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Archivio newsAccordi collettivi di incentivazione all’esodo: quali vantaggi rispetto ai licenziamenti collettivi?
Il decreto Sostegni ha prorogato il divieto generalizzato dei licenziamenti fino al prossimo 30 giugno mentre dal 1° luglio al 31 ottobre 2021 il blocco riguarderà solo i datori di lavoro destinatari dell’assegno ordinario e della cassa integrazione guadagni in deroga. Molte aziende si interrogano sin da ora su come gestire le inevitabili eccedenze di personale al termine del periodo legale di sospensione dei recessi. In questa prospettiva è interessante operare un raffronto tra l’accordo collettivo di incentivazione all’esodo introdotto con la normativa emergenziale e i licenziamenti collettivi. Cosa emerge dal confronto?
Quando il blocco generalizzato dei licenziamenti (prorogato dal decreto Sostegni sino al 30 giugno 2021) cesserà, le aziende italiane saranno chiamate a gestire le significative, quanto inevitabili, eccedenze di personale.
In questa prospettiva, pare interessante operare un raffronto tra:
· gli accordi collettivi di incentivazione all’esodo introdotti dal Legislatore dell’emergenza con il decreto Agosto (D.L. n. 104/2020), allo stato prorogati: sino al 30 giugno 2021 per la generalità dei datori di lavoro e sino al 31 ottobre 2021, per il datori di lavoro di cui all’art. 8, co. 2-8, del D.L. 41/21, vale a dire per i datori di lavoro destinatari degli ammortizzatori sociali Covid-19 (assegno ordinario – ASO, e cassa integrazione guadagni in deroga – CIGD), ai quali, nel medesimo periodo (1° luglio – 31 ottobre 2021) resta preclusa la possibilità di effettuare licenziamenti di natura economica (individuali o collettivi);
· i licenziamenti collettivi di cui agli artt. 4, 5 e 24 della L. n. 223/1991 (allo stato sospesi), che, sino alla introduzione degli accordi di cui sopra, hanno rappresentato lo strumento principe per agevolare l’uscita dal lavoro dei dipendenti eccedenti.
Il licenziamento collettivo è un istituto complesso che contempera due fattispecie, quella del licenziamento collettivo per messa in mobilità e quello del licenziamento collettivo per riduzione del personale, disciplinate rispettivamente agli artt. 4 e 24 della L. n. 223/1991, accumunate dalla necessità di attivazione della procedura di mobilità (artt. 4, co. 2 e ss e 5 della L. n. 223/1991).
Concentrando l’analisi sull’istituto del licenziamento collettivo per riduzione del personale (per affinità con gli accordi di cui al decreto Agosto), le considerazioni che seguono valgono ad evidenziare la complessità e l’aggravio di costi che comporta siffatta procedura rispetto a quella prevista dalla decretazione d’urgenza con riferimento agli accordi collettivi di incentivazione all’esodo.
Il licenziamento collettivo per riduzione del personale, infatti, deve essere sorretto:
· da una causale rappresentata dall’insieme delle ragioni giustificatrici che sorreggono la procedura di licenziamento collettivo (l’art. 24, L. n. 223/1991 prevede che la procedura sia attivata “in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro”);
· da un duplice requisito numerico, trovando applicazione alle “imprese che occupino più di quindici dipendenti” che intendono effettuare almeno “5 licenziamenti”;
· da un requisito spazio/temporale, disponendo l’art. 24, L. 223/1991 l’estensione dell’obbligo della c.d. procedura di mobilità di cui all’art. 4 alle imprese che intendono licenziare almeno 5 dipendenti “nell’arco di centoventi giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa provincia”.
Non senza considerare che, tra il momento in cui matura la decisione imprenditoriale di procedere al licenziamento collettivo, ed il momento dell’effettiva cessazione del rapporto di lavoro, è necessario esperire c.d. procedura di mobilità (artt. 4, co. 2-12 e 5, co. 1-2- L. n. 223/1991), la cui durata, ove la mobilità venga esperita nella sua interezza, è pari a ben 75 giorni, durante i quali i costi del personale restano a carico del datore di lavoro.
