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Archivio newsIntegrazioni salariali: utilizzo del FIS “scontato” fino al 31 marzo. Con qualche possibile rischio
Le imprese appartenenti ai settori economici in difficoltà, che dal 1° gennaio al 31 marzo 2022, sospendono o riducono l’attività lavorativa sono esonerate dal pagamento del contributo addizionale per l’accesso al FIS. La novità è prevista dal decreto Sostegni ter. Occorre chiedersi, per prima cosa, come devono comportarsi i datori di lavoro che richiedono gli ammortizzatori a partire dal 1° gennaio, visto che il provvedimento è entrato in vigore il 27 gennaio, e che potrebbe essere stata oltrepassata la scadenza dell’ultimo giorno utile per la presentazione delle istanze: 15 giorni da quando inizia la sospensione o la riduzione di orario. Ulteriori rischi riguardano la possibilità di rimanere senza “ammortizzatore FIS”, a fronte di nuove pandemie nel prossimo autunno. In quali casi?
L’attesa e la speranza di molti operatori finalizzata ad un prolungamento della Cassa Covid con modalità di fruizione analoghe a quelle sperimentate nel corso degli anni 2020 e 2021 è andata disattesa dal Governo che, con il varo del decreto Sostegni ter (D.L. n. 4/2022), ha inteso percorrere un’altra strada che prevede, tra le altre cose, da un lato la piena utilizzazione del D.L.vo n. 148/2015, profondamente riformato dalla legge n. 234/2021, e, dall’altro, una selezione dei settori economici in particolari difficoltà, ai quali viene riconosciuto, unicamente, l’abbuono del pagamento del contributo addizionale. Ciò è avvenuto sia attraverso l’art. 7 del decreto legge che con l’Allegato 1 al provvedimento governativo ove sono stati identificati, attraverso il codice ATECO i settori meritevoli di attenzione. Essi sono: a) Settore turistico: Alloggio (codici 55.10 e 55.20); b) Settore turistico: Agenzie e tour operator (codici 79.1. 79.11, 79.12 e 79.90); c) Ristorazione: su treni e navi (codici 56.10.5); d) Ristorazione: Catering per eventi, banquetin (codici 56.21.0); e) Ristorazione: Mense e catering continuativo su base contrattuale (codici 56.29); f) Ristorazione: Bar e altri esercizi simili senza cucina (codici 56.30); g) Ristorazione: Ristorazione con somministrazione (codici 56.10.1); h) Parchi e divertimenti e parchi tematici (codici 93.21); i) Attività ricreative: Discoteche, sale da ballo, night club e simili (codici 93.29.1); j) Attività ricreative: Sale giochi e biliardi (codici 93.29.3); k) Attività ricreative: Altre attività di intrattenimento e divertimento -sale bingo- (codici 93.29.09); l) Trasporto terrestre di passeggeri in aree urbane e suburbane e altre attività di trasporto passeggeri nca (codici 49.31 e 49.39.09); m) Gestioni per stazioni di autobus (codici 52.21.30); n) Gestioni di funicolari, ski-lift e seggiovie se non facenti parte dei sistemi di transito urbano e suburbano (codici 49.39.01); o) Attività di servizio radio per radio taxi (codici 52.21.90); p) Musei (codici 91.02 e 91.03); q) Altre attività di servizi connessi al trasporto marittimo e per vie d’acqua (codici 52.22.09); r) Attività dei servizi connessi al trasporto aereo (codici 52.23.00); s) Attività di distribuzione cinematografica, di video e di programmi televisivi (codici 59.13.00); t) Attività di proiezione cinematografica (codici 59.14.00); u) Organizzazione di feste e cerimonie (codici 96.09.05). Esonero dal pagamento del contributo addizionale: per chi e come L’analisi del provvedimento non può che partire, a questo punto, dal dettato normativo inserito nell’art. 7 del D.L. n. 4/2022: “I datori di lavoro indicati nell’allegato I al presente Decreto che, a decorrere dalla data del 1° gennaio 2022 e fino al 31 marzo 2022, sospendono o riducono l’attività lavorativa ai sensi del D.L.vo n. 148/2015, sono esonerati dal pagamento del contributo addizionale di cui agli articoli 5 e 29, comma 8, del predetto Decreto”. L’articolo prosegue, poi, al comma 2 prevedendo le fonti di copertura degli oneri. La prima domanda che ci si pone è la seguente: i datori di lavoro che debbono richiedere gli ammortizzatori a partire dal 1° gennaio 2022, come si debbono comportare? Prima di entrare nel merito dei contenuti ritengo doveroso ricordare che, siccome le integrazioni salariali possono decorrere dal 1° gennaio ed il D.L. n. 4/2022 è entrato in vigore il 27 gennaio, stesso giorno della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 21, l’INPS, attraverso i propri chiarimenti amministrativi, dovrà rimettere nei termini, come già avvenuto in passato, quei datori di lavoro i quali, chiedendo gli interventi di sostegno a partire dai primi giorni dell’anno, hanno oltrepassato la scadenza dell’ultimo giorno utile per la presentazione delle istanze (15 giorni da quando inizia la sospensione o la riduzione di orario). Il Legislatore non prevede alcuna agevolazione