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Archivio newsContratto di espansione e scivoli pensionistici: costi aziendali difficili da determinare
Via libera agli scivoli pensionistici per le aziende che stipulano nel 2021 il contratto di espansione. L’INPS, con la circolare n. 48 del 2021, ha fornito le istruzioni per l’applicazione delle novità della legge di Bilancio 2021. Ai lavoratori che volontariamente risolvono il rapporto di lavoro e si trovano a non più di 60 mesi dalla prima decorrenza per la pensione, di vecchiaia o anticipata, il datore di lavoro è tenuto a versare una indennità mensile di accompagnamento, commisurata all’assegno pensionistico lordo maturato al momento della cessazione. Quali sono le criticità per le imprese?
Con la circolare 48 del 24 marzo 2021, l’INPS ha illustrato le disposizioni in materia di indennità mensile erogabile in favore di dipendenti di imprese che abbiano sottoscritto un contratto di espansione e che risolvano il rapporto di lavoro trovandosi a non più di 60 mesi (5 anni) di distanza dalla prima decorrenza utile per il pensionamento di vecchiaia o, nel caso in cui decora prima, anticipato.
La legge di Bilancio 2021 (legge n. 178/2021), con il comma 349 dell’articolo 1, ha apportato modifiche all’articolo 41 del decreto legislativo n. 148/2015 come sostituito dall’articolo 26-quater del decreto-legge n. 34/2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 58/2019. In base alla nuova formulazione della normativa, dunque, viene estesa al 2021 la facoltà per aziende con organico lavorativo superiore alle 1.000 unità di avviare una procedura di consultazione per giungere alla stipula in sede governativa di un contratto di espansione con il Ministero del Lavoro e le associazioni sindacali più rappresentative (a livello aziendale o nazionale). Esclusivamente per il 2021, il limite minimo di unità lavorative viene ridotto a 500 (per la sola CIGS) e a 250 in caso di accordi che siano finalizzati al prepensionamento.
Il nuovo comma 5-bis dell’articolo 41 del decreto legislativo n. 148/2015, introdotto dall’ultima legge di Bilancio, prevede, in favore dei lavoratori che distino non più di 5 anni dalla prima decorrenza utile della pensione, che sia di vecchiaia o anticipata, il riconoscimento da parte del datore di lavoro, per tutta la durata del periodo di prepensionamento, a valle della risoluzione del rapporto di lavoro, di un’indennità mensile commisurata all’assegno pensionistico lordo maturato al momento della cessazione così come calcolato da INPS.
Il processo di adesione al prepensionamento mediante contratti di espansione 2021 si basa su degli accordi di non opposizione con consenso esplicito e in forma scritta da parte del lavoratore.
Laddove la prima decorrenza utile sia quella del pensionamento anticipato, in aggiunta all’indennità mensile, il datore di lavoro dovrà versare la contribuzione correlata. La previsione normativa del nuovo comma 5-bis stabilisce anche che, per l’intero periodo di spettanza della NASpI, pari al massimo a 24 mesi, in favore del datore di lavoro viene riconosciuta una riduzione dei costi pari al valore lordo della NASpI (al netto della riduzione del 3% decorrente dal quarto mese). In aggiunta, nel caso di scivolo verso la pensione anticipata, il versamento della contribuzione correlata viene ridotto di un importo equivalente alla contribuzione figurativa calcolata secondo quanto specificato da INPS con la circolare 94/2015.
Il comma 5-bis prevede che il datore di lavoro dovrà inviare domanda di accesso all’esodo unitamente ad una fideiussione bancaria, mentre il prepensionamento potrà essere attivato anche ricorrendo ai fondi di solidarietà bilaterali (come quello delle assicurazioni o del credito), già costituiti o in corso di costituzione, senza che sia necessario apportare modifiche agli atti istitutivi.
Infine, come chiarito dall’Istituto, in virtù di un’interpretazione teleologica, deve ritenersi applicabile anche al prepensionamento ex articolo 5-bis quanto previsto dal comma 9 dell’articolo 41 del decreto legislativo n. 148/2015 il quale pone una clausola di garanzia per i lavoratori coinvolti nel prepensionamento per contratto di espansione secondo la quale eventuali aggiornamenti normativi successivi non potranno in ogni caso apportare modifiche ai requisiti per conseguire il diritto a pensione in vigore al momento dell’adesione a questa forma di prepensionamento.
Il Legislatore, come già indicato nella previgente previsione normativa, non ha consentito ai lavoratori potenzialmente fruitori dello scivolo quinquennale di ricorrere al cumulo gratuito di periodi contributivi maturati in differenti gestioni previdenziali, come modificato dalla Legge n. 232/2016.
Questo aspetto può inficiare l’utilizzo del prepensionamento per contratto di espansione da parte di datori di lavoro di grandi dimensioni, come le aziende appartenenti ai settori telefonici, elettrici e postali i cui dipendenti, nella maggioranza dei casi, hanno posizioni assicurative frammentate tra il Fondo Pensione dei Lavoratori Dipendenti e i Fondi Speciali afferenti ai settori sopra citati.
La stessa criticità coinvolge i lavoratori che abbiano maturato contribuzione nella gestione dei dipendenti pubblici ex-Inpdap e che siano poi passati alle dipendenze di datori di lavoro privati. I lavoratori coinvolti, volendo raggiungere i requisiti contributivi necessari per aderire al prepensionamento quinquennale, distando più di 5 anni dal pensionamento di vecchiaia, si troveranno, dunque, costretti a ricorrere allo strumento della ricongiunzione contributiva onerosa prevista dalla Legge n. 29/1979 grazie alla quale, a seguito del pagamento di un onere, potranno trasferire diversi periodi contributivi verso un’unica gestione.
Ulteriore punto di attenzione attiene ai costi che il datore di lavoro dovrà sostenere nel corso dello scivolo quinquennale a valle della sottoscrizione del contratto di espansione.
L’indennità mensile da riconoscere per tutta la durata del prepensionamento, entro un massimo di 5 anni, dalla cessazione fino all’accesso a pensione del lavoratore, corrisponde, come precedentemente indicato, all’importo lordo del trattamento pensionistico del lavoratore maturato dallo stesso al momento della cessazione del rapporto di lavoro, calcolato da INPS sulla base delle disposizioni in vigore in ciascuna forma previdenziale. A tale fine, eventuali benefici pensionistici previsti da specifiche disposizioni legislative, come, per esempio, la maggiorazione del periodo di servizio effettivamente svolto da soggetti portatori di handicap superiore al 74%, devono essere tenuti in considerazione non solo ai fini del diritto, ma anche per la misura dell’assegno di pensione.
Va anche tenuto conto che, per il calcolo della quota contributiva della pensione, il coefficiente di trasformazione da applicare è quello relativo all’età del lavoratore alla data di decorrenza dell’indennità mensile. Infine, qualora il perfezionamento del diritto al conseguimento della pensione sia contestuale in due o più forme previdenziali, la misura dell’indennità corrisponderà all’importo più elevato tra quelli mensili maturati dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Per il datore di lavoro, quindi, sarà, nei fatti, molto difficoltoso riuscire a ipotizzare quello che sarà il trattamento pensionistico maturato dai lavoratorida porre in prepensionamento al momento della risoluzione del rapporto di lavoro e che dovrà essere loro riconosciuto mensilmente sotto forma di indennità. In questo modo, risulterà difficile anche ipotizzare quali saranno i costi da sostenere per attuare il prepensionamento quinquennale e dunque valutare l’impatto economico della sottoscrizione di un contratto di espansione.