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Archivio newsLavoratori in NASpI e agevolazioni contributive: quale contratto scegliere per l’assunzione
Assumere un lavoratore disoccupato che fruisce della NASpI presenta dei considerevoli vantaggi per i datori di lavoro. Per massimizzarli, le aziende, al momento di procedere alla stipula del contratto, devono valutare quale tipologia contrattuale scegliere anche sulla base delle agevolazioni di natura contributiva, economica, normativa e fiscale previste dal legislatore. A questi fini è opportuno comparare il beneficio previsto dalla legge Fornero per l’assunzione del lavoratore in NASpI con contratto a tempo pieno e indeterminato e l’incentivo di cui al Jobs Act per chi assume un “over 29” con un contratto di apprendistato professionalizzante.
I datori di lavoro che debbono assumere un lavoratore disoccupato, dopo averne valutato le capacità professionali e quelle potenziali, al momento di dover procedere alla stipula del contratto devono scegliere la tipologia contrattuale anche sulla base delle agevolazioni previste dal nostro ordinamento che sono di natura contributiva, economica, normativa e fiscale. In questo “bailamme” di norme e di interpretazioni amministrative rischiano di perdersi.
L’obiettivo che ci si pone con questa riflessione è, unicamente, quello di comparare il beneficio previsto dall’art. 2, comma 10-bis della legge Fornero (legge n. 92/2012) in favore di chi assume un lavoratore in NASpI e l’incentivo susseguente alla previsione dall’art. 47, comma 4, del D.L.vo n. 81/2015 per chi assume un “over 29”, titolare di un trattamento di NASpI, con un contratto di apprendistato professionalizzante.
Prima di entrare nello specifico del beneficio previsto per l’assunzione dei lavoratori che fruiscono dell’Assicurazione Sociale per l’Impiego, ritengo opportuno partire dal dato normativo che recita: “Al datore di lavoro che senza esservi tenuto, assuma a tempo pieno e indeterminato lavoratori che fruiscono dell’AspI…. è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al 50% (divenuto 20% per effetto dell’art. 24 del D.L.vo n. 150/2015) dell’indennità mensile residua che sarebbe stata corrisposta al lavoratore. Il diritto ai benefici economici di cui al presente comma è escluso con riferimento a quei lavoratori che siano stati licenziati nei sei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso o diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che assume, ovvero risulta con quest’ultima in rapporto di collegamento o controllo. L’impresa che assume dichiara, sotto la propria responsabilità, all’atto della richiesta di avviamento, che non ricorrono le menzionate condizioni ostative”.
La circolare INPS n. 175 del 18 dicembre 2013 riconosce l’accessibilità al beneficio anche a quei datori di lavoro che trasformino a tempo pieno e indeterminato un rapporto a termine già in essere con lavoratore, titolare di indennità ASpI al quale sia stata sospesa, per effetto dell’art. 2, comma 15, della legge n. 92/2012, l’indennità in quanto occupato a tempo determinato: il tutto, spiega l’Istituto, in una logica di aumento dell’occupazione stabile.
Le agevolazioni si applicano a tutti i datori di lavoro privati e non trovano applicazione nelle Pubbliche Amministrazioni individuate (ma non solo) dall’art. 1, comma 2, del D.L.vo n. 165/2001, e nelle c.d. “Authority” ed ai datori di lavoro che assumono i predetti lavoratori per operare in Paesi extra comunitari, assicurati in base alla legge n. 398/1987 (circolare INPS n. 236 del 30 luglio 1994). I benefici riguardano, alla luce della circolare INPS n. 175 del 18 dicembre 2013, anche le società cooperative che instaurano con soci lavoratori un rapporto di lavoro subordinato ex art. 1, comma 3, della legge n. 142/2001 e le imprese di somministrazione con riguardo ai soggetti assunti a scopo di somministrazione. Per completezza di informazione va ricordato come la predetta circolare, al punto 5, riferendosi al socio lavoratore delle cooperative, affermi che l’agevolazione non spetta nel caso in cui l’interessato abbia già goduto della liquidazione, in un’unica soluzione, dell’indennità di NASpI, proprio per associarsi in cooperativa.
Ma chi sono i lavoratori che, potenzialmente, usufruiscono della NASpI, quali requisiti debbono possedere e poi, quali sono la base di calcolo, l’importo e la durata dell’indennità?
Tutte le risposte, oltre che dall’art. 2 della legge Fornero, sono esaurientemente fornite e spiegate con dovizia di particolari dall’INPS con la circolare n. 142 del 18 dicembre 2012 e, successivamente, con la circolare n. 94 del 12 maggio 2015.
Destinatari della tutela sono tutti i lavoratori dipendenti, ivi compresi i soci lavoratori di cooperativa (anche di quelle previste dal DPR n. 602/1970) ed il personale artistico, per effetto dei commi 2 e 69 del citato art. 2. Restano fuori “dall’ombrello NASpI” i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni, gli operai agricoli (che “godono” di una specifica tutela) ed i lavoratori extra comunitari che prestano la loro attività nel nostro Paese con contratto di lavoro stagionale.
