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Come valutare le aziende: le 7 domande che devono porsi le PMI

Gli effetti della crisi bellica e degli effetti post pandemia non risparmiano neanche le tecniche e le prassi delle valutazioni d’azienda. La difficoltà principale sta nell’isolare gli elementi collegati all’incertezza delle prospettive di mercato e nell’attribuirvi una corretta ponderazione e collocazione. L’analisi sulle valutazioni delle PMI distingue le crisi in due principali tipologie in relazione alle conseguenze più probabili: crisi da offerta e crisi da domanda. Normalmente le crisi da domanda si caratterizzano per effetti più duraturi, mentre le crisi da offerta per un più rapido riassorbimento, stimolato anche da interventi pubblici di sostegno e di rilancio. Ma quali sono le domande che una PMI deve porsi nell’attuale congiuntura, per pervenire a una corretta valutazione aziendale?

La crisi indotta dalla guerra tra Russia e Ucraina nonché la pandemia da Covid è una crisi da offerta, ma l’intensità e la dimensione globale non lasciano dubbi sul fatto che sia destinata a manifestare effetti oltre il breve termine essendo destinata ad incidere: - sugli stili di vita; - sulle modalità di lavoro; - sui bisogni dei consumatori; - sulle relazioni fra imprese; - sulle localizzazioni delle produzioni. Gli effetti di lungo termine delle crisi incidono significativamente sul valore delle imprese, in quanto ne condizionano il valore terminale. La ponderazione o collocazione degli elementi di incertezza sta nella considerazione che la crisi economica e finanziaria sia l’assunzione di partenza per lo sviluppo dei Business Plan e l’esclusione astratta tout-court della crisi.

Attenzione.Allo stato attuale non pare che siano state emanate norme ad hoc o principi contabili nell’ambito delle valutazioni d’azienda post pandemia e guerra tra Russia e Ucraina.
Sono pochi i casi, in cui gli effetti bellici o ancora di più la pandemia da Covid hanno modificato il processo di pianificazione delle imprese, molto più frequentemente le imprese hanno rinviato i piani o più semplicemente si sono limitate a formulare il budget. Laddove invece il processo di pianificazione è cambiato, le imprese identificano, nel futuro, di poter ritornare ai risultati ante crisi ed estrapolano per convergenza dal presente i risultati attesi. In tutti questi casi il consulente è chiamato a svolgere una propria autonoma analisi fondamentale. In particolare, il consulente deve interrogarsi sugli effetti più probabili delle discontinuità indotte dalla pandemia e della capacità dell’impresa di reagirvi. Crisi nella valutazione d’impresa con effetto temporaneo Purtroppo, la guerra tra Russia e Ucraina oppure la pandemia è considerata un fenomeno temporaneo, esaurito il quale, l’impresa potrà recuperare le performance precedenti. In questa prospettiva il consulente si limita a verificare che il piano preveda il recupero delle performance del 2019 in un arco temporale ragionevole, oltre il quale l’impresa possa riprendere il trend di risultati atteso ante Covid. La figura che segue mostra come adottando questa prospettiva l’esperto si limiti a riflettere nella valutazione gli effetti temporanei della crisi riconducibili a due variabili chiave: la durata e l’intensità della crisi, rappresentate nel grafico dalla base e dall’altezza del triangolo rovesciato che identifica l’area di risultati che la crisi stessa ha fatto venir meno. Questa prospettiva di valutazione, come evidenziato in precedenza, comporta un azzeramento di un’assunzione fondamentale ossia che la crisi rappresenti un temporale passato e non invece un segnale di cambio di stagione, al quale l’impresa si debba preparare attraverso una stabilizzazione. Stabilizzare l’impresa significa impedire all’azienda uno scivolamento lungo il piano inclinato della crisi, riportandola sotto controllo. Pertanto, l’assumption è che la gestione torna sotto controllo e si ricompongono i processi aziendali, la cui regolarità è compromessa dalle discontinuità prodotte dalle crisi. L’impresa che torna sotto controllo riprende la capacità di programmare e di assumere impegni credibili nei confronti dei terzi. Il Covid-19 prima e la guerra in Ucraina, peraltro, hanno portato con loro, e in molti casi accelerato, una serie di cambiamenti che influenzeranno, comunque, il valore delle imprese delle imprese e della finanza. Le misure per la “messa in sicurezza” dell’impresa tipicamente comprendono: 1) gli interventi