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Archivio newsNegoziazione assistita nelle controversie di lavoro: regole per attivazione e trasmissione alle commissioni di certificazione
La negoziazione assistita nelle controversie di lavoro è una procedura facoltativa, richiede una convenzione tra le parti ed avviene alla presenza di almeno un avvocato per ciascuna parte che può, altresì, essere assistita, in aggiunta, da un consulente del lavoro. Può svolgersi, con le dovute garanzie, anche a distanza mediante l’utilizzo di sistemi audiovisivi ed informatici. E’ previsto che entro dieci giorni dal raggiungimento dell’accordo, a cura di una delle parti, lo stesso venga trasmesso ad una delle commissioni di certificazione. Dall’analisi della normativa si rilevano, tuttavia, alcune criticità con riferimento alle ragioni della trasmissione e sull’identificazione di tali commissioni, dato il loro numero elevato.
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.L.vo n. 149/2022, attuativo della legge delega n. 206/2021, è possibile la negoziazione assistita nelle controversie di lavoro, con la partecipazione attiva degli avvocati che si aggiunge alle sedi già individuate dalla legge per effettuare il tentativo facoltativo di conciliazione: tutto questo lo si desume, chiaramente, da quanto affermato dall’art. 9 che ha introdotto l’art. 2-ter all’interno del D.L. n. 132/2014 convertito, con modificazioni nella legge n. 162/2014.Ascolta il podcast Negoziazione assistita nelle controversie di lavoro: chi, come e quando chiederla Negoziazione assistita: esame delle novità Un primo esame della novità introdotta non può che partire dal dettato normativo. La norma afferma che “per le controversie di cui all’art. 409 del codice di procedura civile, fermo restando quanto disposto dall’art. 412 -ter del medesimo codice, le parti possono ricorrere alla negoziazione assistita senza che ciò costituisca condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Ciascuna parte è assistita da almeno un avvocato e può essere assistita anche da un consulente del lavoro. All’accordo raggiunto all’esito della procedura di negoziazione assistita si applica l’art. 2113, quarto comma, del codice civile. L’accordo è trasmesso a cura di una delle due parti, entro dieci giorni, ad uno degli organismi di cui all’art. 76 del D.L.vo 10 settembre 2003, n. 276”. Fin qui la disposizione che, come per le altre sedi conciliative (“in primis” quella costituita come commissione paritetica presso ogni ispettorato territoriale del lavoro ai sensi dell’art. 410 cpc) definisce, richiamando il precedente art. 409 il campo di operatività. Quest’ultimo, che radica altresì, la competenza del giudice ordinario nella materia delle controversie di lavoro, è particolarmente ampio, in quanto riguarda: a) tutti i rapporti di lavoro subordinato; b) i rapporti di mezzadria, di colonia parziaria e di compartecipazione, relativamente alle controversie non derivanti da proroga, i rapporti di soccida e le controversie relative alla affrancazione dei fondi concessi in enfiteusi disciplinate dalla legge n. 607/1966 e rapporti assimilati; c) i rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato, La collaborazione si intende coordinata allorquando nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa; d) i rapporti di lavoro dei dipendenti degli Enti Pubblici che svolgono attività economica in via prevalente od esclusiva; e) i rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, semprechè non siano devoluti dalla legge ad altro giudice, come nel caso, ad esempio, dei magistrati, degli appartenenti alla carriera diplomatica ed a quella prefettizia, o delle Forze Armate ove le controversie di lavoro sono trattate innanzi al Tribunale Regionale Amministrativo e, in secondo grado, al Consiglio di Stato. La negoziazione assistita, come le altre sedi conciliative, può riguardare anche le controversie tra datore di lavoro (o committente) e lavoratore scaturenti dalla mancata o parziale risposta del primo alla richiesta di informazione e dati sul proprio rapporto di lavoro di cui parla il D.L.vo n. 104/2022. Per la verità, nella elencazione precisa e puntuale dell’art. 12 che riguarda i meccanismi di risoluzione rapida delle controversie, la “negoziazione assistita” non è citata ma non mi sembra ci possano essere ragioni per escluderla, atteso che la pubblicazione del D.L.vo n. 149/2022 in Gazzetta Ufficiale è del 10 ottobre, mentre il D.L.vo n. 104/2022, che contiene il predetto art. 10 è antecedente, essendo stato reso noto sulla Gazzetta del 29 luglio u.s.. Il Legislatore fa salva la previsione dell’art. 412-ter cpc ove si afferma che la conciliazione e l’arbitrato nelle materie appena elencate possono svolgersi altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative. Procedura di instaurazione La negoziazione assistita, per essere instaurata, richiede una convenzione tra le parti (magari, sollecitata dagli stessi legali con l’utilizzazione di un modello elaborato dal Consiglio Nazionale Forense) in cui le stesse identificano la ragione del contendere, la richiesta del lavoratore, le eventuali controdeduzioni del datore di lavoro o del committente, ed il termine temporale per l’espletamento del tentativo. La negoziazione che, si ripete, è facoltativa, potendo in ogni momento essere abbandonata, non costituendo la stessa condizione di procedibilità in giudizio, avviene alla presenza di almeno un avvocato per ciascuna parte che