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Archivio newsHR transformation: come organizzare il lavoro nel “new normal”
Cosa resta da fare all’HR oggi che la crisi pandemica sembra alle spalle e il “new normal” è un’esperienza quotidiana? E’ ancora necessario che si ponga al centro della trasformazione e che per trasformarsi debba fare cose diverse? Sicuramente è importante che l’HR definisca le priorità, valutando le risorse disponibili per cambiamenti e nuove sperimentazioni in base alla dimensione dell’azienda nella quale opera (piccola e media o grande e multinazionale). In tale ottica quattro appaiono le aree di attenzione, i terreni di sfida su cui HR è ancora oggi chiamata a dare delle risposte.
La crisi pandemica sembra ormai alle spalle, il “new normal” è una esperienza quotidiana, l’economia è in fase di rilancio…cosa rimane da fare? E’ ancora necessario che HR si ponga al centro della trasformazione? Occorre ancora insistere per cercare nuovi modelli organizzativi, per trovare formule ibride di lavoro, per accompagnare i manager a perfezionare i nuovi stili di leadership e i dipendenti a imparare ad organizzarsi e rimanere connessi e responsabili senza farsi prendere dalla tentazione dell’abbandono e del distacco? Potremmo anche rispondere no, che non è più necessario, che tutto torna come prima, e tentare di cancellare più velocemente possibile difficoltà e fatiche di questi lunghi mesi. Abbiamo assistito, in questo periodo così particolare della nostra storia, alla diffusione e all’utilizzo di buone pratiche per far fronte all’emergenza, perché le difficoltà affrontate con lo spirito giusto stimolano la generazione di nuove soluzioni, l’ideazione e il lancio di nuovi approcci e nuovi modelli, l’adattamento attivo e costruttivo alla situazione sfidante. Sono stati creati comitati di crisi interfunzionali, si sono attivate iniziative di sostegno ai dipendenti in difficoltà, si sono fatti investimenti di formazione a distanza per promuovere lo scambio tra le persone dei diversi team geograficamente dispersi e socialmente isolati, si è lavorato fianco a fianco con i manager per accompagnarli in un percorso di trasformazione del loro stile di leadership, dal “comando e controllo” tradizionale di stampo tayloristico ad approcci più relazionali, motivatori e valorizzatori dei contributi dei collaboratori. Poi ci guardiamo intorno, guardiamo la realtà quotidiana che ci viene restituita e ci accorgiamo che in fondo continuiamo ad affrontare i soliti problemi: le persone non vanno d’accordo tra di loro e collaborano poco, le urgenze sono troppe, i ritmi di lavoro difficili da sostenere, i manager ritornano in parte su stili di leadership disomogenei e non sempre parimenti efficaci, insomma la sindrome del “finalmente si torna a lavorare come dico io” non necessariamente ci fa del bene. Ma in questa ondata di ritorno (anche gli tsunami hanno due momenti, quello dell’onda e quello del risucchio successivo…) quali fattori continuano ad influenzare HR spingendolo a una trasformazione? Rimangono ancora, e più potentemente, tutti quelli di prima, tecnologici e socio/economici, cui continuano ad aggiungersi anche le nuove frontiere della ecosostenibilità, della diversità, della responsabilità sociale, della efficace integrazione generazionale in una fase di progressivo allargamento numerico della generazione dei Millennials, di ingresso della generazione Z e di incremento delle uscite dei Baby Boomers dovuto alle politiche pensionistiche dei governi più sensibili a questa tematica. Solo per soffermarsi su quest’ultimo tema, ricordiamoci che con il passare degli anni la proporzione di nuove generazioni rispetto alle precedenti aumenta in modo naturale anche nelle posizioni di responsabilità. Stiamo trovando dei modelli di comportamento organizzativo e di esercizio di responsabilità compatibili ed efficaci, al di là delle ormai tediose analisi sociologiche sulle attese dei Millennials, quali l’equilibrio lavoro/vita, la flessibilità degli orari, il riconoscimento professionale e quant’altro? Ma quindi HR per trasformarsi deve fare cose diverse? Deve svolgere con approcci diversi le solite tradizionali attività? Quanto spazio continua ad occupare, nella