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Archivio newsResponsabilità 231: come opera e chi può far parte dell’organismo di vigilanza
Gli enti per evitare l’insorgere della responsabilità amministrativa da reato devono adottare specifici sistemi di prevenzione e controllo degli illeciti. L’organismo di vigilanza riveste, quindi, un ruolo centrale e insostituibile all’interno del meccanismo di responsabilità instaurato con il D.Lgs. n. 231/2001, che lascia tuttavia ampio margine di discrezionalità agli enti per quanto riguarda la concreta articolazione di questo organo. Per individuare i componendi dell’OdV risulta essenziale partire dalle caratteristiche della propria realtà aziendale e, grazie a una conoscenza profonda di tutto il sistema 231, nominare un OdV che assicuri la effettiva vigilanza sul Modello di organizzazione e gestione all’interno dell’ente. Se ne parlerà durante il Master online organizzato da Wolters Kluwer “Il D.Lgs. 231/2001 nell’organizzazione aziendale”, al via dal 26 novembre 2021.
Il D.Lgs. n. 231/2001 prevede delle ipotesi nelle quali è possibile sanzionare le persone giuridiche per alcuni reati compiuti da soggetti che operano al loro interno e che hanno una relazione qualificata con l’ente. Si tratta di una responsabilità amministrativa da reato che si fonda su una “colpa di organizzazione”: è possibile, infatti, per l’ente evitare l’insorgere di tale responsabilità adottando e implementando dei sistemi di prevenzione e controllo degli illeciti. In particolare, ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. n. 231/2001, l’ente non risponde se prova che: - è stato adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenire il compimento di reati di quella specie; - è stato nominato un organismo apposito per vigilare sull’osservanza del modello; - il reato è stato compiuto eludendo fraudolentemente il modello; - non vi sono state mancanze nell’attività di controllo dell’organismo di vigilanza. È dunque chiaro fin dalle premesse del sistema di responsabilità ai sensi della normativa “231” che il ruolo dell’organismo di vigilanza è quantomai fondamentale. Viene infatti alla luce con una duplice valenza all’interno del meccanismo “esimente” previsto dall’art. 6: per evitare la responsabilità dell’ente questo deve essere non solo dotato di un OdV, ma tale organo deve anche concretamente svolgere le proprie mansioni di vigilanza senza alcun tipo di negligenza. Composizione dell’organismo di vigilanza Dall’art. 6 del D.Lgs. n. 231/2001 risulta chiaro che l’OdV deve essere “dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo”: fondamentali, quindi, i requisiti di autonomia e indipendenza, che consentono all’organismo di espletare le proprie funzioni libero da influenze indebite da parte dei dirigenti dell’ente. Il D.Lgs. n. 231/2001 non fornisce, invece, delle indicazioni stringenti sulla composizione dell’OdV, che dunque può essere un organismo monocratico o collegiale. In particolare, nelle società di dimensioni ridotte sarà possibile nominare un organismo di vigilanza monocratico, individuando tale soggetto, ad esempio, tra quelli che rivestono funzioni di compliance o di audit, ma anche tra eventuali consulenti esterni che abbiano i necessari requisiti di professionalità e indipendenza e valutando attentamente l’assenza di conflitti d’interesse. Nelle realtà aziendali più articolate, invece, potrà essere necessario nominare un OdV in composizione collegiale, in genere composto da tre membri, di cui uno esterno per assicurare l’autonomia e l’indipendenza dell’organo. Anche sui componenti dell’organo è lasciata completa discrezionalità all’ente, che può nominare sia soggetti interni che individui esterni alla sua realtà aziendale. Nelle “Linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo” di Confindustria troviamo alcune indicazioni in merito alla professionalità dei componenti, in quanto viene ritenuto “auspicabile che almeno taluno dei membri dell’organismo di vigilanza abbia competenze in tema di analisi dei sistemi di controllo e di tipo giuridico e, più in particolare, penalistico”.
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