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Consulenti del lavoro: principi e regole per la professione nel nuovo codice deontologico

Il codice deontologico di ogni ordine, essendo l’insieme dei doveri del professionista verso clienti, colleghi e altri stakeholders, rappresenta un valore di civiltà a tutela del bene pubblico. Tale principio è riaffermato dall’articolo 1 del nuovo Codice deontologico dei Consulenti del Lavoro, in vigore dal 2022. Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela dell'affidamento della collettività, della clientela, della correttezza, della trasparenza dei comportamenti, della qualità ed efficacia della prestazione professionale e per la realizzazione del ruolo di sussidiarietà della professione di Consulente del Lavoro. Cosa prevede il nuovo Codice deontologico dei Consulenti del Lavoro?

Uno dei documenti più importanti che abbiamo in dote come conseguenza dell’iscrizione ad un ordine è il codice deontologico. È una dote perché rappresenta un valore di civiltà, essendo l’insieme dei doveri del professionista verso l’esterno a tutela del bene pubblico. Questo è riaffermato dal nuovo articolo 1 del Codice deontologico dei Consulenti del lavoro che entrerà in vigore nel 2022. In questo nuovo testo viene ribadito il concetto che indica le norme deontologiche come essenziali per la realizzazione e la tutela dell'affidamento della collettività, della clientela, della correttezza, della trasparenza dei comportamenti, della qualità ed efficacia della prestazione professionale e per la realizzazione del ruolo di sussidiarietà della professione di Consulente del Lavoro. Il mancato rispetto del Codice può rappresentare un problema di natura disciplinare perché è connesso a sanzioni per chi ne trasgredisce le regole, che possono arrivare anche a conseguenze estreme. Nuovo Codice deontologico dei Consulenti del lavoro Il nuovo codice deontologico è stato approvato dal Consiglio Nazionale dell’ordine dei Consulenti del Lavoro con delibera n. 101 del 14/07/2021, ed entrerà in vigore il 1° gennaio 2022. Le modifiche sono state molte e hanno riguardato contenuti, riorganizzazione del testo e degli articoli, precisazioni su alcuni elementi del precedente codice. Tratteremo quelle più significative. Principi generali Una prima modifica importantissima è quella contenuta, come si è accennato, nell’articolo 1 rubricato “Il Consulente del Lavoro”. L’articolo specifica (oltre a quanto già detto) quali debbono essere le caratteristiche del lavoro svolto dal professionista. Viene affermato che il Consulente in ogni sede, tutela la legalità e la dignità del lavoro, rispetta e promuove i principi per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, favorisce ogni azione positiva finalizzata alla promozione del diritto al lavoro secondo i principi della Costituzione. Queste sembrano enunciazioni di principi, ma nella realtà rappresentano elementi essenziali e assolutamente pratici e pieni di significato, in maniera analoga al richiamo che viene fatto nei procedimenti disciplinari ai principi di correttezza e buona fede. Il codice si applica a tutto il mondo della consulenza del lavoro ovvero ai Consulenti del Lavoro, alle società tra professionisti iscritte all’Albo dei Consulenti del Lavoro, ma anche agli iscritti al Registro dei praticanti, tenuto presso i Consigli Provinciali degli Ordini, che sono tenuti a conformare la propria condotta ai doveri del Codice, per quanto compatibili. Viene riportato poi un elemento di forte attenzione del Codice verso i Consulenti del Lavoro assunti come lavoratori subordinati; infatti, viene detto che il dovere di dignità e decoro riguarda tutti coloro che si fregiano del titolo di Consulente del Lavoro, anche se lavoratori subordinati. Un’affermazione significativa che deve essere attenzionata da tutti coloro che utilizzano il titolo all’interno del rapporto sinallagmatico di natura subordinata. Questo elemento è ribadito anche nell’articolo 36 che afferma che il professionista che eserciti la professione nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato, qualora gli venga chiesto di realizzare una condotta non conforme al Codice, deve comunicare preventivamente e per iscritto il proprio dissenso al soggetto da cui dipende gerarchicamente. Quindi il codice indica un comportamento concreto da dover mettere in atto. Il codice, nell’ambito dei principi generali, afferma inoltre che non solo dignità e decoro debbono essere “vissuti dal consulente inteso in tutte le sue accezioni” ma anche i doveri di probità, della salvaguardia della propria reputazione e della immagine della professione, di lealtà e correttezza nei confronti del cliente e dei terzi a qualunque titolo coinvolti nella gestione del rapporto professionale. Questi elementi dovrebbero rappresentare l’architrave che è sottesa a tutto il codice. Il rispetto dell’etica nella gestione del lavoro è un elemento imprescindibile per chi si dice professionista del lavoro. Doveri specifici Un punto focale in questo ambito è quello della necessità di conservare la propria autonomia di giudizio, tecnica ed intellettuale e di difenderla da condizionamenti esterni di qualunque tipo. Qui vi è da sottolineare l’assoluta necessità di comportarsi da professionista, cioè da persona che ha fatto della consapevolezza della sua competenza un elemento distintivo. Quindi si deve evitare che le ragioni del cliente, anche se soggetto pagante, vengano anteposte alle risultanze del proprio sapere. Relativamente alla riservatezza, vi è da sottolineare la necessità di vigilare affinché essa sia mantenuta anche da parte dei dipendenti, dei soci, dei praticanti e di tutti coloro che, a qualunque titolo, operano al fianco del Consulente. L’impegno alla riservatezza ed al rispetto della privacy deve essere un fiore all’occhiello della professione e del singolo studio. Questa è assolutamente essenziale negli appalti, ad esempio, dove l’attenzione alla non divulgazione di dati sensibili è un tema ricorrente per chi gestisce ed elabora il libro unico del lavoro, contenendo lo stesso una