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Venture capital: cosa si è fatto in Italia per gli investimenti in capitale di rischio

Gli investitori in venture capitale sono sempre più qualificati e hanno strategie di portafoglio sempre più chiare. L’investimento in capitale di rischio e nel venture capital in particolare assume un ruolo piuttosto rilevante che ha già offerto al nostro Paese un contributo non marginale, attivando numerose start up, favorendo anche un più stretto rapporto con le Università e sostenendo diverse imprese innovative. Proprio nel corso dell’anno appena concluso, Cdp Venture Capital SGR ha lanciato due poli nazionali di trasferimento tecnologico, attivato otto programmi di accelerazione, avviato il fondo corporate e continuato in modo significativo con investimenti diretti e indiretti.

Dal punto di vista della conformazione e dell'offerta, gli investitori sono sempre più qualificati e hanno strategie di portafoglio sempre più chiare e questo è un fattore abilitante importante nel costruire l'offerta e nell'indirizzare al meglio le scelte di investimento. L’investimento in capitale di rischio e nel venture capital in particolare assume un ruolo piuttosto rilevante, in continua ascesa, che ha già offerto al nostro Paese un contributo non marginale, attivando numerose start up, favorendo anche un più stretto rapporto con le Università e sostenendo diverse imprese innovative. Cosa dicono il rapporto Rapporto “EY Venture Capital Barometer 2021” e i dati di “State of European Tech”. Investimenti nel venture capital É una vera esplosione degli investimenti nel venture capital, dai più rischiosi pre-seed e seed, che vanno a finanziare i business innovativi partendo dall’idea di base, fino a quelli verso start up più mature e PMI. Nel 2021 è stata raggiunta la cifra globale nel mondo di 621 miliardi di dollari: un massimo storico per il settore, in crescita del 112% rispetto al 2020 e superiore di quattro volte il totale del 2015. Nel suo piccolo, anche l’Italia ha segnato un record: per la prima volta lo scorso anno ha superato la vetta del miliardo di euro, in aumento del 118% sul 2020, mentre i deal sono passati da 111 a 334. L'Italia sta muovendo dei passi importanti nel mondo del venture capital, alla pari di altri paesi europei che ci hanno preceduto. Risorse finanziarie per 3,5 miliardi di euro è una cifra molto importante, che sarà utilizzata per dare slancio e sostenere lo sviluppo del mercato: 1) sostenere gli investimenti indiretti; 2) sostenere il mercato del late stage capital, perché anche in Italia cominciano a esserci start up mature che hanno bisogno di round importanti e si deve lavorare con fondi dedicati; 3) continuare a investire sulle tecnologie strategiche per il paese sempre in ottica di co-investimento con altri investitori che credono nelle start up e le facciano crescere. L’innovazione rappresenta uno dei driver imprescindibili per la crescita dei Paesi industriali, in quanto consente di mantenere la propria posizione a livello competitivo, ma anche fungere da stimolo per nuovi investimenti e nuovi consumi. In questo senso, e in questo contesto, il venture capital può esercitare un ruolo da protagonista, soprattutto in quei settori dove si combinano elevate necessità di investimento, spinte evolutive e mercati in espansione: - food and beverage; - consumer goods, - Ict; - pharmaceutical; - healthcare; - cybersecurity; - robotica. Dimensioni del venture capital La Silicon Valley ha cominciato circa 50 anni fa, mentre in Europa a muoversi per primo è stato il Regno Unito. La Francia è partita sotto la presidenza Hollande e Macron e sta proseguendo il suo percorso. L’Italia è in ritardo: con il miliardo di euro di raccolta raggiunto l’anno scorso è ai livelli della Gran Bretagna nei primi anni Duemila, della Francia nel 2012 e della Spagna nel 2017. Il nostro Paese rappresenta solo il 2% circa del venture capital in Europa, UK inclusi, e se si valutano gli investimenti rispetto al Pil nazionale siamo sotto la media. Il venture capital è passato dai circa 200 milioni nel 2017 a superare i 2 miliardi quest'anno. Dieci volte tanto. Continuerà l’accelerazione, ci si aspetta di avere nel 2025 almeno 4 miliardi di euro investiti in venture capital che significa far crescere nuovi fondi, nuova occupazione e portare le startup italiane intorno alle 17 mila. Il sogno è arrivare a 9 miliardi di euro che significa portare il rapporto del venture capital sul pil nazionale pari a quello che hanno altri paesi europei come la Francia. L'obiettivo è colmare il gap con il resto d'Europa. Secondo le proiezioni di Cdp nel 2025 il mercato del venture capital varrà in Italia almeno 4 miliardi di euro, ma se