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Archivio newsAziende che operano in Russia e Ucraina: qual è il ruolo di HR?
Il ruolo delle imprese che operano in territori colpiti dalla guerra è quello di governare, per quanto possibile, gli eventi, limitando le conseguenze per il proprio capitale umano. Quindi, qual è il ruolo di HR? Nell’immediato: il rientro delle risorse umane dal teatro di guerra e, a seconda delle situazioni specifiche, la ricollocazione sul mercato. Centrali diventano il distacco, in particolare, infra-gruppo, i trasferimenti, l’integrazione delle risorse nelle nuove organizzazioni nei Paesi di destinazione. Ma anche saper costruire modelli di organizzazione del lavoro tali da consentire la ricollocazione delle risorse per trasformare un evento drammatico in un’opportunità sia per l’azienda che per il lavoratore e incentivare piani di formazione o di riqualificazione professionale. Ma non basta: si deve pensare anche al futuro …
La guerra non è un istituto giuridico, non è un modello organizzativo, non è una scelta imprenditoriale, non è nemmeno un avvenimento governato dal mondo dell’impresa. La guerra, qualunque essa sia, è un fatto storico che nella sua drammaticità genera impatti sociali, economici, relazionali a differenti livelli e con differenti orizzonti temporali. In questo quadro, il ruolo dell’impresa ed, in particolare, delle risorse umane è quello di governare, per quanto possibile, gli eventi, limitando le conseguenze per il proprio capitale umano. Al quesito su quali siano le problematiche che le aziende devono gestire a fronte dell’insorgere di un conflitto non vi è, e non può esserci, una risposta univoca e definitiva, non foss’altro perché un evento come un conflitto bellico esprime conseguenze che occorre vagliare negli effetti e nel tempo. Fatta questa premessa, occorre approfondire nello specifico il tema dei possibili impatti del conflitto nella gestione delle risorse umane. Nel fare ciò occorre, però, cercare di individuare le coordinate d’intervento. Si commetterebbe un gravissimo errore se si considerasse la gestione delle risorse umane in un periodo di conflitto armato solo focalizzandosi sugli effetti economici per le realtà imprenditoriali che hanno relazioni commerciali attive e passive con i Paesi in guerra. Da questo orizzonte visivo limitato potrà derivare una visione miope del fenomeno che porterebbe a considerare l’intera vicenda, esclusivamente, in termini di difficoltà economiche/di fatturato ed organizzative dalle quali far discendere esuberi, chiusure o il ricorso a strumenti d’integrazione salariale. A ben vedere, la questione economico-organizzativa non è caratterizzante solo l’evento della guerra-conflitto, ma potrebbe essere connesso ad eventi differenti che poco o nulla hanno a che vedere con lo stesso. Nel caso di una guerra ci sono temi peculiari che attengono ad un mondo che può dirsi al confine fra la tutela umanitaria e la tutela degli investimenti dell’impresa. Qual è la funzione HR delle aziende che operano in Paesi in guerra? Stare in una terra di mezzo fra la responsabilità sociale, o meglio i valori etici dell’impresa e la tutela del proprio patrimonio umano. Uno dei temi che la funzione HR deve porsi nell’immediato è il rientro delle risorse umane che sono sul teatro di guerra e come, a seconda delle situazioni specifiche, ricollocarle in Italia o nei Paesi limitrofi a quelli in guerra. Centrali diventano temi quali il distacco, in particolare, infra-gruppo, i trasferimenti. Non solo. Il tema delle conseguenze del conflitto non si può esaurire nel breve periodo attraverso la revoca e/o modifica di provvedimenti che spostano la sede di lavoro: le direzioni HR dovranno affrontare anche la questione relativa l’integrazione delle risorse nelle nuove organizzazioni che dovranno essere implementate nei Paesi di destinazione. In questo quadro assume una rilevanza decisiva saper costruire dei modelli di organizzazione del lavoro da consentire la ricollocazione delle risorse per trasformare un evento drammatico in un’opportunità sia per l’azienda che per il lavoratore e non rendere quelle stesse risorse “un esubero”. Sul “tavolo” dell’HR si trovano, quindi, potenzialmente diversi tipi di esigenze, da quelle più strettamente connesse all’integrazione, a quelle puramente economiche. Si pensi ai costi per lo spostamento delle risorse da una sede all’altra, a misure di welfare per attenuare gli effetti dell’integrazione delle risorse (es. bonus asilo o corsi di lingua o altre misure di integrazione sociale e culturale), a incentivare piani di formazione o di riqualificazione professionale per il personale che oggi non è più impiegabile in lavorazioni svolte esclusivamente nel Paese di provenienza. Ma vi è di più, la funzione HR dovrà prevedere dei piani finalizzati alla gestione delle risorse nell’ottica dell’evoluzione del conflitto, ossia come e in che misura potranno essere ricollocate in futuro in quei territori teatri di guerra. Con riferimento a questo aspetto, però, occorrerà sempre avere a mente due visioni differenti a seconda che si verta nell’ipotesi di rientro in un Paese da ricostruire o che si verta nell’ipotesi di un Paese nei confronti del quale siano in corso sanzioni economiche. Nel primo caso evidentemente ci sarà un incentivo alla ripresa delle attività economiche, nel secondo, almeno nel medio periodo, si dovranno gestire i nuovi assetti dei rapporti economici, con conseguente riorganizzazione anche della forza lavoro. Ma le aziende potrebbero essere chiamate a svolgere una valutazione sul ricorso agli ammortizzatori sociali o sulla gestione degli esuberi. Evidentemente questa è l’ultima delle opzioni, per quanto prevedibile ma non auspicabile, potenzialmente connesse al conflitto. In ultima analisi, nella vicenda della guerra fra Russia ed Ucraina, ma in generale in tutti i conflitti, la HR svolge un ruolo assolutamente centrale all’interno dell’azienda, sia nella fase del conflitto vero e proprio, che nella gestione di una guerra di più lunga durata anche su territori che non sono in conflitto ma che sono indirettamente impattati da questo. La sua centralità, però, non si limita all’aspetto organizzativo o tecnico-gestorio, ma a garantire misure il cui valore è anche sociale, il tutto con un orizzonte temporale di medio e lungo termine. Copyright © - Riproduzione riservata