Quali requisiti devono possedere
Strettamente correlati alla individuazione dei soggetti sono i requisiti di cui gli stessi debbono essere in possesso:
· stato di disoccupazione involontario, con esclusione delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali, fatte salve le ipotesi delle dimissioni intervenute durante il periodo di tutela della maternità (dal concepimento fino ad un anno dalla nascita del bambino), di quelle verificatesi per giusta causa (mancato pagamento della retribuzione, molestie sessuali, mobbing, modifiche peggiorative delle condizioni di lavoro, notevoli variazioni delle condizioni di lavoro per effetto di cessione dell’azienda, spostamento ad altra sede in palese violazione dell’art. 2103 c.c., comportamento ingiurioso del datore verso il dipendente). Per quel che riguarda le eccezioni alle risoluzioni consensuali sono fuori dalla casistica quelle intervenute a seguito di conciliazione ex art. 410 cpc durante il tentativo obbligatorio di conciliazione per licenziamenti con giustificato motivo oggettivo e quelle per rifiuto di un trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 Km. dalla residenza e raggiungibile con mezzi pubblici in oltre 80 minuti (circolare INPS n. 108 del 10 ottobre 2006), quelle intervenute a seguito di accettazione della offerta conciliativa prevista dall’art. 6 del D.L.vo n. 23/2015, come affermato dal Dicastero del Lavoro con l’interpello n. 13/2015 e le risoluzioni consensuali avvenute a seguito di accordi collettivi (art. 1, comma 311, della legge n. 178/2020) finalizzati a superare il blocco dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo a seguito della pandemia da COVID-19;
· almeno 13 settimane di contribuzione contro la disoccupazione nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione;
· 30 giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
Incentivi per i datori di lavoro
Tralasciando ogni riferimento alle modalità di “quantificazione” della indennità di NASpI ed attenendosi strettamente all’obiettivo di questa riflessione, è opportuno cominciare ad esaminare gli incentivi connessi a tale tipologia di agevolazione.
Dopo le modifiche introdotte con l’art. 24 del D.L.vo n. 150/2015 i datori di lavoro privati, ivi comprese le cooperative che instaurano con soci lavoratori un ulteriore rapporto di natura subordinata, che assumono soggetti in “godimento NASpI” percepiscono il 20% dell’indennità non ancora “maturata” dagli interessati. Tale somma spetta soltanto per i periodi di effettiva erogazione della retribuzione.
L’accesso è subordinato al rispetto della disciplina comunitaria in materia di aiuti all’occupazione ed alla disciplina del “de minimis”.
Alcune riflessioni vanno effettuate relativamente alle peculiarità dell’assunzione con incentivi NASpI.
La prima riguarda l’assunzione del lavoratore in “godimento”. Essa deve essere, oltre che a tempo indeterminato anche a tempo pieno, essendo esclusa qualsiasi forma di rapporto a tempo parziale.
La seconda concerne l’ampiezza dell’agevolazione (20% dell’indennità di NASPI non ancora percepita dal lavoratore): essa sarà tanto maggiore, quanto più il lavoratore sarà all’inizio della fruizione, essendo strettamente correlata alle mensilità non ancora corrisposte, con la conseguenza della maggiore appetibilità di chi ne sta usufruendo da poco tempo, in quanto, pur prescindendo dal valor iniziale, a partire dal quarto mese di fruizione l’indennità cala del 3% ogni mese.
L’agevolazione, corrisposta sotto forma di conguaglio mensile, spetta soltanto, come si diceva, per i periodi di effettiva erogazione della retribuzione al lavoratore: la circolare INPS n. 175/2013 ricorda che, in presenza di giornate non retribuite (ad esempio, per sciopero, malattia , maternità, ecc.), l’importo mensile deve essere diviso per i giorni di calendario del mese oggetto di considerazione ed il quoziente ottenuto, moltiplicato per il numero delle giornate non retribuite, andrà detratto dal contributo del mese stesso. Le giornate con emolumenti ridotti si considerano come retribuite. La somma a credito dell’impresa non potrà, in ogni caso, essere superiore alla retribuzione del lavoratore in quello specifico mese, comprendendovi anche le eventuali competenze mensili calcolate “pro - quota”. Ricorrendone i presupposti, l’agevolazione è cumulabile con altre di natura contributiva spettanti in forza della normativa vigente come, ad esempio, la decontribuzione per le aree svantaggiate prevista dai commi 161 e seguenti della legge di Bilancio 2021 (legge n. 178/2020).
La terza considerazione non può prescindere dal fatto che l’agevolazione economica presuppone la regolarità contributiva con l’integrale rispetto dell’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 (regolarità contributiva, mancanza di gravi violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale ed adempimento agli altri obblighi di legge) ed il rispetto del CCNL sottoscritto dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e, se esistenti, degli accordi di secondo livello territoriali ed aziendali. Sotto questo aspetto va ricordato anche l’obbligo del rispetto delle condizioni previste dall’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015.
