS;
· l’integrazione salariale avviene, esclusivamente, attraverso il sistema del pagamento diretto.
Il comma 280 dell’art. 1 ha prorogato, per tutto il 2021, nel limite di spesa di 20 milioni di euro, i trattamenti integrativi in favore dei dipendenti da imprese del settore dei call center, secondo le previsioni già contenute nell’art. 44, comma 7, del D.L.vo n. 148/2015.
Il trattamento consiste in una indennità pari al trattamento di CIGS, è subordinato alla emanazione di provvedimenti autorizzativi della Direzione Generale degli Ammortizzatori e della Formazione del Ministero del Lavoro e viene riconosciuto, come utile, ai fini del diritto e della pensione anticipata o di vecchiaia.
Dipendenti da aziende confiscate, sequestrate o sottoposte ad amministrazione giudiziaria
La norma è contenuta nel comma 284 dell’art. 1: l’intervento è prorogato per un massimo di 12 mesi, nel limite di 1 milione di euro e viene riconosciuto attraverso Decreti del Ministero del Lavoro e l’erogazione avviene con la modalità del pagamento diretto.
Il comma 285 dell’art. 1 consente a tali imprese, con rilevanti problematiche occupazionali, di chiedere un ulteriore periodo di CIGS, in deroga a limiti massimi di durata, con la procedura individuata dall’art. 22-bis del D.L.vo n. 148/2015 che, tra le altre cose, prevede un accordo da aggiungere nella sede del Ministero del Lavoro con la partecipazione della Regione interessata.
La durata massima è di 12 mesi in caso di riorganizzazione e scende a 6 mesi se la causale è la crisi aziendale. Il tutto, entro un tetto di 130 milioni di euro per l’anno in corso e di 100 milioni per il 2022.
La norma di riferimento è nel comma 714 che estende al settore le disposizioni inserite nell’art. 5, comma 1, lettera a) del D.M. n. 95269 del 7 aprile 2016. In aggiunta alle prestazioni integrative previste dallo specifico Fondo, viene prevista una nuova prestazione finalizzata ad integrare i trattamenti di CIG in deroga richiesti ed autorizzati compresi tra il 1° gennaio ed il 30 giugno 2021 per un massimo di 12 settimane. Le istanze di accesso sono subordinate al rilascio del provvedimento di autorizzazione della Cassa in deroga e vanno presentate entro i sessanta giorni successivi alla notifica dello stesso.
La circolare n. 28 del 2021 effettua una serie di chiarimenti che, tuttavia, lasciano sul campo alcune perplessità.
Al fine di rendere più funzionale la lettura, credo sia opportuno tracciare le novità che emergono dalla lettura della norma, separandole da quelle che si pongono in linea di continuità con le disposizioni precedenti:
Campo di applicazione
Le integrazioni salariali previste dai commi da 299 a 314 dell’art. 1 della legge di Bilancio 2021 trovano applicazione anche in favore dei lavoratori assunti dopo il 25 marzo 2020 e in ogni caso in forza alla data del 1° gennaio 2021. La circolare allarga, con il conforto dell’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro, il campo di applicazione della disposizione ai lavoratori in forza al 1° gennaio, dopo aver considerato la cadenza del calendario. Di più non ha potuto fare ma, a mio avviso, restano fuori dalla causale COVID-19 tutti i lavoratori assunti in data successiva anche sulla spinta delle misure agevolative previste dai commi 10 e seguenti dell’art. 1 ed anche quelli ai quali sia stato rinnovato un contratto a tempo determinato approfittando dell’assenza di condizioni da apporre fino al 32 marzo 2021. Per costoro, se non si apporrà un rimedio in qualche disposizione successiva, non si potrà procedere alla richiesta integrativa pur in presenza di un intervento dell’autorità amministrativa che limiti o sospenda l’attività aziendale. E’ un “vulnus” che dovrà essere “rimarginato”, non potendo gli istituti contrattuali sostenere “periodi lunghi” di mancanza o di riduzione di lavoro.
La circolare n. 28 sottolinea, alla luce della previsione del comma 300, che l’accesso agli ammortizzatori sociali COVID-19 è possibile anche per quei datori di lavoro che, fino al 31 dicembre 2020, non hanno mai presentato richiesta per tale causale.
