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Archivio newsCessione e licenza IP nel Metaverso: modelli contrattuali da ripensare
Il Metaverso permetterà alle aziende e agli utenti di creare e fruire dei contenuti in una maniera finora sconosciuta, spianando la strada a nuove forme di monetizzazione dei diritti di proprietà intellettuale. È perciò di fondamentale importanza che le aziende adottino una strategia ben precisa in merito all’utilizzo, gestione e tutela dei diritti di proprietà intellettuale, strategia che passa anche attraverso rapporti contrattuali che tengano in considerazione le peculiarità del Metaverso. Seppur certe dinamiche relative alla cessione e licenza di brevetti, marchi e altri diritti di proprietà intellettuale rimarranno sostanzialmente invariate, l’avvento del Metaverso porterà inevitabilmente le aziende a ripensare gli attuali modelli contrattuali.
Secondo un recente studio condotto da Bloomberg, il Metaverso genererà entro il 2024 un giro di affari per un valore che si stima intorno agli 800 miliardi di dollari. Non sorprende dunque vedere sempre più aziende interessate a investire nel mondo virtuale col tentativo di accaparrarsi una parte di questo mercato multimiliardario. Appare chiaro che la corsa al Metaverso non coinvolge più solamente aziende tecnologiche come Facebook - Meta dopo l’operazione di “rebranding” annunciata da Zuckerberg lo scorso ottobre - e Microsoft, ma aziende di tutti i settori: da Gucci, Nike e Balenciaga che vendono abiti e accessori digitali su Fortnite e Roblox, a Republic Realm che ha recentemente acquistato un appezzamento di terreno virtuale in The Sandbox per un valore di 4,2 milioni di dollari. Lo sviluppo del Metaverso andrà di pari passo con la proliferazione di nuove tecnologie immersive (AR e VR), ideate appositamente per consentire agli utenti di vivere esperienze sempre più coinvolgenti all’interno dei mondi virtuali, e con la crescente popolarità di beni e servizi digitali. Non sorprende pertanto che brevetti, marchi e diritti d’autore ricopriranno un ruolo fondamentale nell’economia del “nuovo mondo”. Modelli contrattuali da ripensare Il Metaverso permetterà alle aziende e agli utenti di creare e fruire dei contenuti in una maniera finora sconosciuta, spianando la strada a nuove forme di monetizzazione dei diritti di proprietà intellettuale. È perciò di fondamentale importanza che le aziende adottino una strategia ben precisa in merito all’utilizzo, gestione e tutela dei diritti di proprietà intellettuale, strategia che passa anche attraverso rapporti contrattuali che tengano in considerazione le peculiarità del Metaverso. Seppur certe dinamiche relative alla cessione e licenza di brevetti, marchi e altri diritti di proprietà intellettuale rimarranno sostanzialmente invariate, l’avvento del Metaverso porterà inevitabilmente le aziende a ripensare gli attuali modelli contrattuali. Infatti, nonostante il contenuto di ciascun contratto sia diverso a seconda del suo oggetto, dei diritti ceduti e/o concessi in licenza, del modello di pagamento dei corrispettivi e di ogni altra circostanza del caso concreto, vi sono alcuni elementi ricorrenti che dovranno essere tenuti in debita considerazione quando si parlerà di accordi per la cessione o la licenza di diritti di proprietà intellettuale nel Metaverso sia in caso di cessione di opera di nuova creazione sia per quanto riguarda l'attività di clearance dei diritti con riguardo ai contratti già esistenti. Clausole sulle nuove tecnologie Con particolare riferimento poi ai contratti di cessione e licenza di diritti d’autore, talune problematiche interpretative potrebbero sorgere in merito all’applicabilità nel contesto del Metaverso delle clausole sulle nuove tecnologie che estendono il diritto di sfruttamento su tutte le tecnologie conosciute al momento e da sviluppare in futuro. La normativa di riferimento prevede che nella cessione o licenza “non possano essere compresi i futuri diritti eventualmente attribuiti da leggi posteriori, che comportino una protezione del diritto di autore più larga nel suo contenuto o di maggiore durata” (art. 119, comma 3, l.d.a.). Tuttavia, la giurisprudenza maggioritaria sembra escludere l’applicabilità analogica del divieto di cessione dei c.d. diritti futuri ai contratti