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Archivio newsCrisi d’impresa e tutela dei rapporti di lavoro: centrale il ruolo dei Consulenti del lavoro
Il prossimo 1° settembre diventa operativo il nuovo Codice della crisi d’impresa. Ai Consulenti del lavoro è attribuito un ruolo centrale. Secondo la riforma, possono essere nominati curatori, commissari giudiziali e liquidatori incaricati, nelle diverse procedure di liquidazione giudiziale, soprattutto della gestione dei rapporti di lavoro delle imprese in crisi. Il tema sarà al centro dei dibattiti della XII edizione del Festival del Lavoro, promossa dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e organizzata dalla Fondazione Studi, che si svolgerà dal 28 al 29 aprile 2021.
Crisi d’impresa e tutela dei rapporti di lavoro: il ruolo dei Consulenti del lavoro. É questo il tema al centro di uno dei confronti "virtuali" dell'aula del diritto del Festival del lavoro in programma il 28 aprile prossimo al quale parteciperanno Arturo Maresca, Docente di Diritto del Lavoro presso l’Università Sapienza di Roma e Andrea Maria Azzaro, Avvocato e Professore Ordinario di Diritto presso l’Università San Raffaele di Roma. Nuovo Codice della crisi d’impresa: funzioni e responsabilità dei Consulenti del lavoro Il 1° settembre 2021, salvo ulteriori proroghe, è prevista l’entrata in vigore del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. n. 14/2019, che vede tra i soggetti coinvolti i consulenti del lavoro. Un ruolo coerente, evidentemente, con gli scopi che ha inteso perseguire il legislatore nel disegnare la nuova disciplina in materia di crisi d’impresa e dell’insolvenza, che ha come finalità, da un lato, puntare sull’anticipazione degli effetti della crisi attraverso gli strumenti d’allerta al fine di permettere la continuità aziendale, obbiettivo principale della riforma, dall’altro, svolgere un’opera di armonizzazione delle procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza del datore di lavoro con le forme di tutela dell’occupazione e del reddito dei lavoratori. Il Consulente del lavoro, nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, risulta tra coloro che possono essere inseriti all’albo dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle diverse procedure di cui agli artt. 356 e 357 del D.Lgs. n. 14/2019. In particolare, l’art. 358 del Codice prevede che, con riferimento agli iscritti agli albi dei consulenti del lavoro, nella nomina a curatore, commissario giudiziale e liquidatore, l’autorità giudiziaria tiene conto dell’esistenza di rapporti di lavoro subordinato in atto al momento dell’apertura della liquidazione giudiziale, del deposito del decreto di ammissione al concordato preventivo o al momento della sua omologazione. La presenza di lavoratori viene dunque ritenuta meritevole del coinvolgimento di una figura professionale specializzata in materia di gestione delle risorse umane cui la riforma ha inteso rivolgersi. I consulenti del lavoro sono professionisti che potranno essere infatti utili alla gestione dei rapporti di lavoro delle imprese che si trovano coinvolti in una delle procedure previste dal Codice della crisi e dell’insolvenza. Liquidazione giudiziale: gestione dei rapporti di lavoro Una fase delicata e complessa è quella che va dalla sospensione al subentro nei rapporti di lavoro, così come di particolare rilevanza risulta quella di gestione degli esuberi e dei trasferimenti d’azienda. A tal fine, il Codice si occupa di stabilire espressamente e puntualmente le regole per la gestione dei rapporti di lavoro in caso di liquidazione giudiziale e in particolare: - condizioni per la prosecuzione dei rapporti di lavoro; - licenziamenti individuali; - licenziamenti collettivi; - diritti e prestazioni del lavoratore; - prosecuzione attività del debitore. Più in generale, però, si ricorda che tra gli elementi caratterizzanti della riforma spicca la soppressione del termine “fallimento” sostituito da “liquidazione giudiziale” e l’introduzione della definizione di “crisi” distinta da quella dell’”insolvenza”. La crisi viene definita quale stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate. La nozione d’insolvenza, invece, coincide con quella della Legge fallimentare e viene definita come lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti o altri fattori esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Crisi d’impresa: obiettivi della riforma La riforma prende le mosse dalla Raccomandazione dell’Unione Europea 2014/135/Ue del 14 marzo 2014, che prevedeva di “Consentire alle imprese sane in difficoltà finanziaria di ristrutturarsi in una fase precoce, per evitare l’insolvenza e proseguire l’attività”. Su tale indicazione si fonda la ratio della nuova disciplina, che, a differenza del passato, privilegia le azioni conservative all’extrema ratio della liquidazione giudiziale e quindi all’estinzione dell’impresa. Mediante la modifica di alcuni articoli del Codice civile sono state introdotte novità in merito agli assetti organizzativi dell’impresa e alla responsabilità degli amministratori. È stato anche previsto che al superamento di determinati parametri, la società si dovrà dotare dell’organo di controllo o di un revisore legale. Una novità assoluta, però, è certamente rappresentata dagli strumenti di allerta che permettono di anticipare gli effetti della crisi cercando di apportare dei correttivi al fine di permettere la continuità aziendale, obbiettivo principale della riforma. Strumenti di allerta della crisi Gli strumenti di allerta sono costituiti da obblighi di segnalazione cui sono chiamati gli organi di controllo societario (segnalazione interna) nonché i seguenti enti pubblici qualificati (segnalazione esterna): INPS, Agenzia delle Entrate e Agenzia della Riscossione. Se entro 90 giorni dall’avviso il debitore non ha regolarizzato o avviato una delle procedure di composizione della crisi, verrà inviata la segnalazione all’OCRI che è l’organismo di composizione della crisi di impresa costituito presso le Camere di Commercio. Esso ha il compito, oltre che ricevere le segnalazioni, di gestire le procedure di allerta e assistere l’imprenditore. La procedura, che deve essere confidenziale e svolta con riservatezza, ha una durata molto breve: il collegio convoca il debitore entro tre mesi dalla segnalazione con possibilità di proroga di ulteriori tre mesi, se ci sono segnali positivi per il componimento della crisi. Decorso tale periodo, in caso di esito negativo, lo stato di insolvenza deve essere comunicato al pubblico ministero che attiva la liquidazione giudiziale. Dopo l’audizione presso l’OCRI, il debitore può chiedere al Tribunale alcune misure protettive del patrimonio aziendale, quali: la sospensione delle azioni esecutive o cautelari e il differimento degli obblighi previsti dagli artt. 2446, 2447, 2482 bis e 2482 ter del Codice civile in tema di riduzione del capitale sociale per perdite, cause di scioglimento per riduzione o perdita del capitale sociale, al fine di condurre a termine le trattative con i creditori. In caso di probabile raggiungimento dell’accordo, il Tribunale può concedere un periodo di tre mesi prorogabile per altri sei mesi con attestazione del collegio OCRI. Tali misure possono essere revocate immediatamente, anche d’ufficio, in presenza di atti in frode nei confronti dei creditori, segnalazione del Collegio al Giudice dell’impossibilità di comporre la crisi e assenza di significativi progressi nelle misure adottate per superare la crisi. Al debitore tempestivo nell’affrontare la crisi verranno riconosciute delle misure premiali di natura concorsuale, fiscale e penale.
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