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Archivio newsSmart working e prospettive di riforma: cosa serve realmente alle imprese
Il prossimo 30 aprile è l’ultimo giorno utile per ricorrere allo smart working con regole semplificate. Da maggio, per attivare il lavoro agile, non sarà più sufficiente un atto unilaterale dell’impresa ma occorrerà un accordo individuale sottoscritto da datore di lavoro e lavoratore. Le imprese chiedono una proroga della procedura emergenziale e, in particolare, della possibilità di non stipulare l’accordo con il lavoratore, per evitare ulteriori aggravi burocratici. Ma l'accordo è davvero una complicazione? O invece potrebbe rappresentare un’ancora di salvezza in caso di eventuali contenziosi?
Alla fine di aprile scadrà l’ulteriore proroga, prevista dal legislatore, per lo smart-working emergenziale che prevede la possibilità, per le aziende, di utilizzare il lavoratore anche all’esterno dei locali aziendali, in modalità da remoto, con regole semplificate. Da maggio, per attivare il lavoro agile, non sarà più sufficiente un atto unilaterale dell’impresa ma occorrerà un accordo individuale sottoscritto da entrambe le parti (datore di lavoro e lavoratore).
Queste, ad oggi, le semplificazioni previste per il datore di lavoro, al fine di utilizzare l’istituto:
· invito unilaterale al lavoratore nello svolgere l’attività lavorativa a distanza, senza obbligo di stipulare un accordo individuale;
· invio dell’informativa sulla salute e sicurezza, prevista ai sensi dell’articolo 22, comma 1, della Legge n. 81/2017,
· comunicazione massiva al Ministero del lavoro, attraverso la procedura telematica di riferimento, dei nominativi dei lavoratori e della data di avvio e di conclusione della prestazione di lavoro in modalità agile. Detta comunicazione, così come chiarito dallo stesso Ministero del Lavoro in una FAQ presente sul proprio sito internet, potrà essere effettuata senza alcuna scadenza.
Semplificazioni che, da un lato, hanno favorito la sicurezza dei lavoratori attraverso un distanziamento sociale all’interno delle aziende e quindi una riduzione dei contagi (dato Inail) e, dall’altro, hanno avuto l’effetto di avvicinare il lavoro agile alle imprese di piccole dimensioni che, in condizioni normali, molto probabilmente, non avrebbero sperimentato questo strumento.
In queste ultime settimane, molti imprenditori hanno chiesto una proroga della procedura emergenziale e, in particolare, della possibilità di non stipulare un accordo individuale con il lavoratore, evidenziando il fatto che le aziende vogliono evitare ulteriori adempimenti burocratici in questo periodo emergenziale, nel quale sono impegnati su altri fronti: es. cassa integrazione e ripartenza delle produzioni.
Per quanto sia un fautore della semplificazione e dell’alleggerimento della burocrazia tra pubblica amministrazione ed aziende, ritengo che l'accordo individuale, da sottoscrivere con il lavoratore, non faccia parte di queste complicazioni ma che, viceversa, sia necessario per una condivisione delle regole applicate durante le giornate di lavoro agile.
L’assenza di regole condivise può ingenerare un contenzioso tra le parti, allorquando le aspettative produttive ovvero le direttive disposte dal datore di lavoro non vengono pienamente rispettate dal lavoratore.
Quando il legislatore parla di “Sicurezza sul lavoro” durante la prestazione da remoto (articolo 22, della Legge 81 del 2017), per quanto disponga, in capo al datore di lavoro, la responsabilità circa la salute e la sicurezza del lavoratore anche durante l’attività in modalità agile, stabilisce, altresì, che il lavoratore deve “cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all'esecuzione della prestazione all'esterno dei locali aziendali”. Ciò sta a significare che tutte le indicazioni fornite dal datore di lavoro dovranno essere recepite dal lavoratore, il quale dovrà contribuire alla loro realizzazione.