La quarta considerazione riguarda il rispetto del “de minimis” potendosi far rientrare tale agevolazione economica nell’ampio ventaglio degli aiuti di Stato, richiamati dal Regolamento CE n. 1998/2006 della Commissione del 18 dicembre 2006: in assenza di una esplicita formulazione normativa, l’INPS, con la circolare n. 175/2013, ne ravvisa la necessità affermando che la trasmissione da parte delle aziende interessate dovrà avvenire nel più breve tempo possibile dall’assunzione, ricordando che l’inserimento del codice autorizzatorio alla fruizione dell’incentivo avverrà soltanto dopo l’acquisizione della dichiarazione con decorrenza dalla data nella quale è intervenuta l’assunzione.
Una brevissima considerazione finale sul beneficio per i datori di lavoro che assumono un lavoratore che fruisce del trattamento di NASPI: l’agevolazione che ho appena descritto è sostanzialmente, l’unica, in quanto, sotto l’aspetto prettamente normativo non risultano esserci vantaggi, in quanto il soggetto entra, da subito, nell’organico aziendale con una retribuzione corrispondente al livello di inquadramento e la computabilità è piena per quel che riguarda il limite numerico per l’applicazione di istituti previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva come, ad esempio, quello individuato dalla legge n. 68/1999 per l’assunzione dei portatori di handicap.
L’art. 47, comma 4, del D.L.vo n. 81/2015 consente l’assunzione con contratto di apprendistato professionalizzante di un lavoratore disoccupato, definito “over 29”, titolare di un trattamento di NASpI. Il contratto, corredato da un piano formativo, deve essere finalizzato alla qualificazione o alla riqualificazione del soggetto interessato.
Il contratto è a tempo indeterminato, come recita l’art. 41, ma non necessariamente a tempo pieno, pur dovendosi, sempre, salvaguardare la realizzazione totale del piano formativo, pur in presenza di un rapporto a tempo parziale, non potendosi, in ogni caso, scendere sotto la soglia oraria eventualmente prevista dal CCNL.
La “conditio sine qua non” è rappresentata dal fatto che il lavoratore deve essere fruitore di un trattamento di disoccupazione: tale formula postula la presentazione della richiesta da parte dell’interessato e la risposta dell’Istituto che sussistono tutti gli elementi oggettivi e soggettivi per il “godimento” della NASpI. Essa non è affatto correlata alla durata ed all’ampiezza del trattamento essendo, l’unico requisito, quello legato alla fruizione.
I benefici che il datore di lavoro può ottenere da tale tipologia contrattuale sono notevoli e cerco di riassumerli in breve.
Sotto l’aspetto contributivo gli oneri previdenziali a carico del datore di lavoro sono quelli normalmente in essere per l’apprendistato professionalizzante.
I datori di lavoro usufruiscono, in via generale, di una contribuzione a loro carico, per tutta la durata dell’apprendistato, pari al 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.
Per coloro che occupano un numero di addetti pari od inferiore a 9 (per il computo valgono i criteri individuati nella circolare INPS n. 22/2007) l’aliquota complessiva a loro carico è ridotta per i primi due anni rispettivamente all’1,5% ed al 3%, restando fermo il livello del 10% per i periodi contributivi maturati dopo il secondo anno.
Sulla scorta della previsione contenuta nell’art. 2, comma 36, della legge n. 92/2012 e dei chiarimenti intervenuti attraverso l’INPS con la circolare n. 128/2012 la contribuzione di riferimento è stata maggiorata, dal 1° gennaio 2013, dell’1,31% a cui si aggiunge lo 0,30% previsto dalla legge n. 845/1978 a favore dei fondi interprofessionali.
Al termine del periodo formativo dell’apprendistato (ma le ore di integrazione salariale, anche COVID, vanno recuperate ai sensi dell’art. 2, comma 4, del D.L.vo n. 148/2015) la cui durata è del tutto analoga a quella prevista per i giovani, non c’è, però, la possibilità per le parti di recedere dal rapporto esercitando la previsione dell’art. 2118 c.c.. In caso di prosecuzione non c’è l’ulteriore agevolazione della contribuzione ridotta al 10% che, invece, sussiste dopo il “consolidamento” del rapporto dei giovani.
La contribuzione dell’apprendistato è “propria” e non agevolata come ebbe a dire il Ministero del Lavoro con la circolare n. 5/2008: da ciò discende che non viene richiesto il rispetto sia dell’art. 1, comma 1175 della legge n. 296/2006 che dell’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015.
C’è, poi, un altro vantaggio che posso definire di natura economica, ossia la possibilità (non l’obbligo) di retribuire il lavoratore fino a due livelli in meno rispetto a quello finale o in percentuale se il CCNL prevede tale forma di corresponsione (da ultimo, il nuovo contratto collettivo dell’industria metalmeccanica, del quale è stata siglata l’ipotesi di accordo il 5 febbraio u.s.).
Un beneficio indiretto può, inoltre, arrivare ai datori di lavoro che assumono con tale tipologia contrattuale dalla previsione contenuta nel comma 3 dell’art. 47 del D.L.vo n. 81/2015: per tutta la durata del periodo formativo non sussiste alcuna computabilità, salvo specifica indicazione diversa, per istituti previsti dalla legge o dal contratto collettivo.