Un ulteriore chiarimento riguarda la cessione di azienda o ramo di essa (art. 2112 c.c.) o il cambio di appalto: per quel che riguarda il requisito soggettivo riferito ai singoli lavoratori, viene calcolato anche il periodo nel quale gli stessi sono stati impiegati presso i precedenti datori di lavoro;
Durata massima della integrazione salariale
Per la prima volta il Legislatore fa una distinzione relativa al periodo riconosciuto che è di 12 settimane a partire dal 1° gennaio 2021. Per le aziende che rientrano nel campo di applicazione della CIGO ordinaria il periodo viene riconosciuto entro il 31 marzo, mentre per i datori di lavoro che rientrano nel campo di applicazione del FIS e della CIG in deroga, il termine finale è spostato al 30 giugno. Tutto ciò è rimarcato e sottolineato dalla circolare n. 28.
Il perché di questa differenziazione non può che essere, a mio avviso, correlato norma che, ai commi 309, 310 e 311, sospende (con alcune eccezioni) i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo fino al 31 marzo 2021. In previsione di una uscita, magari anche dilazionata nel tempo, il Legislatore ha previsto che per le imprese che rientrano nel campo di applicazione della CIGO, esistono gli ammortizzatori normali previsti dal D.L.vo n. 148/2015, che hanno tempistiche e costi diversi per le aziende e che, per molte di esse, il periodo fruibile potrebbe essere abbastanza lungo qualora si trovassero all’inizio del quinquennio mobile previsto da tale Decreto (per un numero notevole di datori di lavoro è iniziato il 24 settembre 2015 ma gli ammortizzatori COVID non rientrano nel calcolo).
Diverso si presenta, invece, il discorso per quelle imprese che si avvalgono della Cassa in Deroga e del FIS (“in primis”, settore turistico - alberghiero, pubblici esercizi, ristorazione, commercio, ecc.) ove le 12 settimane sono “diluite” nel periodo più lungo di 6 mesi.
E’ abbastanza evidente come queste, soprattutto se la crisi pandemica non abbasserà la virulenza, non siano sufficienti. Ciò, a mio avviso, postula la necessità di un ulteriore intervento che, magari, potrebbe essere correlato ad una ripresa parziale dell’attività, in una misura percentuale da definire;
Integrazione salariale per gli operai agricoli
In deroga ai limiti di fruizione riferiti ad ogni singolo lavoratore ed al numero delle giornate lavorative da svolgere presso la stessa azienda (art. 8 della legge n. 457/1972), il comma 304 riconosce l’ammortizzatore CISOA per un massimo di 90 giornate da fruire tra il 1° gennaio ed il 30 giugno 2021.
I termini di decadenza per la presentazione dell’istanza sono sempre gli stessi già presenti in precedenti provvedimenti (entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione di orario) e le giornate di ammortizzatore “godute” sono considerate utili al raggiungimento delle 181 giornate che qualificano l’operaio come lavoratore a tempo indeterminato.
La circolare n. 28 del 2021 ricorda che la causale è “CISOA L. 178/20” e che le istanze possono riguardare anche lavoratori che hanno già superato il limite delle 90 giornate di fruizione ordinaria.
Contributo addizionale
La legge di Bilancio 2021 esclude il pagamento del contributo addizionale già previsto dal decreto Agosto (D.L. n. 104/2020) e dal decreto Ristori (D.L. n. 137/2020) per le aziende che, nel confronto tra il fatturato del primo semestre del 2019 e quello dello stesso periodo del 2020, avevano subito un calo del fino al 20% o non avevano subito cali di fatturato, con esclusione dei datori di lavoro che avevano iniziato l’attività dopo il 1° gennaio 2019 o che avevano chiuso o ridotto l’attività a seguito dei provvedimenti amministrativi del Presidente del Consiglio e del Ministro della Salute emanati a partire dal 26 ottobre 2020.
Nella sostanza, par di capire, che, tenuto conto della emergenza sanitaria, il Legislatore sia tornato sui suoi passi ed abbia convenuto di assicurare le integrazioni salariali gratuite a tutti li operatori, tornando ai principi contenuti nei decreti legge n. 18 e n. 34.