burocratica connessa all’iter da seguire che è, quindi, quello previsto dalla riforma (ad eccezione, del pagamento del contributo addizionale previsto per il FIS al 4% - art. 29, comma 8 - e per le aziende rientranti nella CIGO nelle misure temporalmente diversificate del 9%, de 12% e del 15% secondo il dettato dell’art. 5. Di conseguenza, alcuni passaggi appaiono necessari. Cerco di focalizzarli: a) verifica dell’anzianità nell’unità produttiva che riguarda le persone interessate agli ammortizzatori: essa è di 30 giorni e comprende anche le giornate di ferie, malattia, infortuni ed astensione obbligatoria. Tale accertamento appare importante atteso che è pur vero che, in precedenza, i giorni erano 90, ma durante la pandemia si prescindeva dall’anzianità e si “coprivano con le integrazioni” i lavoratori in forza ad una data ben precisa che cambiava con i vari decreti legge. La copertura di sostegno riguarda tutti i lavoratori subordinati, compresi quelli a domicilio e gli apprendisti, a prescindere dalla tipologia contrattuale di riferimento, con la sola esclusione dei dirigenti; b) informazione e consultazione sindacale (art. 14). Personalmente ritengo che, nel rispetto della effettiva modalità di informazione e di consultazione (certificata via PEC o lettera raccomandata), quest’ultima possa avvenire anche per via telematica, pur se un apposito richiamo che era stato inserito nell’articolo, è scomparso nella approvazione definitiva. Credo che, in via amministrativa, l’INPS o, a maggior ragione, il Ministero del Lavoro, possa consentire tale modalità; c) relazione tecnica da allegare all’istanza (circolare INPS n. 139/2016) ove, nella stragrande maggioranza dei casi, si farà riferimento alla diminuzione o alla sospensione dell’attività legata alla emergenza pandemica ed alle misure legali ed amministrative conseguenti: tutto ciò lo si desume dall’art. 3-bis dell’art. 29 dove sussiste uno specifico richiamo alle causali di riduzione o sospensione di orario previste in materia di integrazione salariale ordinaria; d) presentazione dell’istanza entro i 15 giorni successivi all’inizio della sospensione o della riduzione dell’orario, con la quasi certa remissione “in terminis”, cosa che dovrebbe fare l’INPS con la propria circolare applicativa; e) pagamento diretto della integrazione salariale non più in “automatico” e senza alcuna motivazione come avveniva con la Cassa COVID-19, ma sulla base di idonea documentazione attestante le difficoltà di natura economico-finanziaria con l’obbligo (art. 5-bis) di inviare all’INPS, a pena di decadenza, tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del secondo mese successivo a quello in cui inizia il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di 60 giorni dall’adozione del provvedimento di autorizzazione. I datori di lavoro che aderiscono ad uno dei Fondi di solidarietà bilaterali costituiti (art. 26), alternativi (art. 27) o a quelli delle Province Autonome di Trento e Bolzano (art. 40) debbono rivolgersi ad essi e le somme integrative vengono liquidate (in misura almeno pari alla integrazione salariale), secondo la regolamentazione in essere presso predetti Fondi, i quali, peraltro, se non pronti, hanno tempo fino al prossimo 31 dicembre per adeguarsi alla nuova normativa: quest’ultima prevede l’integrazione salariale anche per l’unico dipendente del datore di lavoro. Nel frattempo, come in questo caso, è il FIS a farsi carico delle integrazioni salariali. Entro la medesima data i settori che non hanno ancora istituito il Fondo sono chiamati a farlo (e l’invito del Legislatore nei confronti delle associazioni datoriali e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale appare, oltre modo, pressante): se ciò non avverrà sarà il FIS a sostituirli incamerando anche le eventuali contribuzioni dovute. Contribuzione ordinaria Ma qual è la contribuzione ordinaria mensile dovuta per la CIGO e per il FIS? Per la CIGO (art. 13) è la seguente: a) 1,70% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per i dipendenti impiegati, operai e apprendisti delle imprese industriali che occupano fino a 50 dipendenti; b) 2,00% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per i dipendenti già individuati sub a) delle imprese industriali che occupano più di 50 dipendenti; c) 4,70% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per i dipendenti già individuati sub a) delle imprese industriali ed artigiane del settore edile; d) 3,30% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per gli operai e apprendisti delle imprese dell’industria e artigianato lapidei; e) 1,70% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per gli impiegati ed i quadri delle imprese dell’industria e dell’artigianato edile e lapidei che occupano fino a 50 dipendenti; f) 2,00% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per gli impiegati ed