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Archivio newsAmmortizzatori sociali 2022: nuovi requisiti e un solo massimale per i beneficiari
Ampliamento della platea dei lavoratori beneficiari delle integrazioni salariali agli assunti con contratto di lavoro subordinato, compresi gli apprendisti, e modifiche al massimale. Sono le principali novità contenute nella legge di Bilancio 2022 per gli ammortizzatori sociali. In particolare, a partire dal 1° gennaio 2022, cambia il requisito di anzianità presso l’unità produttiva per essere destinatari del trattamento di integrazione salariale, che ora deve essere pari ad almeno 30 giorni di lavoro effettivo, mentre prima era di 90 giorni. Inoltre, è previsto soltanto un massimale per i trattamenti di integrazione salariale decorrenti dal 1° gennaio, in luogo dei due precedenti. Quali sono le altre novità?
Tra le novità più rilevanti contenute nelle norme previste dalla legge di Bilancio 2022 (l. n. 234/2021), che hanno emendato il D.Lgs. n. 148/2015 sulle integrazioni salariali ordinarie, straordinarie e sugli ammortizzatori riconosciuti dai Fondi, spiccano due elementi sui quali ritengo, oggi, opportuno soffermarmi: a) l’ampliamento della platea dei lavoratori possibili fruitori; b) il massimale per l’integrazione salariale. Lavoratori fruitori delle nuove integrazioni salariali In ordine al primo punto l’art. 1 del D.Lgs. n. 148/2015 afferma, oggi, che sono destinatari del trattamento di integrazione salariale tutti i lavoratori subordinati, sia a tempo pieno che parziale, compresi, i lavoratori con contratto di apprendistato professionalizzante, quelli con contratto di apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria e il certificato di specializzazione tecnica e superiore, gli apprendisti con contratto di alta specializzazione e ricerca ed i lavoratori a domicilio. Restano fuori “dall’ombrello protettivo” unicamente i dirigenti. Il requisito richiesto, in via generale, è quello di una anzianità presso l’unità produttiva (e non, quindi, presso l’azienda) per la quale, a partire dal 1° gennaio 2022, si chiede l’intervento, pari ad almeno 30 giorni di lavoro effettivo (prima erano 90), a prescindere dalla quantificazione oraria, maturati alla data di presentazione della istanza di concessione. Tale requisito temporale, non è richiesto allorquando l’istanza di integrazione salariale discende da eventi oggettivamente non evitabili. La circolare n. 1 del 3 gennaio 2022, riprendendo concetti già presenti in precedenti chiarimenti amministrativi espressi nel 2015 dallo stesso Ministero, declina il significato di giorni di lavoro effettivo che comprendono anche quelli nei quali si è verificata l’assenza per ferie, festività ed infortunio. Anche i periodi di astensione obbligatoria dal lavoro per maternità debbono essere computati sulla scorta della sentenza della Corte Costituzionale n. 423 del 6 settembre 1995: tutto questo in analogia con la previsione dell’art. 16, comma 1, della legge n. 223/1991 ai fini dell’anzianità aziendale per la procedura collettiva di riduzione di personale. Tale indirizzo fu, a suo tempo, fatto proprio dalla circolare INPS n. 197/2015. Un caso del tutto particolare riguarda l’anzianità del dipendente che è passato, a seguito di cambio di appalto, alle dipendenze di un nuovo datore di lavoro: qui vale il principio dell’anzianità nell’appalto, nel senso che si calcola anche, per il raggiungimento del limite, qualora ciò sia necessario, quella acquisita alle dipendenze del precedente datore di lavoro. E’ un concetto non nuovo nel nostro ordinamento in quanto risulta già utilizzato, per altri fini, dal Legislatore delegato nell’art. 7 del D.Lgs. n. 23/2015, a proposito del computo dell’anzianità aziendale ai fini del licenziamento. La circolare n. 197/2015 dell’INPS nota, giustamente, che in caso di trasferimento di azienda ex art. 2112 c.c., conservando i lavoratori tutti i diritti che discendono dal rapporto precedentemente instaurato, ai fini della verifica del requisito dell’anzianità di lavoro di 90 giorni (che, ora, sono diventati 30), occorrerà tener conto del periodo trascorso alle dipendenze del cedente. La circolare INPS n. 139/2016 ha chiarito che: a) ai fini del calcolo dei 90 giorni (che, ora, sono 30) per l’anzianità nella unità produttiva, laddove l’orario sia articolato su 5 giorni