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Archivio newsSmart working: una soluzione win-win per i costi di connessione dei dipendenti
L’assunzione diretta da parte del datore di lavoro dei costi di connessione internet attraverso la fornitura al lavoratore in smart working di dispositivi mobili risolve brillantemente il problema del rimborso al dipendente. È una soluzione win-win: da un lato l’azienda aggira la difficoltà di effettuare un calcolo analitico dei risparmi ottenuti attraverso lo smart working, dall’altro il lavoratore evita l’attrazione a reddito imponibile del rimborso ottenuto. L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate (risposta a interpello n. 956-632/2021) è in linea con altre risposte a interpello (n. 314 e n. 328) che chiariscono come gestire il problema del rimborso dei costi sopportati dal lavoratore agile e il conseguente riflesso fiscale sul proprio reddito da lavoro.
Nel lavoro agile il dipendente non utilizza le strutture aziendali, intese come spazio fisico organizzato dal datore di lavoro e attrezzato con postazioni fisse comportante una serie di costi per l’azienda che vanno dal riscaldamento alla climatizzazione estiva, alle pulizie, alla connessione internet, ai costi di energia elettrica e di fornitura/sostituzione del mobilio. Rimborso rapportato al “risparmio” aziendale Nel caso prospettato all’Agenzia (Risposta n. 314 del 30 aprile 2021), il contribuente, partendo dal presupposto che tutti questi costi in capo all’azienda sono quantificabili con criteri oggettivi in una certa misura giornaliera, proponeva quale soluzione di rimborso al lavoratore la determinazione di un importo fisso giornaliero di entità inferiore al costo analiticamente “risparmiato” dall’azienda. L’Agenzia delle Entrate, prima di rispondere allo specifico quesito, afferma in via generale che solo le mere anticipazioni da parte del lavoratore di costi di interesse esclusivo del datore di lavoro possono costituire oggetto di rimborso escluso dalla base imponibile IRPEF del lavoratore; si tratta, ad esempio, dell’acquisto di una risma di carta per fotocopie o di piccoli beni strumentali per conto e nell’interesse esclusivo del datore di lavoro. Al di fuori di questi casi, occorre determinare con criteri oggettivi e analitici e documentalmente accertabili l’importo dei costi sostenuti dal dipendente nell’interesse esclusivo del datore di lavoro, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla formazione del reddito da lavoro dipendente. Infatti, l’Agenzia ricorda che, in via generale, il principio di onnicomprensività della retribuzione attrae nell’alveo della retribuzione imponibile tutte le somme determinate in via forfettaria, fatte salve le ipotesi tassativamente escluse dalla legge (ad esempio le indennità in relazione alle trasferte di lavoro). Nell’ipotesi prospettata, l’azienda istante individua il criterio per determinare la quota dei costi da rimborsare ai dipendenti in smart working sulla base dei costi risparmiati dalla società, che invece sono stati sostenuti dal dipendente. Tale criterio, secondo l’Agenzia, è corretto ai fini della determinazione della quota dei consumi “privati” sostenuti dal lavoratore nell’interesse esclusivo del datore di lavoro e, quindi, conclude per l’esclusione dalla base imponibile IRPEF delle somme erogate dalla società. Sul piano pratico, la soluzione prospettata non è priva di criticità, in quanto obbliga il datore di lavoro a distinguere analiticamente i costi che effettivamente si riducono per effetto dello smart working da quelli che restano invariati.
Esempiose le postazioni di lavoro rimangono nello stesso numero, come pure i relativi locali aziendali, è evidente che le spese generali, quelle di riscaldamento, quelle di climatizzazione e persino le tariffe di connessione telefonica e internet, ormai determinate in misura fissa, restano invariati. Se, al contrario, l’azienda decide in una prospettiva di stabile ricorso allo smart working di riorganizzare, riducendoli, i propri spazi e per l’effetto ottiene un’oggettiva e dimostrabile riduzione permanente dei costi, allora il criterio indicato potrà risultare senz’altro efficace, potendo essere comprovato dal raffronto dei costi ante e post variazione. Ma questo comporta un intervento strutturale di ripensamento del modello organizzativo che, ad esempio, preveda la riduzione del 50% degli spazi destinati ad ufficio, un sistema di prenotazione delle postazioni di lavoro da parte dei dipendenti per le giornate in presenza e l’applicazione di un rigoroso e omogeneo criterio di alternanza predefinita e concordata di lavoro da remoto e di lavoro in ufficio. |
AttenzioneCon specifico riferimento al lavoro agile, l’amministrazione finanziaria suggerisce, anche in questo caso, il metodo del raffronto tra spesa rimborsata al dipendente e costo risparmiato dal datore di lavoro, enunciando il seguente principio che, a questo punto, può ritenersi un preciso indirizzo: “al fine di non far concorrere il rimborso spese alla determinazione del reddito da lavoro dipendente occorre adottare un criterio analitico che permetta di determinare per ciascuna tipologia di spesa (quali ad esempio l’energia elettrica, la connessione a internet, etc.) la quota di costi risparmiati dalla società che, invece, sono statti sostenuti dal dipendente, in maniera tale da poter considerare la stessa quota (in valore assoluto) di costi rimborsati a tutti i dipendenti riferibile a consumi sostenuti nell’interesse esclusivo del datore di lavoro”. |
AttenzioneSecondo l’Agenzia “in relazione alla fattispecie in esame, il rimborso da parte del datore di lavoro non è relativo al solo costo riferibile all’esclusivo interesse del datore di lavoro, dal momento che l’istante rimborserebbe tutte le spese sostenute dal lavoratore per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione dati internet. Inoltre, si rileva che la relazione tra l’utilizzo della connessione internet e l’interesse del datore di lavoro è dubbio in quanto il contratto relativo al traffico dati non è scelto e stipulato dal datore di lavoro che, limitandosi a rimborsare i costi, rimarrebbe estraneo al rapporto negoziale instaurato con il gestore. Inoltre, si osserva che dalla descrizione della fattispecie non emerge l’importo del costo che verrebbe rimborsato dal datore di lavoro, consentendo, pertanto, al dipendente un pieno accesso a tutte le funzionalità oggi fruibili e offerte dalla tecnologia presente sul mercato”. |
Agenzia delle Entrate, risposta a interpello n. 956–632/2021