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Archivio newsLavoro subordinato vs lavoro autonomo. La legge di Bilancio 2023 indica questa direzione?
Come si sta evolvendo l’organizzazione del lavoro? Da tempo si assiste, soprattutto in alcuni settori, ad un passaggio di testimone tra lavoro subordinato e lavoro autonomo. Diventa sempre più necessario interpretare l’evoluzione del lavoro con elementi che appartengono in misura maggiore alla sfera del lavoro autonomo e che diventano la chiave di lettura attraverso cui valutare in modo concreto anche le forme di evoluzione del lavoro subordinato: autonomia, equilibrio vita-lavoro, flessibilità e competenze specialistiche. Elementi che le aziende devono sapere integrare al loro interno e che devono essere costruiti sia attraverso percorsi di innovazione, sia attraverso processi di riqualificazione delle attività e degli stili di leadership. Vedremo se anche l’innalzamento dell’imponibile fiscale oggi introdotto dalla legge di Bilancio 2023 potrà facilitare l’abbandono del posto di lavoro fisso tradizionale, orientando le nuove generazioni verso forme di lavoro autonomo, dove soddisfare maggiormente le proprie aspirazioni di vita e di carriera.
La legge di Bilancio 2023 fornisce l’occasione per riprendere alcune delle riflessioni sul futuro del lavoro, che da tempo fanno parte della cornice giuridica entro la quale si sta muovendo l’evoluzione dell’organizzazione del lavoro. Le misure di natura fiscale per il lavoro autonomo caratterizzate dall’estensione della soglia dei ricavi da 65.000 euro annui a 85.000 euro annui per l’applicazione del regime fiscale forfetario sembrerebbero poter essere interpretate in questa direzione. È inutile nasconderlo: da tempo si assiste in alcuni settori e aree del complesso mondo del lavoro (in particolare, in quelli dei servizi più o meno avanzati) ad una sorta di passaggio di testimone tra lavoro subordinato e lavoro autonomo. Infatti, il lavoro autonomo - soprattutto quello altamente specialistico - non è più solo il punto di arrivo di carriere e specializzazioni costruite attraverso anni di lavoro subordinato, ma anche lo strumento attraverso il quale oggi si cercano già a inizio carriera forme di emancipazione da alcune rigidità proprie del lavoro subordinato, oggi non più al passo con i tempi e con le richieste delle nuove generazioni. Sarebbe troppo semplicistico attribuire questa evoluzione alla sola impennata che si è registrata - complice la pandemia - nel lavoro da remoto. Il fenomeno ha origini molto più antiche e si tratta di un’evoluzione in atto da tempo: un avvicinamento sempre più marcato delle modalità di gestione del lavoro subordinato “classico” (remunerazione per il tempo messo a disposizione) a quelle che sono le caratteristiche del lavoro autonomo (pagamento in funzione del risultato prodotto), tanto da avere intaccato anche gli strumenti giuridici attraverso i quali viene interpretata la tradizionale contrapposizione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato. In realtà, sono molteplici le implicazioni che questa lenta e inesorabile evoluzione sta facendo sorgere nella gestione del rapporto di lavoro e già a partire dalla legge n. 92/2012 a volte anche a scapito della para-subordinazione, ossia delle collaborazioni coordinate e continuative che negli anni si sono assottigliate, anche per effetto della progressione nell’aumento della misura dei contributi previdenziali ormai parificati a quelli previsti per il lavoro subordinato. Se, infatti, sta cambiando - soprattutto nelle nuove generazioni - la percezione del posto che il lavoro occupa nella propria vita. Se ci troviamo a ragionare sul perché stiano aumentando le dimissioni volontarie (si veda anche a mia firma l’Editoriale “Great resignation, work life balance, competenze professionali. Verso il nuovo mercato del lavoro” e anche “Dal fenomeno delle grandi dimissioni l’occasione per ripensare il proprio lavoro”, in Dottrina & Pratica Lavoro n. 47 - 48/2022) e sulla crescita di quel fenomeno del quite quitting - ossia del lavorare solo quanto necessario - che sta prendendo piede in alcuni settori e - ancora un volta - tra le nuove generazioni, vuol dire che l’evoluzione del lavoro cui stiamo assistendo non può