per il presidio delle liquidità a breve termine. Le PMI avranno bisogno di liquidità e ciò potrebbe tradursi, auspicabilmente, anche in un rapporto diverso tra la finanza e le imprese, una relazione di mutuo supporto e arricchimento che potrebbe essere ideale per il tessuto delle PMI italiane, i cui imprenditori sono spesso particolarmente legati alla loro impresa e poco propensi ad aprire il capitale; 2) la gestione dei rapporti con i fornitori e con i clienti critici. Uno dei primi effetti della pandemia e della guerra è stato il ripensamento della catena di valore delle imprese. Se è vero che l’interscambio globale costruito finora è difficile da smontare in poco tempo, dall’altro lato è indubbio che la catena di produzione sia destinata ad accorciarsi, i confini a restringersi, i costi ad aumentare. La gestione dei fornitori dovrà essere finalizzata a intervenire su questa catena, in ottica di consolidamento, di aumento di dimensione, quindi alla capacità di creare economie di scala e di efficientamento nella produzione; 3) la gestione dei rapporti con le banche, indispensabile alla continuità della gestione. L’era del denaro facile è terminato e diventa strategico il rapporto con le banche ed altri intermediari finanziari. Tassi alti e inflazione incidono sul costo del denaro e quindi impongono un cambio di strategia; 4) le azioni immediate per migliorare la redditività e i flussi monetari. Queste comprendono tipicamente la selezione ed il ridimensionamento delle attività, l’utilizzo delle ammortizzazioni sociali, il recupero di efficienza nei flussi operativi, la compressione dei costi di struttura. Per le ragioni del punto precedente ma anche per una complessità maggiore del mercato, la strategia di gestione non potrà che orientarsi, oggi più che mai, verso la creazione di valore. Il che implica una serie di fattori, tra cui una conoscenza dei business sempre più sofisticati e verticali (pensiamo alla tecnologia), la presenza di competenze ben precise sempre più difficili da trovare ma anche un allungamento, nel caso dei fondi, dell’holding period. 5) il rafforzamento dei controlli sulla gestione. Come in ogni crisi, alla fine resterà solo chi ha le fondamenta più solide. E in questa crisi il repulisti rischia di essere ancor più doloroso proprio per la rapidità di certi effetti, ad esempio, l’aumento dei prezzi dell’energia o le strozzature nella catena di approvvigionamento che rischiano di non lasciare scampo a realtà anche finora solide. Inevitabilmente, il denaro in circolazione sarà destinato a concentrarsi in pochi settori considerati sicuri fra i quali il tech e tutto ciò che è legato alla sostenibilità e alla salute. Le valutazioni delle PMI o scelte aziendali sono definite attraverso le seguenti assumption: - definizione di orizzonti temporali più estesi rispetto alle valutazioni o scelte aziendali pre Covid e pre guerra, in quanto si considera un periodo variabile fra i 12 ed i 24 mesi necessario per ritornare ai livelli di performance del 2019 oltre il quale si innesta il “vecchio” piano formulato ante crisi; - si proietta un ritorno al passato (old normal) in termini sia di dinamica della domanda sia di rivalità competitiva; - le scelte devono considerare una crescita di risultati senza investimenti in quanto mantenendo lo stesso quadro competitivo precedente al recupero della domanda non si accompagna l’esigenza di investimenti di capacità, né di altri tipi di investimenti; - tutte le valutazioni si basano che la crisi abbia colpito nello stesso modo tutte le imprese del settore e quindi che tutte le imprese reagiscano nello stesso modo senza che siano compromessi gli equilibri competitivi di settore. Dall’ esperienza, nella gestione delle crisi precedenti sappiamo che: - il rischio più sottovalutato nelle crisi è l’inerzia (management bias): le imprese che dimostrano grande difficoltà di ripresa dopo la crisi sono proprio le imprese che non hanno saputo adattarsi ai cambiamenti indotti dalla crisi stessa, sulla base che la crisi fosse un fenomeno solo temporaneo; - i cambiamenti strutturali di norma generano nuovi bisogni: come dire nuovi modi per servire i vecchi bisogni. La figura che segue illustra la prospettiva che il consulente aziendale (o imprenditore) dovrebbe più correttamente adottare, ossia, stimare una durata e un’intensità della crisi (l’area del triangolo) e le scelte o valutazioni aziendali dovrebbero riflettere anche l’opinione del consulente dell’esperto. Considerare il “nuovo” equilibrio che con maggiore probabilità si verrà a creare dopo la crisi e definito next normal. Impostazione della valutazione d’azienda Il fenomeno dell’incertezza, essendo connaturato nella gestione aziendale, non può che rappresentare una delle leve (driver) di valore che il consulente deve considerare dopo aver analizzato con ponderazione l’insieme dell’informativa storica e previsionale a disposizione (analisi fondamentale). Molteplici sono i fattori di incertezza che condizionano le stime di valore, fra di esse trova posto sicuramente il Covid, con i suoi risvolti a livello economico che colpiscono inevitabilmente le piccole e medie imprese. Al riguardo, si possono citare alcuni elementi caratteristici della crisi da Covid, di cui occorre tenere conto: - fenomeno sistemico. Ciò significa che i principali effetti della crisi sono al di fuori delle leve di controllo dell’impresa: dinamica macroeconomica, reazioni dei consumatori, cambiamenti della domanda, ecc.; - risposta idiosincratica. Nonostante la crisi sia un fenomeno sistemico, la pandemia o la guerra tra Russia e Ucraina, non è un destino eguale per tutte le PMI. All’interno di uno stesso settore o gruppo strategico d’imprese si registra una grande disparità di risultati, segno che le imprese stanno reagendo in modi diversi; - nuove tendenze emergenti. La crisi ha senza dubbio accelerato alcuni processi già in atto prima della pandemia o della situazione bellica (es: la digitalizzazione, la sostenibilità, ecc.); - grandi strozzature nell’offerta nella fase di ripresa. In molti settori la supply chain ha mostrato gravi carenze, facendo emergere una maggiore importanza rispetto alla competizione orizzontale. Il miglioramento dei processi critici ha un importante impatto sulla valutazione della piccola e media impresa. È un importante anello di congiunzione fra la strategia e l’azione operativa. Sinteticamente possono essere delineate tre grandi aree di intervento: - i processi di marketing e di vendita; - i processi relativi alla logistica e alla produzione; - i processi di informazione e controllo. Per tutte le categorie di processi le variabili con le quali confrontarsi sono tre: 1) il miglioramento dei costi, da realizzare ad esempio attraverso la semplificazione dei processi, l’incremento dell’efficienza, l’esternalizzazione delle attività che non creano valore; 2) il miglioramento delle qualità, intesa come conformità allo standard desiderato; 3) il miglioramento dei tempi di risposta, ad esempio riducendo le fasi dei processi. Il miglior modo per affrontare le problematiche valutative e delle azioni da intraprendere, che emergono dal nuovo contesto, consistono nel porsi alcune domande alle quali la PMI dovrebbe essere in grado di dare risposta. Le 7 domande per affrontare le problematiche valutative
1Le nuove minacce/opportunità indotte dalla crisi favoriscono gli incumbent o i newcomers?
2Le nuove traiettorie di sviluppo (digitalizzazione, sostenibilità, ecc.) richiedono nuove competenze?
3L’impresa ha di fronte a sé percorsi di investimento alternativi o in competizione fra loro, rispetto ai quali assumere fin d’ora una direzione da imboccare?
4I confini del mercato in cui opera l’impresa si stanno modificando? Si ampliano o si restringono?
5Cambiano le fonti di vantaggio competitivo (ad es. in molti settori le economie di scala, che rappresentavano una fonte di vantaggio competitivo sono diventate una fonte di svantaggio)?
6La rivalità competitiva sarà più o meno intensa nel medio termine, terminata la fase di rimbalzo della domanda nell’immediato post-Covid?
7Skill or luck? Chi registra migliori performance nel settore è chi ha più capacità o chi è più fortunato (in quanto si è trovato al posto giusto al momento giusto)?
Conclusioni Molte decisioni valutative rinunciano a svolgere analisi fondamentali, limitandosi a prevedere solo la durata e l’intensità della crisi, quindi ipotizzando un pieno recupero delle condizioni ante-Covid e ante-conflitto bellico, come se questi non fossero suscettibili di generare effetti nel lungo periodo, per effetto: di discontinuità nel comportamento dei consumatori, nella riconfigurazione delle supply chain, nella reazione dei concorrenti, nell’ingresso di newcomers, nell’obsolescenza delle fonti di vantaggio competitivo, nell’accelerazione dei trend di settore. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2022/08/29/valutare-aziende-7-domande-devono-porsi-pmi

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