giornata di un HR, il sistema di Performance Management, il processo di Rewarding, la gestione dei conflitti e delle negoziazioni? Occorre fare una scelta di priorità. Occorre inoltre non dimenticare le differenze, ancora significative, tra le piccole medie aziende che ancora oggi costituiscono il tessuto dell’economia italiana e le multinazionali, dove certe pratiche sono molto avanzate e le risorse disponibili per cambiamenti e nuove sperimentazioni sono più abbondanti. Le risorse certamente contano, ma le dinamiche del cambiamento investono sia le grandi imprese che le medie e le piccole, si tratta solo di proporzionare gli investimenti necessari tenendo conto della loro sostenibilità economica ed organizzativa. Proviamo quindi a darci delle aree di attenzione, dei terreni di sfida su cui HR è ancora oggi chiamata a dare delle risposte. 1. Dall’employee journey all’employee caring (usando la felice espressione di Rosario Sica). La cura delle persone è sempre stata in cima all’agenda di HR ma oggi tutto questo assume connotazioni e modalità completamente diverse, e la rivoluzione si esprime anche nella generazione continua e progressiva di nuove figure professionali all’interno di HR stessa. HR Data Detective, Human Machine Learning Manager, Chatbot and Human Facilitator: basta leggere “21 HR jobs of the future” dell’Harvard Business Review per trovare tantissimi spunti in questo senso. Ma senza andare lontano, tutte le nuove professioni già interpretate nel reclutamento e nella formazione delle aziende, sulla frontiera tra persona e tecnologie, sono già ampiamente diffuse in molte imprese. 2. La trasformazione digitale e metodologica dei processi di recruiting, soprattutto delle nuove generazioni. In una recente pubblicazione di Linkedin si descrive il ruolo delle figure dedicate al reclutamento come una combinazione di arte e scienza: venditore, esperto di marketing, consulente come capacità artistiche, esperto di tecnologia, fanatico dei dati e ricercatore come capacità scientifiche. Tutte queste capacità servono per attirare e preselezionare giovani laureati attraverso, per esempio, sfide matematiche a distanza, attività di gaming on line per diagnosticare la creatività e la logica, tutta una serie di strumenti che stanno prendendo piede ma che vanno progressivamente sviluppati da specialisti con le caratteristiche sopra descritte. 3. La revisione e innovazione dei processi di Learning, Development e Rewarding. Si fa sempre più strada il digital collaborative learning, dove i membri della comunità reale e virtuale di apprendimento, guidati da persone competenti, esperte e sensibili ai nuovi scenari, condividono gli esempi di buone pratiche caricando in una rete di facile accesso e consultazione le proprie esperienze, domande, documentazioni, dando e ricevendo feedback e continuando a interagire. Si costruisce così una nuova arena per l’apprendimento, più flessibile e innovativa. 4. Un nuovo assetto contrattuale e un nuovo sistema di relazioni con le parti. Non è tutto smart working e disciplina di questo specifico strumento: ci sono scenari nuovi di relazioni con le rappresentanze degli imprenditori e dei sindacati, dove le evoluzioni di tutte le parti in causa inducono un dibattito più maturo, articolato e creativo, al fine di raggiungere accordi complessi e sfaccettati che rispondano in modo efficace ed attuale alle crisi e alle domande di questo momento storico. Accanto e oltre questi spunti, è necessario per HR fare un’esperienza costante di Change Management. Il cambiamento, infatti, pur esprimendosi spesso in progetti circoscritti nel tempo e guidati in modo rigoroso e strutturato, è in realtà una dimensione continua di quest’epoca storica, e viene definito da diversi teorici come “emergente”, vale a dire qualcosa che accade indipendentemente dalle intenzioni dei protagonisti, sia nella natura che nelle modalità e tempistiche. Per HR quindi è ancora e sempre il momento di imparare e re-imparare, perché fare esperienza di trasformazione è un percorso continuo, che ci immerge in un’esperienza continua e reale di apprendimento. Può aiutare gli altri ad apprendere solo chi apprende a sua volta.
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