può, altresì, essere assistita, in aggiunta, da un consulente del lavoro. La identificazione testuale e specifica di quest’ultimo, sembra escludere la possibilità che l’assistenza possa avvenire anche per il tramite di altri professionisti (ad esempio, commercialisti) individuabili con le procedure della legge n. 12/1979. Tale interpretazione non sarebbe nuova essendo già stata sposata dal Ministero del Lavoro nella circolare n. 3/2013 allorquando la norma (art. 7 della legge n. 604/1966) parla di assistenza del consulente del lavoro nel tentativo obbligatorio di conciliazione relativo ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo nelle imprese dimensionate oltre le 15 unità. Per completezza di informazione, ricordo che per effetto della riforma avvenuta con il D.L.vo n. 23/2015, tale tentativo obbligatorio che si instaura con l’intenzione espressa del datore di procedere ad un recesso per giustificato motivo oggettivo, oggi è residuale in quanto riguarda, unicamente, i dipendenti assunti prima del 7 marzo 2015. La procedura relativa al tentativo di conciliazione, essendo inserita all’interno del D.L. n. 132/2014, profondamente modificato dal D.L.vo n. 149/2022, può svolgersi, con le dovute garanzie previste dalla norma, anche a distanza con l’utilizzo di sistemi audiovisivi ed informatici. La norma non detta nulla circa i tempi del tentativo ed altre situazioni tipiche della conciliazione ma si limita ad affermare che l’accordo raggiunto a seguito della negoziazione assistita ha il crisma della inoppugnabilità ai sensi del comma 4 dell’art. 2113 del codice civile, così come avviene per le altre conciliazioni che si raggiungono in sede protetta (commissione istituita presso l’Ispettorato territoriale del Lavoro, sede sindacale, commissioni di certificazione, sede giudiziale, ecc.). L’inoppugnabilità, è bene ricordarlo, riguarda unicamente la parte economica relativa alle richieste avanzate dal prestatore, non potendo, assolutamente, estendersi alla parte contributiva (ad eccezione di quella andata in prescrizione). Tutto ciò ha un preciso significato: gli organi di vigilanza dell’INPS o gli ispettori del Lavoro possono ben procedere a contestare le contribuzioni relative al rapporto di lavoro del quale sono state definite le sole pendenze di natura economica e (con elementi probatori) anche la qualificazione stessa del rapporto, qualora dalla stessa discendano differenze di natura contributiva, come nel caso di un rapporto di lavoro subordinato durato per un certo periodo “camuffato” da collaborazione ex art. 2, comma 1, del D.L.vo n. 81/2015, alla quale manchino i requisiti che la legge richiede Ovviamente, ritengo che i principi “cristallizzati” in materia di controversie di lavoro dalla Cassazione restino validi anche per la negoziazione assistita: mi riferisco, principalmente, alla “effettiva assistenza” esercitata dal legale di parte nella fase di conciliazione, alla piena consapevolezza del lavoratore circa i propri diritti e le rinunce alle quali va incontro sottoscrivendo il verbale con il crisma dell’inoppugnabilità, al fatto che le voci oggetto di transazione siano ben esplicitate e non comportino dichiarazione liberatorie onnicomprensive a carattere volutamente generico del tipo “rinuncia a qualsiasi ulteriore rivendicazione connessa al pregresso rapporto di lavoro”. Trasmissione alle commissioni di certificazione C’è, poi, l’ultima parte dell’articolato che genera alcune perplessità operative. Afferma il Legislatore delegato che, entro dieci giorni dal raggiungimento dell’accordo, a cura di una delle parti, l’accordo viene trasmesso ad una delle commissioni di certificazione previste dall’art. 76 del D.L.vo n. 276/2003. La norma, a mio avviso, pecca di imprecisione in quanto non specifica la ragione per la quale l’accordo viene trasmesso e, non ne identifica alcune in particolare. Probabilmente, chi l’ha scritta voleva aggiungere altre cose, ma il suo pensiero è rimasto “nella penna”. Cerco di spiegare quanto appena detto. Se la trasmissione avviene perché le parti, acquisita la inoppugnabilità dell’accordo, intendono depositarlo presso la cancelleria del Tribunale per l’esecutività, non si capisce perché non possano procedere direttamente gli avvocati che lo hanno redatto. Si dirà: ci vuole un controllo formale come avviene per i verbali redatti in sede sindacale che sono depositati presso l’Ispettorato territoriale del Lavoro. Ma quest’ultimo avviene sulla base di indicazioni amministrative del Dicastero del Lavoro (le prime risalgono al lontano 1973) che riconosce la qualifica di conciliatori a chi è stato designato dalla organizzazione sindacale di appartenenza, cosa che in questo caso non è stata prevista. C’è, poi, l’identificazione delle commissioni di certificazione. Ma, chi ha scritto la norma, sa quante sono? Senza avere la pretesa di indicare un numero preciso esse sono circa 90 presso gli Ispettorati territoriali del Lavoro, circa 90 presso gli ordini provinciali dei Consulenti del Lavoro, un numero imprecisato presso gli Enti bilaterali costituiti nell’ambito territoriale di riferimento (spesso da associazioni sindacali che hanno sottoscritto CCNL poco rappresentativi), un numero abbastanza alto presso le Università pubbliche e private, comprese le Fondazioni Universitarie. Dare la possibilità di inviarle ad una qualunque (si ripete, senza spiegarne la ragione) non serve neanche a monitorare il numero delle negoziazioni assistite. Copyright © - Riproduzione riservata