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Archivio newsClassificazione doganale delle merci: come ottenere il rimborso dei dazi pagati in eccesso
Gli operatori economici devono conoscere gli strumenti per effettuare una corretta classificazione doganale dei beni, al fine di prevenire eventuali contestazioni da parte delle autorità competenti. Una errata classificazione doganale potrebbe, infatti, determinare l’applicazione di una più elevata aliquota del dazio doganale rispetto a quella effettivamente dovuta. Nel caso la classificazione dichiarata debba essere rettificata, per cercare di ottenere il rimborso o dei dazi doganali pagati in eccesso, gli operatori possono fare ricorso ai regolamenti di classificazione che rappresentano l’unico strumento, in via eccezionale, che può dispiegare effetti retroattivi e vincolanti anche per il passato. La richiesta di rimborso dovrà essere presentata alle autorità doganali tramite apposita istanza entro tre anni dalla data di notifica dell’obbligazione doganale.
Il processo di globalizzazione economica degli ultimi decenni ha imposto la necessità, a livello internazionale e locale, di regolamentare sempre più nel dettaglio gli aspetti che afferiscono al commercio internazionale delle merci e, più in particolare, alla classificazione doganale delle stesse.
Gli strumenti ad oggi a disposizione per consentire una corretta codificazione doganale dei beni sono numerosi e gli operatori economici devono necessariamente essere informati sulle modalità di accesso a tali istituti e sui loro effetti, al fine di evitare contestazioni da parte delle autorità doganali ed essere altresì consapevoli dei propri diritti.
In primo luogo, una corretta classificazione doganale delle merci rappresenta uno strumento di tutela per l’impresa - potremmo dire di tax compliance - finalizzato a prevenire eventuali contestazioni da parte delle autorità competenti; allo stesso tempo, tuttavia, una corretta classificazione doganale delle merci rappresenta uno strumento di pianificazione economica o finanziaria finalizzato, nel rispetto della normativa, a minimizzare l’imposizione doganale.
L’errata classificazione doganale di un prodotto potrebbe, infatti, determinare l’applicazione di una più elevata aliquota del dazio doganale rispetto a quella effettivamente dovuta, con relativo incremento del prezzo al consumo e conseguente maggiore difficoltà di accesso al mercato.
In via preliminare, giova premettere come l’operatore economico nell’individuazione del codice di classificazione appropriato da attribuire a uno specifico prodotto possa beneficiare di diverse regole e strumenti.
L’allegato I del regolamento (CEE) no. 2658/1987 (regolamento TARIC) prevede infatti sei principi che costituiscono le “Regole generali di interpretazione” attraverso le quali deve essere letto il medesimo allegato.
Inoltre, per meglio comprendere il contenuto delle voci, sottovoci e delle note che compongono il sistema classificatorio, l’operatore economico può avvalersi di diverse tipologie di fonti di soft law (quali le Note Esplicative al Sistema Armonizzato pubblicate dall’Organizzazione Mondiale del Commercio) nonché del supporto di veri e propri strumenti normativi.
Con riferimento a questi ultimi strumenti, si segnala in particolare che il legislatore unionale interviene ogni anno pubblicando plurimi regolamenti di esecuzione (regolamenti di classifica) che, a differenza delle note esplicative, sono atti normativi legalmente vincolanti, per effetto dei quali viene definito, individualmente o per gruppi, l’esatto codice di nomenclatura da attribuire a uno o più prodotti, per i quali, nel corso dell’anno, è emersa una oggettiva difficoltà classificatoria.
Le regole e i documenti normativi e di prassi oggi disponibili non sono sempre sufficienti per gli operatori economici, i quali a volte, per diverse ragioni possono faticare a individuare con assoluta certezza il codice di classificazione più appropriato.
Pertanto, con l’intento deflattivo di evitare l’insorgere di eventuali controversie dovute a una errata classificazione, il legislatore europeo ha concesso agli operatori economici la possibilità di ottenere un parere vincolante da parte delle autorità doganali, avvalendosi dell’istituto dell’Informazione tariffaria vincolante (di seguito ITV), disciplinato dall’art. 33 del CDU e dagli artt. 19 e 20 del regolamento delegato (UE) n. 2446/2015 nonché dagli artt. 16 e 17 del regolamento di esecuzione n. 2447/2015.
Le richieste per il rilascio di una ITV possono essere avanzate da qualsiasi operatore economico unionale che effettua operazioni aventi rilevanza doganale. Le decisioni, ove ammissibili, sono adottate dall’autorità entro 120 giorni dalla data di presentazione dell’apposita istanza e hanno una validità triennale dal giorno della loro emissione (non dispiegando dunque effetti retroattivi).
Ebbene, definire l’irretroattività dell’efficacia di una ITV è, come si vedrà, un elemento chiave al fine di predeterminare quelle che sono le aspettative e i diritti degli operatori economici nonché i poteri accertativi delle autorità doganali.