lavorativi, occorre calcolare, oltre che la domenica, anche il sabato; b) nel calcolo dei 30 giorni di anzianità nell’unità produttiva non rileva l’eventuale cambio di mansioni o di livello, in quanto la norma richiede soltanto il calcolo dell’anzianità nell’unità e non nel livello o nelle mansioni. La circolare n. 14 del Ministero del Lavoro del 26 luglio 2017 ha chiarito, inoltre, un aspetto particolare che, talora, si rinviene nell’istruttoria delle istanze di integrazione salariale straordinaria: quello dei lavoratori trasferiti da una unità produttiva all’altra (entrambe in CIGS) dopo la presentazione della domanda. La Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali e degli Incentivi per l’Occupazione ha affermato che il requisito dei 90 giorni (ora, 30) deve essere posseduto dai lavoratori all’atto della presentazione dell’istanza e che è del tutto ininfluente ai fini del riconoscimento della indennità, il fatto che gli stessi (o parte di loro) siano stati trasferiti in un’altra unità produttiva in CIGS, in quanto ciò rientra nella potestà imprenditoriale, finalizzata a superare le inefficienze gestionali, alle quali deve contribuire lo stesso istituto della integrazione salariale straordinaria: tale indirizzo risulta essere stato ripreso dalla circolare n. 1/2022 Per quel che riguarda gli apprendisti l’art. 2 stabilisce che, a prescindere dalla qualificazione del contratto se intervenuto ex art. 43, 44 o 45, sono destinatari del trattamento di integrazione salariale e, al contempo, dal 1° gennaio 2022, è venuta meno quella limitazione che, con riguardo al professionalizzante (che era l’unica tipologia ammessa), riconosceva il sostegno soltanto a chi era dipendente da imprese commerciali con più di 50 dipendenti per la sola causale di crisi aziendale, mentre nell’ipotesi in cui l’azienda era destinataria dei trattamenti ordinari e straordinari di integrazione, la copertura riguardava soltanto la cassa integrazione ordinaria. Ora, la copertura è globale, atteso che la norma parla, indistintamente, di “periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa”. Per completezza di informazione ricordo che, con il contratto professionalizzante (art. 44, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015), possono essere assunti in tutti i settori per il conseguimento di una qualificazione professionale ai fini contrattuali (su questo concetto si veda anche l’interpello del Ministero del Lavoro n. 8/2007), i lavoratori di età compresa tra i 18 (o 17 se hanno completato il percorso dell’apprendistato di 1 livello) ed i 29 anni (29 e 364 giorni al momento dell’attivazione, secondo un indirizzo amministrativo espresso dal Dicastero del Lavoro) e coloro che (art. 47, comma 3, del D.L.vo n. 81/2015) senza limiti di età, siano titolari di un qualsiasi trattamento di disoccupazione. Ad essi, dal 2022, vanno aggiunti i lavoratori che sono in CIGS dipendenti da una azienda in transizione occupazionale, come previsto dal comma 248 dell’art. 1 della legge n. 234/2021. Vale la pena di ricordare come il rapporto debba tendere ad una qualificazione o ad una riqualificazione professionale. A partire dal 24 settembre 2015 (art. 2, comma 3) sono stati estesi ai datori di lavoro che occupano apprendisti gli obblighi contributivi previsti per le integrazioni salariali, fino a quella data non ipotizzati: è appena il caso di sottolineare come non trovi, in alcun modo, applicazione alcuno sgravio contributivo. Sui contributi relativi agli apprendisti la circolare INPS n. 197/2015 rimandava ad un successivo approfondimento, cosa avvenuta con il messaggio n. 24 del 5 gennaio 2016 che ricorda come la misura della contribuzione di finanziamento della Cassa integrazione è sempre allineata a quella del personale con la qualifica di operaio alle quali si rinvia sia in considerazione dei limiti dimensionali (più o meno di 50 dipendenti) che del settore di appartenenza (industria, artigianato, edilizia e lapidei). La contribuzione è sempre dovuta da tutti i datori di lavoro, anche da quelli che “godono”, in quanto con un organico fino a 9 dipendenti, dell’abbattimento contributivo per le assunzioni di giovani con contratto per l’acquisizione di diploma professionale o per alta formazione (articoli 43 e 45 del D.Lgs. n. 81/2015) per le assunzioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2022. Viene, poi, previsto