serie significativa di dati sensibili. La competenza è un tema toccato, e non poteva non esserlo, in maniera significativa. Il Consulente non deve accettare incarichi che sappia di non poter svolgere con la necessaria competenza ed oltre a ciò deve assicurare, per l’assolvimento degli incarichi accettati, un’adeguata organizzazione. Questi due temi sono di stretta attualità poiché implicano un costante aggiornamento e studio, nonché la consapevolezza dei propri limiti quanto a competenze e patrimonio culturale. Importantissima è la necessità di curare e pianificare la propria preparazione professionale, in relazione ai campi già ben conosciuti e soprattutto a quelli che si iniziano a seguire, con la consapevolezza che oltre un certo limite si deve adeguare la propria organizzazione. Il titolo di Consulente del lavoro, sembra dire questa parte, non ha il potere magico di dare la onniscienza, ma spinge e stimola al continuo studio e approfondimento, perché solo la conoscenza coltivata e ampliata permette di dare significato a quell’affidamento che è l’elemento centrale della professione. Informazioni sulla propria attività Sempre in tema di affidamento della collettività, in questo momento fatto di social e di presenza sul web, è necessario dare le giuste informazioni sulla propria attività con correttezza e verità, ed è consentito spiegare la propria attività professionale, l’organizzazione e struttura dello studio, le eventuali specializzazioni, titoli scientifici e professionali posseduti. In questo senso sarebbe stato importante, forse, aggiungere nelle regole deontologiche la necessità di indicare anche quando ne siamo venuti in possesso, proprio per quell’ottica di aggiornamento continuo che dovrebbe essere alla base della professione. Il codice, nel campo della manifestazione del pensiero, specifica che nei rapporti con gli organi di informazione i Consulenti del Lavoro devono ispirarsi a criteri di equilibrio e misura, nel rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza. Il campo dei rapporti con l’informazione è uno dei più delicati in questo momento storico. Proprio per questo bisogna evitare assolutamente che prese di posizioni non equilibrate arrechino danno all’immagine della professione in senso globale, proprio perché la collettività fatica a distinguere tra posizioni riferite ai Consulenti del Lavoro come categoria e la posizione del singolo professionista. Rapporti esterni Nei rapporti esterni il codice è tranciante: al consulente è fatto divieto di accettare incarichi insieme a soggetti non abilitati per l’esercizio di prestazioni riservate, ovvero di promuoverne o favorirne l’attività. Per quanto riguarda i rapporti con i colleghi il codice prescrive che, prima di intraprendere azioni giudiziarie nei confronti di essi per fatti inerenti lo svolgimento dell’attività professionale, il Consulente deve interessare il Consiglio provinciale dell’Ordine di appartenenza, al fine di ricercare in quella sede una soluzione che salvaguardi il decoro e la dignità dell’Ordinamento Professionale. Sempre con i colleghi, registrare una conversazione telefonica è contrario al codice deontologico. Questo è un grave comportamento a cui spesso oggi si assiste ed a cui spesso si aggiunge la divulgazione a soggetti terzi senza alcuna autorizzazione. È grave per i comportamenti non professionali, ma viene considerato non deontologico dal codice. Che questo comportamento esista è riaffermato anche dalla prescrizione relativa all’assicurarsi che il contenuto della corrispondenza riservata (anche informatica) e dei colloqui riservati intercorsi con i colleghi, non venga divulgato a terzi o riportato in atti processuali. In questo momento storico in cui la platea dei soggetti assistiti dal Consulenti del lavoro si è assottigliata a causa del Covid e c’è stato molto movimento di clientela, una forte attenzione viene chiesta nei passaggi da un Consulente ad un altro. Si specifica che nel caso di subentro ad un collega per revoca dell’incarico o rinuncia, il nuovo Consulente del Lavoro deve rendere nota senza indugio la propria nomina al collega sostituito, adoperandosi affinché siano soddisfatti i legittimi interessi del cliente, garantendo la regolare gestione delle attività professionali. Non adeguarsi a questa prescrizione comporta spesso molto contenzioso e la creazione di conflitti che poi generano una serie di conseguenze che divengono importanti anche dal punto di vista giurisdizionale. Attività particolari Una parte specifica del Codice è riservata all’esercizio di attività professionali particolari quale quella di Componente Commissioni di Certificazione dei contratti, conciliazione ed arbitrato, Consulente del Lavoro Asseveratore (Asse.Co), per le attività di assistenza dinnanzi alle commissioni di certificazione e conciliazione, attività processuale tributaria, attività di Mediazione civile e commerciale, attività di delegato della Fondazione Consulenti per il lavoro. In questi contesti vengono ribaditi tutti i doveri di decoro e dignità, di rispetto e di attenzione alla collettività ed alle altre professioni con cui si entra in contatto. In queste specifiche aree il Codice sembra rimarcare una maggiore attenzione ai principi deontologici richiesta al professionista. Questa parte, che è la più importante innovazione, testimonia il fatto che la competenza ed il comportamento negli incarichi particolari porta oggi il Consulente del lavoro ad avere un significato sociale assolutamente particolare. In conclusioneEssere professionisti, sembra voler dire questo nuovo codice, non è solo lavorare ma essere un elemento qualificante della nostra società, in cui la competenza, il decoro e la dignità devono essere elementi centrali dei rapporti con chiunque intessuti. Copyright © - Riproduzione riservata

Consulenti del lavoro, Codice deontologico in vigore dal 1° gennaio 2022

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/professioni/quotidiano/2021/12/09/consulenti-lavoro-principi-regole-professione-codice-deontologico

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