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Archivio newsLo smart working non è telelavoro. Come lavorare per obiettivi
Lo smart working, definito nel nostro ordinamento giuridico come lavoro agile, è diverso dal telelavoro. Lavoro agile e telelavoro hanno delle caratteristiche comuni, fondate su un modello organizzativo di tipo flessibile che, nel lavoro agile è basato sulla flessibilità spazio-temporale mentre nel telelavoro, essenzialmente, sulla flessibilità oraria. Lo smart working deve necessariamente essere agganciato al lavoro per obiettivi. Ed è proprio la corretta organizzazione del lavoro per obiettivi l’elemento di maggiore rilevanza pratica per il lavoro smart o “intelligente”. Cosa comporta nella pratica lavorare per obiettivi?
Smart working, propriamente vuol dire “lavoro intelligente”. Questo è il primo elemento sul quale iniziare una riflessione seria sulla rivoluzione in atto nell’organizzazione del lavoro. Quella vissuta durante l’ultimo anno e mezzo e quella che – prendiamone atto – ci accompagnerà nel futuro, potenzialmente anche nella Pubblica Amministrazione, quando sarà portato a termine quel rinnovamento tecnologico che è fondamentale per iniziare a ragionare in termini di produttività, efficienza e semplificazione dei processi. Obiettivo oggi prioritario in tutti i settori, ma a quanto consta ancora lontano nel settore pubblico, tanto da indurre il Ministro della Funzione Pubblica a riportare in questo ambito l’obbligatorietà del lavoro in presenza. Nel settore privato, invece, si sta consolidando il modello ibrido, ossia modalità di organizzazione del lavoro che prevedono di lavorare in parte in presenza e in parte in remoto. Ed è questo il fattore più importante di efficienza e produttività dello smart working inteso come “lavoro intelligente”. Quello che consentirà anche alla Pubblica Amministrazione di raggiungere in un futuro auspicabilmente prossimo quei livelli di produttività che oggi appaiono ancora così lontani. Perché, non dimentichiamolo, lo smart working non è telelavoro, ossia quella forma di lavoro da remoto domiciliare e praticamente continuo che si è sperimentato durante la pandemia. Smart working e telelavoro: le differenze Lo smart working, quello che nel nostro ordinamento giuridico è definito dal legislatore come lavoro agile, è diverso dal telelavoro. Lavoro agile e telelavoro hanno delle caratteristiche comuni, fondate su un modello organizzativo di tipo flessibile che, nel lavoro agile è basato sulla flessibilità spazio-temporale mentre nel telelavoro, essenzialmente, sulla flessibilità oraria. Tale modello organizzativo, deve necessariamente essere agganciato al lavoro per obiettivi, come è indicato in modo espresso nella disciplina del lavoro agile (art. 18, comma 1, legge n. 81/2017). Ed è proprio la corretta organizzazione del lavoro per obiettivi l’elemento di maggiore rilevanza pratica per il lavoro smart o “intelligente”. Lavoro per obiettivi che resta privo di significato se non accompagnato dalla valorizzazione di fattori che derivano dalle scienze comportamentali – collaborazione e capacità di delegare, self-management e gestione del tempo, attenzione al team e comunicazione - essenziali per gestire correttamente il lavoro proprio e in team, in presenza come in remoto. Ma anche la corretta gestione dei tempi di lavoro, senza la rigida applicazione dell’orario di lavoro normalmente praticato per il lavoro in sede. Questo consente di strutturare la giornata lavorativa – e le pause – in modo coerente con gli obiettivi di lavoro, con i momenti di concentrazione e di focus, indispensabili per assicurare efficienza e produttività, nel rispetto dei limiti massimi di durata della prestazione lavorativa che l’ordinamento giuridico pone sia per ragioni di sicurezza, sia con riferimento alla disciplina dello straordinario, non necessario proprio a fronte di una corretta organizzazione dei tempi di lavoro e della prestazione lavorativa. Tre fasi di produttività Rendersi attivi nella gestione del proprio tempo costituisce un requisito indispensabile per migliorare la propria produttività: ad esempio invece di rispondere ad ogni e-mail che arriva (atteggiamento reattivo), è più utile programmare blocchi di tempo durante la giornata per controllare e rispondere alle e-mail (atteggiamento proattivo). Oppure bloccare il tempo in agenda per attività che richiedono pensiero e concentrazione come la ricerca, la scrittura o il brainstorming. Infatti, per entrare nel giusto flusso di lavoro, ci vuole tempo e ciascuna interruzione non fa altro che disperdere concentrazione portando il cervello a dover ricominciare daccapo ad ogni interruzione. Anche l’ora del giorno in cui si lavora a certi tipi di compiti ha la sua influenza sulla produttività. Ma non è possibile in questo caso identificare regole uguali per tutti, poiché ogni persona ha un orologio interno diverso. Ognuno però sperimenta in generale tre fasi di produttività nel corso di una giornata: picco, calo e rimbalzo. Durante le ore che precedono il picco (di solito intorno a mezzogiorno), si è più concentrati. Questo lo rende un momento perfetto per i compiti analitici. Al contrario, il punto più basso può essere un buon momento per concentrarsi su compiti creativi. Diviene essenziale allora, imparare a sintonizzarsi con il proprio orologio interno. L’arte del saper delegare Imparare a gestire il tempo di lavoro consente di ragionare concretamente in termini di lavoro e di corretta misurazione della prestazione lavorativa, cui fa da contraltare anche la capacità di delegare. Fattore su che si giocherà la partita più importante per lo sviluppo della nuova organizzazione del lavoro. E questo senza dover necessariamente disciplinare in modo puntuale il diritto alla disconnessione, perché risultato naturale di una gestione dei tempi di lavoro attenta alle persone, al loro senso di responsabilità e di collaborazione reciproca, così come alla corretta applicazione dei principi della delega. Perché al diritto alla disconnessione corrisponde necessariamente un dovere di disconnessione. Obiettivo non scontato che deve entrare nel modo di lavorare di tutti. Padroneggiare l’arte della delega è un’abilità essenziale. Ma se si è maniaci del controllo, può essere difficile, vanificando i benefici del lavoro da remoto. La chiave è capire che la capacità di delegare rende più produttivi.
Alcuni studi hanno dimostrato che i CEO che delegano sperimentano livelli più bassi di fatica decisionale, meno casi di burnout, e generano il 33% di entrate in più rispetto a quelli con basse capacità di delega. |