Prendiamo ad esempio, le prescrizioni riguardanti il luogo di lavoro dove potrà avvenire la prestazione lavorativa da remoto. Solo attraverso una piena condivisione delle indicazioni fornite dal datore di lavoro nell’accordo individuale e recepite dal lavoratore attraverso la firma presente nello stesso accordo, vi potrà essere un impegno di quest’ultimo circa il rispetto delle regole e la presa di responsabilità circa la cooperazione che dovrà fornire affinché quelle prescrizioni si realizzino. Parlo, ad esempio, dei requisiti minimi di idoneità dei locali privati, della conformità dell'impianto elettrico e di quello termico, della grandezza minima degli spazi e delle relative condizioni igienico/sanitarie, della ergonomicità della postazione lavorativa, ecc. Elementi che possono dar luogo ad infortuni sul lavoro.
Una seconda questione attiene alla possibile riforma che alcuni politici hanno paventato per rivedere le regole sul lavoro agile, evidenziando, in particolare, la necessità che vi siano norme più stringenti in materia di disconnessione dagli strumenti informatici.
Il termine “disconnessione” indica il diritto di un lavoratore a non utilizzare le apparecchiature in maniera continuativa durante l’intero arco della giornata, limitando così l’eventuale invasività del datore di lavoro nella vita privata dei propri collaboratori e delle loro famiglie.
Il disegno di legge di riforma del lavoro agile è arrivato in Senato alla fine di maggio dello scorso anno e prevede la delega al Governo “per il riordino della disciplina in materia di lavoro agile e l'introduzione del diritto alla disconnessione per il benessere psicofisico dei lavoratori e dei loro affetti”.
La ratio è proprio quella di arginare il potere di controllo del datore di lavoro, limitandolo al giusto orario e migliorando, così, il benessere psicofisico del lavoratore, attraverso il riconoscimento del diritto di disporre autonomamente del proprio tempo libero e pertanto il proprio diritto a non utilizzare le apparecchiature che lo connettono costantemente e senza soluzione di continuità alla sua prestazione lavorativa.
Viene, altresì, prevista una sanzione di natura penale in caso di violazione del diritto alla disconnessione, che dispone, in capo al datore di lavoro, la reclusione da 6 mesi a 4 anni. In particolare, la sanzione verrebbe applicata qualora, al di fuori delle fasce concordate di reperibilità ovvero di esecuzione della prestazione lavorativa, venga meno il diritto del lavoratore agile di disconnettersi dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche in proprio possesso, senza che questo possa comportare effetti negativi di natura disciplinare o decurtazioni retributive.
Questa, a mio avviso, è l’unica novità degna di nota nel disegno di legge delega al Governo di riforma del lavoro agile. Per quanto riguarda gli altri princìpi indicati nel DDL, essi riprendono quanto già previsto dalla Legge 81/2017, oggi operativa in materia di lavoro a distanza.
La preoccupazione è che il Governo recepisca i princìpi di riforma dello smart working disponendo regole rigide e lasciando meno flessibilità operativa alle parti; cosa che potrebbe essere interpretata negativamente dai datori di lavoro.
Sarebbe preferibile, più che una riforma del lavoro agile, un intervento mirato sugli elementi più controversi dell’istituto, a partire proprio dalla disconnessione dagli strumenti informatici.
In questo periodo emergenziale, lo smart working ha funzionato anche grazie alla semplicità di applicazione ed al fatto che vi fossero regole lineari e univocamente interpretabili senza la necessità di altro intervento se non quello deciso dalle parti nell’accordo individuale.
Il lavoro agile deve essere sorretto esclusivamente da specifici paletti disposti dal legislatore, che vadano ad indicare la strada per un accordo individuale che contenga i principali campi di applicazione del rapporto di lavoro a distanza: orario di lavoro, luogo di lavoro, interazioni e disconnessione dalla prestazione, obiettivi attesi, strumenti di lavoro e informativa sul loro utilizzo, modalità di impiego degli istituti contrattuali.
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