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Brexit: dalle nuove autorizzazioni ai maggiori oneri per le imprese. Cosa cambia

A seguito della Brexit, gli operatori economici che effettuano operazioni transnazionali devono considerare le conseguenze determinate dal mutato quadro relativo alle autorizzazioni e dichiarazioni doganali. I soggetti stabiliti nell’UE possono avere necessità di autorizzazioni per effettuare operazioni che, in precedenza, potevano essere effettuate senza particolari formalità, quali operazioni intraunionali. Diversa è, invece, la situazione dei soggetti stabiliti nel Regno Unito, la cui operatività nell’UE è ora soggetta a maggiori limitazioni che, di contro, possono comportare maggiori oneri per le imprese nazionali laddove si intenda continuare ad operare con i medesimi flussi del passato.

Con l’uscita del Regno Unito dalla UE, nell’analizzare le diverse regole fiscali, in particolare IVA e doganali, alle quali sono soggette le operazioni transnazionali, occorre considerare anche le conseguenze determinate dal mutato quadro relativo alle autorizzazioni e dichiarazioni doganali, sia per i soggetti stabiliti nella UE che per i soggetti stabiliti nel Regno Unito.

I soggetti persone giuridiche stabiliti nell’UE, ai fini doganali, sono i soggetti che hanno “la propria sede statutaria, l’amministrazione centrale o una stabile organizzazione del territorio doganale dell’Unione”, intendendosi per stabile organizzazione una “sede fissa d'affari in cui sono presenti in modo permanente le necessarie risorse umane e tecniche e attraverso la quale vengono espletate in tutto o in parte le operazioni doganali di una persona”. Quindi anche i soggetti stabiliti nel Regno Unito che operano tramite una stabile organizzazione in UE sono considerati soggetti stabiliti nell’UE ai fini doganali.

Per i soggetti stabiliti nell’UE e, in particolare, i soggetti stabiliti in Italia, nulla si è modificato nella loro posizione, sotto il profilo soggettivo, quindi continuano ad avere accesso a tutte le autorizzazioni - ferma restando la sussistenza di tutti i presupposti previsti dalla normativa unionale, primo fra tutti il Reg 952/2013 (CDU) - ma può essere mutato il perimetro di validità delle autorizzazioni esistenti ovvero di quelle che si è intenzionati a richiedere.

È ormai noto agli operatori nazionali che le autorizzazioni, licenze, certificazioni doganali devono essere riviste allo scopo di verificarne la validità ovvero la necessità di modifica o di rinnovo in modo da adeguarle alla nuova posizione del Regno Unito e dei soggetti ivi stabiliti quali paese e soggetti non appartenenti alla UE.

L’Agenzia delle Dogane con la circolare 49 del 30 dicembre 2020 ha confermato lo svolgimento degli interventi informatici finalizzati a sostituire automaticamente gli identificativi GB (Regno Unito) con gli identificativi XI (Irlanda del Nord), se il soggetto è ivi stabilito, ovvero alla loro cancellazione dal sistema delle Customs Decisions (CDS).

Tuttavia, i soggetti stabiliti nell’UE possono avere necessità di autorizzazioni per effettuare operazioni che, in precedenza, potevano essere effettuate senza particolari formalità, quali operazioni intraunionali.

È il caso, ad esempio, del trasferimento di beni per riparazioni o lavorazioni nel o dal Regno Unito. L’operatore nazionale, se vorrà evitare di versare dazi e IVA sull’intero valore dei beni movimentati, dovrà richiedere autorizzazione al perfezionamento passivo o attivo tramite il Customs Decisions System (CDS).

Gli operatori nazionali dovranno tenere anche presente che le autorizzazioni doganali sono in genere condizionate alla presentazione di garanzia, a meno che non sussistano i requisiti per l’esonero o la riduzione.

Nel caso in cui l’operazione debba essere effettuata prima di poter richiedere la necessaria autorizzazione, l’operatore potrà ugualmente trasferire i beni e regolarizzare successivamente l’operazione richiedendo un’autorizzazione con effetto retroattivo ai sensi dell’art. 211 del CDU, sempre che ricorrano le condizioni elencate dalla norma.

Completamente diversa è invece la situazione dei soggetti stabiliti nel Regno Unito, la cui operatività nell’UE è ora soggetta a maggiori limitazioni che, di contro, possono comportare maggiori oneri per le imprese locali laddove si intenda continuare ad operare con i medesimi flussi del passato.

Va infatti considerato che il mondo delle dogane, con il quale a partire dal 1° gennaio 2021 devono confrontarsi i soggetti che effettuano operazioni transfrontaliere che coinvolgono il Regno Unito o soggetti ivi stabiliti, ai fini delle autorizzazioni doganali, differenzia i soggetti stabiliti nell’UE da quelli non stabiliti dato che vari regimi e benefici sono soggetti ad autorizzazione concessa solo ai soggetti stabiliti nell’UE.

Una delle ipotesi più rilevanti per alcuni settori, è appunto il perfezionamento che potrà essere richiesto dal soggetto stabilito nel Regno Unito solo a titolo occasionale e sarà autorizzato se le autorità doganali lo ritengano giustificato, come dispone l’art. 170 del CDU. Le imprese nazionali, quindi, potrebbero trovarsi nella necessità di richiedere il perfezionamento attivo per beni che vengono loro inviati per riparazione o trasformazione, dovendo gestire il procedimento e le relative garanzie.

Tra le limitazioni, di una certa rilevanza, in particolare sotto il profilo commerciale, che interessano i soggetti stabiliti nel Regno Unito vi è l’impossibilità di operare quale dichiarante in dogana.

L’art. 170 CDU dispone espressamente che il dichiarante deve essere stabilito nel territorio doganale dell'Unione. Quindi il soggetto stabilito nel Regno Unito non può operare quale dichiarante in dogana nelle operazioni di importazione e di esportazione.

Ne deriva che il soggetto stabilito nel Regno Unito che volesse effettuare importazioni in Italia dovrà avvalersi di un rappresentante doganale indiretto (che, a sua volta, deve essere stabilito nella UE), ovvero di un soggetto che operi quale dichiarante in dogana in nome proprio e per conto del soggetto stabilito nel Regno Unito. Con tutte le conseguenze del caso in materia di responsabilità: il rappresentante indiretto, in quanto soggetto che opera in nome proprio è responsabile in solido con il soggetto rappresentato per quanto riguarda la fiscalità doganale.

Non è una questione di poco conto, soprattutto sotto il profilo commerciale. In molti casi è la società italiana ad operare quale importatore e dichiarante in dogana, ma in tutti quei casi in cui il soggetto stabilito nel Regno Unito vuole o deve operare quale importatore (ad esempio perché importa merci proprie, non ancora cedute) deve avvalersi di un rappresentante doganale indiretto.

Lo stesso vale per le esportazioni, ragione per cui nella maggior parte dei casi è il cedente nazionale ad agire quale dichiarante all’esportazione.

Vi sono delle eccezioni, previste dallo stesso articolo 170 del CDU, ma sono limitate ad alcune ipotesi tassative quali le dichiarazioni di transito e di ammissione temporanea ovvero dichiarazioni a titolo occasionale anche ai fini dell’”uso finale” o del perfezionamento attivo, purchè le autorità lo ritengano giustificato.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/impresa/commercio-internazionale/quotidiano/2021/03/03/brexit-nuove-autorizzazioni-maggiori-oneri-imprese-cambia

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