i quadri delle imprese dell’industria e dell’artigianato edile e lapidei che occupano più di 50 dipendenti. Discorso, leggermente, diverso per il FIS che eroga le proprie prestazioni attraverso l’assegno di integrazione salariale e che, a partire dal 1° gennaio 2022, non prevede più alcuna richiesta e successivo riconoscimento per l’assegno di solidarietà. La norma è stata riscritta ed, ora, occorre far riferimento ai commi 8 e 8-bis dell’art. 29. L’aliquota di finanziamento è fissata allo 0,50% per i datori di lavoro dimensionati, come media del semestre antecedente la data di presentazione della domanda, fino a 5 dipendenti: essa sale allo 0,80% per quelle con un organico superiore, con la possibilità (a partire dal 1° gennaio 2025) per le piccolissime aziende (fino a 5 dipendenti) di fruire di un abbassamento dell’aliquota nella misura del 40% se per 24 mesi, a partire dal 1° gennaio 2022, non saranno ricorsi ad alcun ammortizzatore. In ogni caso, per effetto del comma 219 dell’art. 1 della legge n. 234/2021, per l’anno il 2022 le aliquote del FIS sono ridotte e modulate in relazione al numero dei lavoratori occupati nell’impresa nel semestre precedente. Esse sono dello 0,15% per i datori dimensionati fino a 5 dipendenti, dello 0,55% se i lavoratori interessati sono compresi tra i 6 ed i 15, di 0,69% se l’organico è superiore alle 15 unità. Le imprese esercenti le attività commerciali, logistica, viaggio e turismo, operatori turistici che occupano più di 50 dipendenti pagano, per quest’anno, lo 0,24%. Sarà compito dell’INPS fornire, con propria circolare, tutte le delucidazioni relative ai versamenti. Per i datori di lavoro che si rivolgono al proprio Fondo di settore l’aliquota di contribuzione è quella prevista dal Fondo stesso. A questo proposito occorre ricordare quanto previsto dall’art. 40-bis del D.L.vo n. 148/2015. Questa norma, inserita in sede di conversione, intende rafforzare l’azione dei Fondi di solidarietà, atteso che, in via generale (se si fa eccezione delle integrazioni salariali COVID-19 che, erogate dallo Stato, hanno visto i Fondi, unicamente, quale mezzo di pagamento), hanno riscontrato molta ritrosia tra i datori di lavoro obbligati ad iscriversi. Ne è palese testimonianza il Fondo per il settore artigiano ove, tuttora, è presente un forte contenzioso sia in sede giudiziaria amministrativa che ordinaria. Per completezza di informazione, è opportuno rimarcare come il Tribunale di Roma, con sentenza n. 10087 del 30 novembre 2021, abbia affermato che, seppur sia vero che il D.L.vo n. 148/2015 (vecchia versione) non preveda la obbligatorietà della contribuzione ai Fondi bilaterali alternativi, la stessa possa essere ricavata dalle finalità insite nella disciplina. Il Legislatore, oggi, spinge, palesemente, sulla obbligatorietà e dispone che, a partire dal 1 gennaio 2022, la regolarità del versamento dell’aliquota di contribuzione ai Fondi di solidarietà bilaterali (art. 26), a quelli alternativi (art. 27) ed a quelli delle Province Autonome di Trento e Bolzano (art. 40) è condizione per il rilascio del DURC. Considerazioni finali Alcune considerazioni finali si rendono, a mio avviso, necessarie. Il Governo, pur riconoscendo le difficoltà in cui versano i settori interessati identificati, con particolare minuzia, nell’Allegato I, non ha pensato, in alcun modo, di neutralizzare il periodo ai fini della durata massima. Non so se in sede di conversione si arriverà a tenere in considerazione tale necessità che mi sembra non secondaria, soprattutto per i piccolissimi datori di lavoro (quelli fino a 5 dipendenti) ove la durata, nel biennio mobile, appare alquanto ridotta e che, chiedendo tutto il periodo tra il 1° gennaio ed il 31 marzo p.v., rischiano di consumare tutto il “bonus” di 13 settimane. Il pericolo è che se, malauguratamente, ci dovesse essere un ulteriore periodo (magari, in autunno a fronte di una malaugurata ripresa della pandemia o, per una successiva situazione “contingente”), tali imprese resterebbero senza “ammortizzatore FIS”. Ricordo, infatti, per completezza di informazione che la durata massima dell’assegno di integrazione salariale è: a) di 13 settimane in un biennio mobile, in favore dei dipendenti da datori di lavoro che, mediamente, occupano fino a 5 dipendenti; b) di 26 settimane in un biennio mobile, in favore dei dipendenti da imprese che, mediamente, occupano più di 6 dipendenti. Altra considerazione riguarda quelle aziende che, pur in difficoltà, non rientrano nella elencazione compresa nell’Allegato I come, ad esempio, i settori del tessile e della moda che, pure, fino al 31 dicembre 2021, hanno avuto una “integrazione salariale di favore”. Ebbene, le stesse dovranno presentare una domanda seguendo le procedure “consolidate” previste dal D.L.vo n. 148/2015 e pagando il contributo addizionale previsto. Copyright © - Riproduzione riservata