I commi 306, 307 e 308 trattano la questione dell’esonero contributivo già presente, sia pure in termini diversi, nei decreti Agosto e Ristori.
Ai datori di lavoro privati, con la sola esclusione di quelli del settore agricolo, che non fruiscono degli ammortizzatori COVID previsti dal comma 300 (12 settimane), ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, viene riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico di cui ha già parlato l’art. 3 del decreto Agosto, per un periodo massimo di 8 settimane, da fruire entro il 31 marzo 2021, nei limiti delle ore di integrazione già fruite nei mesi di maggio e giugno scorsi, con esclusione dei premi e contributi INAIL: il tutto riparametrato ed applicato su base mensile.
Il comma 307, riferendosi ai datori di lavoro che hanno richiesto l’esoneri dal versamenti dei contributi previdenziali ex art. 12, comma 14, del D.L. n. 137 (si è ancora in attesa del “placet” di Bruxelles), possono rinunciare per la frazione di esonero richiesto e non goduto, qualora abbiano necessità di accedere ai trattamenti integrativi previsti dalla legge n. 178.
Per quel che concerne le condizioni “amministrative” si dovrà, innanzitutto, attendere il “via libera” della Commissione Europea, così come previsto dal comma 308. Sul punto l’INPS è intervenuta con la circolare n. 30 del 19 febbraio 2021, ribadendo che la disposizione non è ancora operativa, ma richiamando concetti ed indicazioni già espresse nella circolare n. 105/2020 e nel messaggio n. 4254/2020: in particolare quelli che, oltre al premio INAIL, considerano dovuti i “contributi minori” come, ad esempio, quello al Fondo TFR presso l’INPS, quello per i Fondi previsti nella seconda parte del D.L.vo n. 148/2015, quello per i Fondi interprofessionali per la Formazione continua e quello, se dovuto, per il settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali.
Va, poi, ricordato che, ai fini del riconoscimento dell’esonero, i datori di lavoro devono essere in regola con gli obblighi di contribuzione previdenziale (DURC), non debbono aver violato norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro (sono quelle contenute nell’allegato al D.M. sul DURC) e debbono aver rispettato gli altri obblighi di legge e debbono rispettare gli accordi e contratti collettivi nazionali, e, se presenti, quelli territoriali ed aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Ovviamente, la richiesta e la fruizione dell’esonero contributivo richiede il rispetto delle disposizioni che vietano i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo fino al 31 marzo 2021, con le sole esclusioni espressamente previste dal comma 311: tale onere grava sulla matricola aziendale INPS per la quale si è richiesto l’esonero ed il mancato rispetto comporta la revoca dell’esonero con efficacia retroattiva.
Ma cosa resta delle cose già definite nei precedenti provvedimenti?
Esse sono diverse possono così sintetizzarsi.
Principio di “erosione”
Il comma 300 ripete una prassi normativa già instauratasi con decreti Agosto e Ristori. Si tratta della “elisione” dal pacchetto complessivo degli ammortizzatori dei periodi di “accavallamento” tra i provvedimenti integrativi.
Il decreto Ristori prevede 6 settimane da fruire nel periodo compreso tra il 16 novembre 2020 ed il 31 gennaio 2021. Ebbene, la circolare n. 28 del 2021 ricorda che i periodi di integrazione salariale precedentemente richiesti ed autorizzati ai sensi dell’art. 12 del D.L. n. 137, collocati, anche parzialmente, dopo il 1° gennaio 2021, sono imputati alle 12 settimane complessive previste dalla legge di Bilancio 2021. In pratica, se un datore di lavoro ha chiesto, ad esempio, due settimane nel mese di gennaio ai sensi della normativa precedente, avrà ancora a disposizione soltanto 10 settimane del nuovo pacchetto. L’INPS puntualizza, qualora ce ne fosse bisogno, che il criterio da seguire, seguendo l’indirizzo già fissato dal D.L. n. 104, è quello dei limiti che discendono dai periodi autorizzati, senza in alcun modo dover tenere conto del dato relativo al fruito.