il trend dovesse essere in crescita si potrebbe arrivare a nove miliardi.Technology transfer e innovazione sono e devono essere leve fondamentali della crescita e dello sviluppo del nostro Paese, perché sono connaturate al nostro sistema produttivo e perché stanno diffondendosi come fenomeno culturale nel nostro sistema sociale. Quando tecnologia e innovazione sono elementi diffusi nella cultura di un Paese questo diventa attrattivo ed è questo a cui dobbiamo mirare se davvero vogliamo sfruttare appieno le opportunità e le sfide che si stanno presentando. Venture capital con nuove competenze e qualità Più che nuove competenze servono nuove intenzioni, volte a progetti reali, di medio termine, e con un orientamento agli investimenti come progetto e non come opportunità speculative. Spesso si limita la sostenibilità al problema ecologico: la sostenibilità è invece la qualità del modello di business dell'impresa, il che implica negli investitori un'attitudine ad assecondare invece che forzare il trade-off rischio-rendimento-tempo. In ogni caso al di là dei settori, dei cambiamenti in atto e della tipologia di investimento, il trend che si sta consolidando sempre di più è quello di allocare risorse in modo efficace e sostenibile, per favorire progetti che generino valore reale nel lungo termine. Se ben gestito e ben indirizzato, il venture capital è sempre più uno strumento in grado di favorire il futuro delle start up e delle PMI e quindi degli imprenditori, affiancandoli verso uno sviluppo che possa portare beneficio a tutti attraverso un'idea di futuro sostenibile. Grazie, a Cdp Venture Capital si arriverà ad avere 5,3 miliardi di capitali in gestione entro il 2024, per sostenere l'ecosistema italiano dell'innovazione. Fino a oggi la SGR della Cassa ha avuto a disposizione 1,8 miliardi di euro, con investimenti in fondi di venture capital, programmi di accelerazione e oltre 250 start up. Nei prossimi due anni quindi altri 3,5 miliardi di euro che moltiplicheranno le masse gestite, attraverso fondi del Patrimonio rilancio, del PNRR e di nuovi investitori. Quali sono le priorità sulle quali intervenire nel venture capital? Tale tipologia di attività appare, di per sé, pro-ciclica, può cioè fungere da “acceleratore” dello sviluppo economico ma, se vuole essere potenziata a favore delle imprese più complesse e nei momenti di ciclo economico meno favorevole, necessita di un sostegno continuo, articolato e coerente, e non di interventi meramente occasionali. Quanto appena affermato è vero con particolare riferimento agli interventi in imprese high tech, dove, se non si interviene a livello di tutta la filiera che origina le opportunità di investimento, a partire dalla ricerca di base, si producono ben pochi effetti duraturi e significativi sul sistema Paese. La conferma che selezionare l’investimento giusto è diventata più complessa, e più caro, lo confermano anche dall’estero. I round di investimento nelle imprese high tech sono effettivamente diventati più competitivi nei vari stage e quindi spesso finiscono per essere più costosi rispetto agli anni precedenti. Innanzitutto, è importante proseguire nell’implementazione, in Italia, di un’offerta sempre più strutturata, obiettivo da perseguire innanzitutto attraverso l’aumento del numero di gestori domestici di fondi di venture capital, condizione imprescindibile per creare a livello nazionale un vero e proprio “sistema”: ad oggi, sono circa 30, contro una media di circa 150 nei principali Paesi europei. Strettamente collegato a questo aspetto, poi, è il tema legato alla dimensione dei fondi gestiti dai venture capitalist italiani, che risulta mediamente inferiore a quella dei veicoli dei gestori esteri. Entrando maggiormente nel dettaglio, inoltre, si registra un ticket medio degli investimenti di tipologia seed spesso eccessivamente basso, nonché, di contro, una limitata presenza di operatori specializzati in investimenti di later stage (gli interventi finalizzati al cosiddetto scale up, abitualmente di importo superiore ai cinque milioni di euro). Pertanto, si stanno muovendo molte cose, come spesso accade dopo i periodi di crisi: ci sono tante imprese in vendita o in cerca di capitali, nuovi settori che stanno emergendo, altri che si stanno consolidando, e una crescita a doppia cifra di start up innovative o ad elevato valore tecnologico. In termini di previsioni, al netto di uno scenario reso complesso dagli inevitabili riflessi del conflitto in Ucraina sul costo e sull'approvvigionamento di materie prime, l'economia italiana avrà sicuramente delle carte importanti da giocare come il venture capital, ma dovrà essere capace di anticipare i cambiamenti di un contesto in continua evoluzione e