News
Archivio newsSegreto professionale: quali sono i diritti e i doveri
La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha pubblicato l’approfondimento del 18 ottobre 2022 in materia di segreto professionale. La disamina parte dall’inquadramento normativo, dall’oggetto del segreto e fino alla violazione dell’obbligo e al conseguente reato previsto dall’articolo 622 del codice penale, tenendo conto anche delle previsioni del Codice deontologico per l’esercizio della professione. Nel documento si illustrano i presupposti dell’obbligo e della responsabilità penale, soffermandosi sulle conseguenze dirette nei casi in cui si riveli il segreto “in ragione della propria professione” e “senza giusta causa”. Ma anche nel caso in cui l’autorità giudiziaria chieda al Consulente del Lavoro la consegna “immediata” di documenti e informazioni relativi ad un cliente sottoposto a indagine penale.
Nell’approfondimento del 18 ottobre 2022, la Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro si occupa di segreto perofessionale con riferimento alla professione svolta dagli iscritti all’Ordine. L’oggetto sul quale il Consulente deve mantenere il segreto ed il massimo riserbo è rappresentato dalle attività prestate e da tutte le informazioni che gli sono fornite dal cliente, nonché da quelle di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza dell’incarico affidatogli. I presupposti affinché il Consulente del Lavoro sia tenuto all’obbligo del segreto sono: 1. l’esistenza di un mandato professionale; 2. il fatto che le notizie gli siano state riferite dal proprio cliente in funzione del mandato ricevuto. Tale obbligo sussiste non solo nel corso dell’espletamento dell’incarico professionale, ma anche dopo che questo si sia concluso. Non può invece ravvisarsi alcuna lesione dell’obbligo del segreto professionale nel caso in cui il Consulente del Lavoro riferisca fatti conosciuti al di fuori di uno specifico conferimento di incarico professionale cui gli stessi attengono. Responsabilità penale La violazione dell’obbligo del segreto professionale integra non soltanto un illecito deontologico, ma altresì la fattispecie criminosa di cui all’articolo 622 del codice penale, il quale punisce “chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela senza giusta causa ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, se dal fatto può derivare nocumento”. Va tuttavia precisato che la “giusta causa” rende non punibile la rivelazione di un segreto professionale, deve essere rappresentata “da motivi «oggettivamente» rilevanti, perché il fine o il motivo dell’agente, per sé solo, non può considerarsi come giusta causa autorizzante la rivelazione”. La “giusta causa”, dunque, è una vera e propria esimente, che si configura ogniqualvolta la rivelazione del segreto è preordinata all’esercizio di un diritto fondamentale di contenuto e valenza superiori al diritto alla segretezza di cui è titolare un terzo. Oltre a quello di difesa, anche l’esercizio di tanti altri diritti, egualmente garantiti dalla Costituzione, compresi quelli nascenti da rapporti civili e di natura patrimoniale, rendono “giusta” la causa della rivelazione del segreto, poiché “rispetto a questi non può che valere lo stesso «criterio di equità» che si suole invocare a giustificazione della non punibilità della rivelazione proveniente dall’imputato, e cioè che non si può pretendere che un soggetto sia posto nel bivio di non poter tutelare un proprio legittimo interesse o di commettere un delitto mediante la rivelazione del segreto” La richiesta di consegna di atti da parte dell’autorità giudiziaria Nel caso in cui a un Consulente del Lavoro sia notificato un ordine – cosiddetto di “esibizione” – con il quale l’autorità giudiziaria gli chieda di “consegnare immediatamente gli atti e i documenti esistenti presso di” lui “per ragioni” della sua “professione”, egli può avvalersi del segreto professionale. Tuttavia, se “l’autorità giudiziaria ha motivo di dubitare della fondatezza” della dichiarazione che concerne il segreto professionale, “e ritiene di non poter procedere senza acquisire gli atti, i documenti o le cose indicate” nella richiesta di esibizione, “provvede agli accertamenti necessari” e “se la dichiarazione risulta infondata”, viene disposto il sequestro della documentazione.A cura della redazioneCopyright © - Riproduzione riservata
Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro, approfondimento 18/10/2022