di cessione di diritto d’autore diversi da quelli di edizione di libri, in quanto i primi sono di natura atipica e non soggetti alle disposizioni previste per il contratto di edizione tradizionale. Ne consegue che le aziende sarebbero libere di sfruttare le clausole di cessione o licenza sulle nuove tecnologie anche per ricomprendere l’utilizzo delle opere nel Metaverso. Inoltre, nonostante si possa affermare che in base alla nostra legge sul diritto d’autore il datore di lavoro è titolare dei diritti di utilizzazione economica delle opere realizzate dai propri dipendenti poi trasformate in beni digitali per il Metaverso, lo stesso potrebbe non applicarsi necessariamente per le opere create dai lavoratori autonomi. A tal proposito, la legge 22 maggio 2017, n. 81 (in Gazzetta Ufficiale n. 135 del 13 giugno 2017, entrata in vigore il successivo 14 giugno 2017), c.d. Jobs Act all'art. 4 prevede che i diritti di utilizzazione economica relativi ad apporti originali e a invenzioni realizzati nell’esecuzione del contratto spettino al lavoratore autonomo, salvo il caso in cui l’attività inventiva non sia prevista come oggetto del contratto di lavoro e a tal scopo compensata. In ogni caso, potrebbe risultare non sempre semplice comprendere se la creazione di diritto d’autore da parte del lavoratore autonomo rientri nello scopo della commissione, rendendo opportuno a tal fine prevedere un’apposita clausola di cessione dei diritti di proprietà intellettuale. Pluralità di Metaversi Ad aggiungere un ulteriore livello di complessità è sicuramente l’esistenza di una pluralità di Metaversi che rafforzerà ulteriormente l’esigenza di stabilire in maniera chiara ed inequivocabile l’oggetto dei contratti di cessione e licenza dei diritti di proprietà intellettuale. Esigenza che dovrà in ogni caso essere bilanciata con la necessità di avere contratti che siano in grado di adattarsi ai mutamenti di un ambiente interattivo ed evolutivo, evitando continue rinegoziazioni. Il successo del Metaverso dipenderà anche in larga parte dai contenuti generati dagli utenti. Ciò significa che nell’economia del Metaverso assumeranno un ruolo fondamentale non solo i contratti di cessione e licenza dei diritti di proprietà intellettuale, ma anche le condizioni d’uso predisposte dai fornitori dei vari ambienti virtuali. Infatti, nonostante l’immaginario comune porti a pensare al Metaverso come a un insieme di mondi interoperabili e decentralizzati nei quali gli utenti possono muoversi liberamente, allo stato attuale le diverse piattaforme appaiono più simili a dei “walled gardens” controllati da singole aziende. Pertanto, le condizioni d’uso avranno un ruolo chiave nel modellare i rapporti tra creatori, utenti, fornitori di beni e servizi e proprietari dei vari Metaversi, soprattutto per quanto attiene alla titolarità dei contenuti creati in questi ambienti. Le strade percorribili in tal senso sono diverse. Ad oggi, per esempio, sono molto diffusi nei mondi virtuali MMO termini d’uso che sanciscono che tutto ciò che risiede o venga creato in questi ambienti sia, o comunque diventi, di proprietà esclusiva del fornitore che lo concede in licenza ai propri utenti. Sulla base di questo modello, gli utenti possono acquistare beni digitali che rimangono tuttavia di proprietà del fornitore, limitandone sostanzialmente la loro commerciabilità e trasferibilità anche verso altri mondi virtuali. Un approccio radicalmente opposto è quello seguito da Second Life, i cui termini d’uso prevedono che i beni virtuali acquistati e creati all’interno del gioco siano di proprietà degli stessi utenti e creatori. Infine, si sta facendo largo anche l’idea che il Metaverso debba essere un ambiente virtuale Web 3.0, aperto e decentralizzato in cui i contenuti, beni e servizi non risiedono sui server di singole aziende, ma vengono disseminati in rete, rimanendo di proprietà dei legittimi autori che hanno il controllo totale dei contenuti e dell’infrastruttura alla base del Metaverso. Questo modello permetterebbe di superare l’impostazione dei “walled garden” per il quale ogni utente è tenuto a rispettare i termini d’uso dei singoli ambienti virtuali che frequenta, trattandosi di isole separate ciascuna soggetta alle proprie regole.
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