Aspetti contributivi
La circolare n. 28 del 2021 ricorda che, in analoghi con i provvedimenti precedenti in materia di COVID-19, non si paga la contribuzione addizionale prevista dal D.L. n. 148/2015, che i periodi di integrazione salariale per coronavirus sono “neutri” rispetto alla durata massima, che in caso di anticipo delle prestazioni integrative corrisposte al personale, trova applicazione il termine semestrale di decadenza per la richiesta all’INPS, previsto dall’art 7, comma 3, del D.L.vo n. 148/2015 e che i datori tenuti al versamento al Fondo di Tesoreria, secondo le indicazioni fornite, a suo tempo, dalla circolare n. 70/2007, debbono continuare ad effettuarlo, alle ordinarie scadenze.
Imprese in CIGS che intendono mutare la causale con quella COVID-19
L’INPS ricorda che nulla è cambiato. Conseguentemente, dal 1° gennaio 2021, le imprese possono cambiare inoltrando l’istanza all’Istituto con la causale “COVID-legge n. 178/202- sospensione Cigs”, per un massimo di 12 settimane, a condizione che sussista il diritto di accesso alla prestazione di integrazione salariale ordinaria, previa comunicazione telematica al Ministero del Lavoro (v. circolare n. 47/2020);
Trattamento di Cassa in deroga
Nulla è cambiato rispetto al passato. Da ciò ne consegue che per le aziende che occupano più di 5 dipendenti è necessario accompagnare l’istanza con l’accordo sindacale da concludere anche in via telematica, entro i brevi termini cadenzati dalla procedura, con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Per le “aziende plurilocalizzate” occorre fare una distinzione: quelle che hanno ottenuto il primo provvedimento attraverso il D.M. del Ministero del Lavoro dovranno inviare l’istanza come “deroga plurilocalizzata”, le altre, con più unità produttive, sono tenute a trasmettere la domanda come “deroga INPS”, ai sensi di quanto già affermato dalla circolare n. 86/2020.
La nota dell’Istituto ricorda, poi, che per la stessa unità produttiva non è possibile chiedere ammortizzatori diversi, fatti salvi i lavoratori esclusi da altri ammortizzatori con causale COVID-19, come, ad esempio, i lavoranti a domicilio o i giornalisti.
Richiesta delle integrazioni
Tutte le istanze, a pena di decadenza (comma 301), vanno presentate entro la fine del mese successivo a quello nel quale ha avuto inizio la sospensione o la riduzione di orario. In fase di prima applicazione, le istanze vanno presentate entro il 28 febbraio.
I termini decadenziali non vanno intesi in maniera assoluta, nel senso che, laddove la domanda riguardi un arco temporale plurimensile, il regime di decadenza riguarderà, unicamente, il periodo in relazione al quale il termine di invio dell’istanza risulti scaduto e si potrà procedere alla accettazione parziale del periodo residuo ancora “in terminis”.
Pagamento diretto
Qualora ne ricorrano gli estremi (comma 302) il datore di lavoro deve inviare all’INPS tutti i dati (SR 41) necessari per l’erogazione delle somme anche per il saldo entro la fine del mese successivo a quello al quale si riferisce il periodo integrativo o, se posteriore, entro 30 giorni dall’adozione del provvedimento concessorio.
In sede di prima applicazione i termini sono rinviati al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge n. 178 (31 gennaio 2021) se tale data risulta posteriore rispetto a quella sopra ricordata. La disposizione termina ricordando la responsabilità datoriale per il pagamento delle prestazioni e degli oneri connessi in presenza di un comportamento inadempiente.
Fondi di solidarietà bilaterali alternativi ex art. 27 del D.L.vo n. 148/2015
I Fondi di solidarietà bilaterali alternativi devono garantire (comma 303) l’erogazione dell’assegno ordinario con le stesse modalità previste per gli altri ammortizzatori, per una durata massima di dodici settimane tra gennaio e giugno 2021.
Le coperture economiche sono assicurate dallo Stato attraverso un importo di 900 milioni di euro che saranno ripartiti con Decreti “concertati” tra i Ministeri del Lavoro e dell’Economia. Un discorso analogo va fatto per i Fondi delle Province Autonome di Trento e Bolzano (art. 40 del D.L.vo n. 148/2015).