più essere interpretata con gli strumenti tradizionali e con la sola valutazione delle caratteristiche proprie del lavoro (prevalentemente subordinato) che abbiamo conosciuto fino ad oggi (ti pago per il tempo che mi metti a disposizione). Altri elementi, altre sollecitazioni organizzative, sempre più richieste stanno portando verso quella che è da tempo un’evoluzione necessitata: la ricerca di autonomia e di un migliore equilibrio vita-lavoro già dal primo ingresso nel mondo del lavoro; la ricerca di una maggiore flessibilità, individuale e organizzativa; il superamento dei confini tradizionali dell’orario di lavoro; un maggior focus sulle competenze specialistiche e sugli strumenti di misurazione della produttività ai quale agganciare meglio i parametri con cui misurare economicamente la prestazione lavorativa. Tutti elementi che appartengono in misura maggiore - almeno secondo gli schemi interpretativi tradizionali - alla sfera del lavoro autonomo, ma che oggi sono divenuti la chiave attraverso la quale è possibile valutare in modo concreto anche le forme di evoluzione del lavoro subordinato. Tanto da avere determinato, nel corso degli ultimi anni e ben prima della pandemia, una crescita significativa - pari al 34,6% nel periodo 2015-2021 - dei professionisti autonomi, proprio a scapito delle forme di lavoro più vicine al lavoro subordinato, come ad esempio il lavoro para-subordinato (dati INPS di ottobre 2022). Dati che, tuttavia, sono stati scarsamente supportati, se non solo in parte, dalla consapevolezza istituzionale del ruolo che nell’economia generale è svolto dai professionisti e dai lavoratori autonomi che operano individualmente, ai quali è demandata una gran parte delle attività economiche influenzate dall’evoluzione tecnologica in atto (unitamente a microimprese e start-up). Sebbene l’evoluzione sia in atto da tempo, in realtà ben poco è stato fatto dal legislatore nell’ultimo decennio sul piano della valorizzazione del lavoro autonomo anche nei contesti organizzati dell’impresa, a parte appunto l’introduzione nel 2014 del regime fiscale agevolato e qualche sporadico intervento contenuto nella legge n. 81/2017 (la stessa che ha introdotto nell’ordinamento giuridico il lavoro agile: un pacchetto di norme che si riferiscono al lavoro subordinato, che non a caso è inserito proprio all’interno di una legge dedicata alle tutele per il lavoro autonomo) e nei provvedimenti più specificatamente dedicati alla tutela della maternità e della paternità (il D.Lgs. n. 80/2015 e da ultimo il D.Lgs. n. 105/2022). In questa direzione, anche se sempre su un piano specifico e poco sistematico, sembra orientarsi oggi la legge di Bilancio 2023, probabilmente anche nella consapevolezza dell’alto prezzo pagato dai lavoratori autonomi (certamente meno protetti della platea dei lavoratori subordinati) durante gli anni della pandemia. Anni nei quali è divenuta particolarmente difficoltosa la valutazione economica della opportunità e dei rischi che possono derivare dalla scelta di transitare dal lavoro subordinato al lavoro autonomo, anche se sembra sia proprio questa una delle tendenze già in atto soprattutto nelle nuove generazioni e, quindi un processo con cui le aziende - soprattutto del terziario - debbono fare i conti se vogliono assicurarsi professionalità specialistiche che chiedono autonomia e flessibilità organizzativa.Autonomia e flessibilità che le organizzazioni devono sapere integrare al loro interno anche sul fronte del lavoro subordinato, ma che non possono adottare dall’oggi al domani, dovendo essere costruite sia attraverso percorsi di innovazione, sia attraverso processi di riqualificazione delle attività e degli stili di leadership. Processi divenuti ormai necessari in molti se non in tutti i settori del terziario, in particolare in quello del terziario avanzato. Vedremo se anche l’innalzamento dell’imponibile fiscale oggi introdotto dalla legge di Bilancio potrà facilitare sempre più - ed in che misura - la scelta delle nuove generazioni e di nuovi soggetti verso l’abbandono del posto di lavoro “fisso” tradizionale orientando, piuttosto, verso forme di lavoro autonomo dove soddisfare maggiormente le proprie aspirazioni di vita e di carriera. Copyright © - Riproduzione riservata