di superare la dicotomia tra impresa familiare e apertura al mercato dei capitali. Quali sono gli interventi del Cdp Venture Capital SGR Quest’anno, sembra opportuno ricordare, prima di tutto, la piena operatività raggiunta da Cdp Venture Capital SGR, che ha l’obiettivo di rendere il venture capital un asse portante dello sviluppo economico e dell’innovazione del Paese, favorendo una strutturata e organica crescita dell’ecosistema. Proprio nel corso dell’anno appena concluso, CDP Venture Capital SGR ha lanciato due poli nazionali di trasferimento tecnologico, attivato otto programmi di accelerazione, avviato il fondo corporate partners (il nono in gestione) dedicato a quattro comparti e che ha già coinvolto primarie realtà corporate, nonché ha continuato in modo significativo con investimenti diretti e indiretti, peraltro finanziando anche first time team e fund. L’arrivo di capitali pubblici è anche uno dei fattori che di regola influisce sulle performance degli investimenti di venture, ma sui più recenti record segnati, un ruolo chiave l’ha giocato la pandemia. L’annuncio di un pacchetto da 2,55 miliardi di euro stanziati dal Mise a seguito del decreto infrastrutture e delle risorse del PNRR, a cui si aggiungeranno altri 600 milioni di euro da parte di CDP e nuovi investitori, che saranno gestiti proprio da Cdp Venture Capital SGR, permetterà un ruolo decisamente “cardine” nel nostro ecosistema. Da ultimo, è stato firmato tra Cdp Venture Capital SGR, ancora una volta protagonista, ed il Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI, parte del gruppo BEI), un accordo di partnership che consentirà di realizzare in modo paritetico investimenti fino a 260 milioni di euro, mirati ad accelerare l’accesso al mercato di progetti ad alto contenuto tecnologico. Come identificare le start up giuste Generalmente, il venture capital investe in aziende che possano diventare leader di categoria nell’arco di 10 anni e più, con un impatto positivo sul modo di vivere e lavorare. Lo stesso venture capitalist deve possedere un approccio molto strutturato e analitico per valutare le potenziali opportunità di investimento, anche nelle prime fasi di un’azienda. Per identificare le start up il più presto possibile si segue un processo di sourcing basato sui dati, analizzando numerosi database. L’ approccio si basa, tra l’altro, sulle correlazioni storiche tra i dati delle start up, il background dei fondatori e gli indicatori di performance delle start up. La filosofia è quella di agire come uno sparring partner che supporta attivamente lo startupper a vari livelli: - dalle decisioni strategiche; - alla risoluzione di sfide operative; - dal reclutamento di dipendenti chiave; - alla strutturazione dei processi di raccolta fondi. Si tratta di costruire un rapporto di fiducia, dove i fondatori possono comunicare apertamente le sfide che stanno affrontando e cercare supporto, mentre i venture capitalist possono avere le giuste intuizioni per identificare le aree dove aggiungere valore. Di solito in merito al processo di selezione, il venture capital, sceglie sulla base dell’unicità del progetto, delle prospettive di crescita, del mercato che si va a penetrare, se è grande e in crescita, oppure è nuovo e con scarsi competitor. Si tiene conto delle analisi delle start up cercando di valutare il team: se è competente e se vanta una preparazione e una rete di relazioni specifiche. Se sulla carta sembra avere delle qualità viene intervistato, anche per capire il feeling, che resta un punto critico. Le idee in un business di successo contano solo per l’1%, mentre il 99% è rappresentato dall’execution. Conclusioni L’evidenza che il tema del finanziamento dell’innovazione in questi ultimi anni ha assunto un ampio rilievo e ancora più lo sarà dopo questa crisi, che dimostra come l’innovazione possa aiutare l’industria a stare al passo del cambiamento. L’allineamento tra capitale di rischio, start up e corporate costituisce la nuova opportunità per il nostro Paese. Fondi con caratteristiche, target e investitori diversi ma con un comune denominatore: la vicinanza e il supporto all'economia reale, che nella sua forma più sana è in grado di favorire lo sviluppo nel tempo, generare risorse, garantire impiego e valorizzare l'importante patrimonio di conoscenze, capacità e creatività che risiedono nel nostro Paese e che aspettano di essere liberate. L'Italia sta muovendo dei passi importanti nel mondo del venture capital e le risorse finanziarie per 3,5 miliardi di euro sono una cifra molto importante. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2022/11/28/venture-capital-italia-investimenti-capitale-rischio

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