che, nell’ottica dell’art. 42, comma 5, lettera g), del D.Lgs. n. 81/2015 ed in considerazione del fatto che il contratto di apprendistato ha una propria specificità, il periodo di durata del piano formativo sia prorogato in misura equivalente all’ammontare delle ore di integrazione fruite per effetto della sospensione o della riduzione di orario. I datori di lavoro interessati, ricorda il messaggio n. 24/2016, dovranno rapportare a giornate il valore delle ore complessivamente fruite. Tale disposizione che, in origine riguardava, unicamente, gli assunti con contratto di apprendistato professionalizzante è, ora, estesa anche a quelli di primo e terzo livello con una aggiunta non secondaria: la sospensione o la riduzione di orario (ultimo periodo del comma 4) non deve pregiudicare il completamento del percorso formativo che, qualora necessario, dovrà essere ridefinito secondo le previsioni degli articoli 43 e 45. Misura del trattamento integrativo Passo ora ad esaminare le novità in materia di massimale ai fini del “quantum” massimo percepibile di integrazione salariale. La misura del trattamento integrativo è pari all’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata per le ore non prestate comprese tra zero ore ed il limite di orario contrattuale. Le modalità di quantificazione dell’ammontare del trattamento integrativo in relazione alla dislocazione oraria della prestazione ed alle modalità di erogazione della retribuzione, ivi comprese le indennità accessorie rispetto alla retribuzione base, restano identiche rispetto al passato. La misura del trattamento è soggetta agli stessi obblighi contributivi già esistenti come l’art. 26 della legge n. 41/1986 che prevede una riduzione dell’ammontare del trattamento pari al 5,84%. Il comma 5-bis dell’art. 3 del D.Lgs. n. 148/2015 introduce una novità rispetto alla precedente normativa: resta soltanto un massimale per i trattamenti di integrazione salariale decorrenti dal 1° gennaio 2022, in luogo de due precedenti. Quello, più basso, indicato alla lettera a) del comma 5, cessa di produrre i suoi effetti e trova applicazione, indipendentemente dalla retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento, quello della lettera b) rivalutato a gennaio di ogni anno, nella misura del 100% dell’aumento derivante dalla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. Lo scorso anno, la circolare n. 7/2021 aveva quantificato i due massimali e quello che ci interessa (che andrà rivalutato ai fini della presente disposizione) aveva il seguente valore, per un massimo di 12 mensilità, comprensive dei ratei delle mensilità aggiuntive: 1199,75 euro lordi che, al netto, erano pari a 1.124,09 euro (ma, allora c’era il riferimento ad una retribuzione superiore ai 2.148,74 euro che ora non c’è più) Le somme (comma 10) sono incrementate del 20% per i trattamenti concessi in favore delle imprese edili e lapidee a causa di intemperie stagionali. I commi successivi dell’art. 3 non hanno subito mutazioni e, per completezza di informazione, ritengo opportuno ricapitolarne i contenuti che attengono al rapporto tra integrazione salariale e stato di malattia. L’integrazione salariale sostituisce l’indennità giornaliera di malattia e la eventuale integrazione prevista dal contratto (comma 7) e non è dovuta nelle ipotesi di festività non retribuite e di assenze senza diritto alla retribuzione (comma 8): ai lavoratori interessati spettano, in rapporto al periodo di paga adottato ed alle stesse condizioni dei lavoratori ad orario normale, gli assegni familiari (comma 9). A tal proposito la circolare n. 197/2015 dell’INPS chiarisce che se lo stato di malattia insorge durante l’intervento integrativo concesso a zero ore, il lavoratore continua a godere del trattamento integrativo: l’attività è totalmente sospesa ed il lavoratore non deve neanche comunicare il proprio stato di malattia. Se lo stato di malattia è antecedente l’inizio della sospensione si possono verificare due ipotesi: se tutto il personale va in integrazione salariale, anche il lavoratore in malattia entra nel trattamento ordinario dalla data di inizio dello stesso; se, invece, la sospensione non riguarda tutto il personale dell’unità produttiva il lavoratore continua a beneficiare dell’indennità di malattia, se previsto dalla legislazione vigente. Copyright © - Riproduzione riservata