Con riferimento alle fonti della classificazione doganale, è opportuno precisare che l’unico strumento che, al ricorrere di precise condizioni (e dunque in via eccezionale), può dispiegare effetti retroattivi è il già citato “regolamento di classifica”, in forza della sua natura di legge e, dunque, del suo potere di esprimere, in alcuni casi, effetti vincolanti anche per il passato.
Questa retroattività “parziale” (o eccezionale) dei regolamenti di classifica può determinare in capo all’operatore economico, come si vedrà, il diritto al rimborso dei dazi indebitamente pagati, anche in deroga all’irretroattività sancita dal citato art. 34 del CDU.
Invero, la Corte di Giustizia UE ha a più riprese sancito la generale non retroattività anche dei regolamenti di classifica; ciò a garanzia del principio di certezza del diritto nonché del legittimo affidamento (e a prescindere dalle conseguenze favorevoli o sfavorevoli che il regolamento potrebbe avere per l’interessato).
In particolare, nella sentenza 17 luglio 2014, C-472/12, i giudici comunitari hanno ribadito che “il principio della certezza del diritto osta a che un regolamento venga applicato retroattivamente, e ciò a prescindere dalle conseguenze favorevoli o sfavorevoli che una siffatta applicazione potrebbe avere per l’interessato” (v., in tal senso, sentenze Siemers, 30/71, EU:C:1971:111, punto 8; Gervais‑Danone, 77/71, EU:C:1971:129, punto 8, e Biegi, 158/78, EU:C:1979:87, punto 11)”; tuttavia, la medesima Corte, in una precedente sentenza del 18 aprile 2002 ha altresì posto un limite eccezionale all’irretroattività dei suddetti regolamenti, laddove “vi siano indizi sufficientemente chiari, vuoi nella sua lettera, vuoi nei suoi obiettivi, i quali consentano di concludere che il regolamento non disponga esclusivamente per l’avvenire” (sentenza Duchon, C‑290/00, EU:C:2002:234, punto 21).
Ebbene, la Commissione europea ha chiarito nel documento di lavoro TAXUD/741/2003 del 4 luglio 2007 le condizioni a cui è subordinata un’eccezionale efficacia retroattiva dei regolamenti di classificazione.
Nello specifico, il citato documento TAXUD, seppur con riferimento alla previgente normativa (Reg. CEE 2913/1992), ha precisato che i regolamenti che determinano la classificazione corretta, utilizzando o interpretando criteri esistenti, possono avere efficacia retroattiva ogniqualvolta hanno l’effetto di precisare il contenuto di voci doganali già esistenti.
A tal proposito, la Commissione opera, dunque, una distinzione tra regolamenti di classificazione normativi (che precisano requisiti complementari per classificare un prodotto con un determinato codice NC) e regolamenti interpretativi.
Con riferimento a quest’ultima tipologia, infatti, il documento citato precisa che, se l’effetto tariffario che si raggiunge si sarebbe già potuto ottenere anche mediante un’attenta applicazione delle norme preesistenti, non si potrebbe negare efficacia retroattiva al regolamento medesimo, che, nella sostanza, perde il suo carattere formalmente innovativo per assumere una valenza puramente interpretativa.
In altri termini, ogniqualvolta i principi che conducono alla classificazione tariffaria adottata in un nuovo regolamento di classifica interpretativo erano già applicabili in passato, i medesimi possono essere invocati da un operatore economico in relazione alle importazioni che hanno generato un’obbligazione doganale anteriormente alla sua adozione, nonostante il soggetto sia titolare di un’ITV che differisca dal provvedimento normativo, determinando un’aliquota daziaria più elevata. |
Ebbene, sul piano operativo, i regolamenti interpretativi potrebbero rappresentare un’opportunità ulteriore per l’operatore di ottenere l’eventuale rimborso o addirittura lo sgravio dei dazi doganali pagati in eccesso ai sensi dell’art. 116 del CDU.
A tal proposito, è infatti la medesima Commissione, tramite il già citato provvedimento TAXUD/741/2003 a chiarire che “l’approccio considerato adeguato a seguito di una sentenza della CGCE o del Tribunale di primo grado (TPG) dovrebbe essere altresì applicabile a seguito dell'entrata in vigore di un regolamento di classificazione”, divenendo quindi possibile “il rimborso o lo sgravio dei dazi doganali, su richiesta del debitore o su iniziativa delle autorità doganali” qualora sulla base di un regolamento interpretativo sia evidente che l’operatore economico, facendo applicazione di un errato codice di classificazione doganale, abbia pagato dazi doganali in eccesso a quelli dovuti.
Tale richiesta di rimborso dovrà, tuttavia, essere presentata alle autorità doganali tramite apposita istanza entro il termine perentorio di tre anni (dalla data di notifica dell’obbligazione doganale) previsto dall’art. 121 del CDU nelle ipotesi di “di importi di dazi all'importazione o all'esportazione applicati in eccesso”.