La procedura di mobilità - che si apre con una comunicazione obbligatoria e dal contenuto tassativo del datore di lavoro (cfr. art. 4, co. 3) alle rappresentanze sindacali aziendali costituite ai sensi dell’art. 19 St. Lav. (o in mancanza alle RSU) e alle rispettive associazioni di categoria - può articolarsi in due fasi: una, eventuale e preliminare, che viene definita sindacale; e l’altra, subordinata all’esito negativo della prima, di natura amministrativa.
La prima fase può aver luogo ad impulso sindacale entro 7 giorni dalla ricezione della comunicazione datoriale e si sostanzia in un esame congiunto, che non può durare più di 45 giorni, al fine di trovare un accordo sindacale che può prevedere anche l’uscita incentivata di alcune categorie di lavoratori (si tratta della c.d. mobilità volontaria o dei c.d. licenziamenti collettivi con criterio non oppositivo, che ricordano, fatta eccezione che per il complesso iter sopra accennato, proprio la fattispecie degli accordi di incentivazione all’esodo della normativa emergenziale).
L’esito della consultazione, sia positivo che negativo, deve essere comunicato per iscritto alle associazioni sindacali dei lavoratori e alla Direzione territoriale del lavoro (ITL), con l’indicazione dell’eventuale esito negativo, a seguito del quale, su impulso di quest’ultima, può aprirsi un’ulteriore fase conciliativa, in cui l’amministrazione coinvolta può, a sua volta, formulare eventuali ulteriori proposte. Questa ulteriore fase della procedura (eventuale e amministrativa), deve esaurirsi entro 30 giorni dalla comunicazione del mancato accordo.
I costi del personale per tutta la durata della predetta procedura restano a carico del datore di lavoro.
Venendo ora all’esame degli accordi collettivi di incentivazione all’esodo con accesso alla NASpI confermati anche dal decreto Sostegni (D.L. 22 marzo 2021, n. 41), essi - specie se raffrontati alla “ciclopica” (in termini di soggetti coinvolti, di tempi e di costi) procedura dei licenziamenti collettivi sopra tratteggiata - si presentano come un’occasione colta dal legislatore di individuare uno strumento di gestione degli esuberi più snello e performante, che possa - questo è l’auspicio di chi scrive - essere fruibile anche una volta cessato il blocco dei licenziamenti o, quantomeno, rappresentare una tavola preparatoria da cui partire per una riforma dei licenziamenti collettivi.
Per vero, per gli accordi collettivi aziendali di cui al decreto Agosto di incentivo alla risoluzione del rapporto:
· non sono stati previsti, dal punto di vista soggettivo, limiti di applicazione, né con riferimento ai datori di lavoro né con riferimento ai lavoratori, potendo essere sottoscritti da qualsivoglia datore di lavoro ed inerire a qualsivoglia categoria di lavoratore;
· non sono stati posti obblighi, dal punto di vista procedurale, di rispettare particolari condizioni, essendo sufficiente la compresenza da un lato di un accordo collettivo aziendale tra datore di lavoro e di anche una sola delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (messaggio INPS n. 689/2021) e, dall’altro, di un atto individuale del lavoratore di “adesione” all’accordo aziendale di incentivo alla risoluzione;
· consentono, alle parti (lavoratori e datore di lavoro) che vi aderiscono liberamente, di risolvere consensualmente il rapporto di lavoro, con diritto del lavoratore di accedere al trattamento NASpI.
All’esito del raffronto tra la fattispecie degli accordi collettivi di incentivazione di cui al decreto Agosto (D.L. 104/2020) e quella dei licenziamenti collettivi di cui alla L. 223/1991 appare evidente, a parere di chi scrive, che attraverso i primi il legislatore dell’emergenza ha dato vita ad uno strumento più agile e più adeguato alla gestione degli esuberi occupazionali rispetto agli strumenti preesistenti.
L’auspicio è che il nuovo strumento di incentivazione all’esodo (D.L. 104/2020), possa costituire la tavola preparatoria per una riforma organica dei licenziamenti collettivi, ispirata a principi di maggiore flessibilità e semplificazione di cui il mondo del lavoro, soprattutto post Covid-19, che certamente necessiterà.