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Archivio newsImprese e sostenibilità nelle norme UE: nuovi obblighi per l’organo amministrativo
Le direttiva UE sul nuovo obbligo di rendicontazione in materia di sostenibilità e la proposta di direttiva UE del 23 febbraio 2022 sui doveri di diligenza delle imprese per la sostenibilità sono più che sufficienti a incidere sul ruolo del consiglio di amministrazione, in quanto comportano un ampliamento degli interessi e dei rischi che l’organo consigliare dovrà considerare. Inevitabili, infatti, saranno anche i derivanti profili di responsabilità per gli amministratori. Sono queste le conclusioni dell’analisi di Assonime che, infine, riporta anche alcuni suggerimenti per gestire al meglio questa nuova fase.
La direttiva (UE) 2022/2464 sul nuovo obbligo di rendicontazione in materia di sostenibilità (Direttiva RS) e la proposta di direttiva del 23 febbraio 2022 sui doveri di diligenza delle imprese per la sostenibilità (Direttiva DDS), modificheranno doveri e obblighi degli amministratori e anche loro eventuali responsabilità. Cosa prevede la direttiva sul nuovo obbligo di rendicontazione in materia di sostenbilità La prima direttiva prevede dei nuovi obblighi: - per le imprese e i gruppi già soggetti alla DNF con più di 500 dipendenti a partire dagli esercizi che iniziano dal primo gennaio 2024 (report da pubblicare nel 2025); - per le grandi imprese e i gruppi con più di 250 e meno di 500 dipendenti a partire dagli esercizi che iniziano dal primo gennaio 2025 (report da pubblicare nel 2026); - per le piccole e medie imprese quotate, a partire dagli esercizi che iniziano dal primo gennaio 2026 (report da pubblicare nel 2027) con possibilità di out-out volontario fino al 2028; - per le imprese di paesi terzi con fatturato netto superiore a 150 milioni nell’UE se hanno almeno una filiale o succursale nell’UE che supera determinate soglie a partire dagli esercizi che iniziano il primo gennaio 2028 (report pubblicato nel 2029). Oltre all’ampliamento dei soggetti interessati dagli obblighi informativi le altre novità rilevanti rispetto alla DNF sono un ampliamento delle informazioni da fornire e una maggiore armonizzazione dei criteri di rendicontazione e l’introduzione dell’obbligo di revisione delle informazioni fornite. In particolare, le informazioni da fornire riguardano una descrizione: a) del business model e della strategia dell’impresa; b) degli obiettivi di sostenibilità, in particolare di quelli di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, e dei progressi nel loro raggiungimento; c) del ruolo degli organi di amministrazione, gestione e sorveglianza, con riguardo ai fattori di sostenibilità, e delle loro esperienze e competenze in tali materie o del loro acceso alle esperienze/competenze; d) delle policy relative ai fattori di sostenibilità; e) dei piani di incentivi per i componenti degli organi di amministrazione, gestione e sorveglianza, legati ai fattori di sostenibilità; f) delle procedure di due diligence relative ai fattori di sostenibilità; g) dei principali impatti avversi attuali o potenziali connessi con la catena del valore dell’impresa e delle azioni intraprese nonché dei risultati per provi rimedio; h) dei principali rischi collegati ai fattori di sostenibilità e delle modalità di gestione; i) degli indicatori di prestazione. Cosa prevede la direttiva UE sui doveri di diligenza delle imprese per la sostenibilità La seconda direttiva, ancora in una fase poco avanzata dell’iter legislativo europeo, essendo state da pochi mesi avviate le prime discussioni sia al Parlamento europeo sia al Consiglio, interviene in tre campi: a) i doveri generali di diligenza degli amministratori in tema di sostenibilità; b) gli obblighi per le imprese relative alla lotta al cambiamento climatico (in attuazione degli Accordi di Parigi); c) gli obblighi di comportamento rispetto agli impatti negativi in tema di diritti umani e ambiente che possono originare dall’attività delle società e delle loro catene del valore.Doveri generali di diligenza degli amministratoriLa prima disposizione stabilisce in modo chiaro che il primario dovere degli amministratori è quello di perseguire l’interesse superiore della società, ma nell’attuare questo interesse essi devono tener conto anche delle conseguenze delle scelte in termini di sostenibilità. Si applica alle società di capitali europee con più di 500 dipendenti e un fatturato mondiale di oltre 150 milioni di euro oppure con più di 250 dipendenti e le società di capitali europee con un fatturato mondiale di oltre 40 milioni di euro che abbiano realizzato almeno il 50% di esso in settori “alto impatto” per l’ambiente e per i diritti umani. Sono indicati come settori ad “alto impatto”: i) fabbricazione di tessuti, pellami e relativi prodotti (calzature comprese) e commercio all'ingrosso di tessuti, abbigliamento e calzature; ii) agricoltura, silvicoltura, pesca (acquacoltura compresa), fabbricazione di prodotti alimentari e commercio all'ingrosso di materie prime agricole, bestiame, legname, alimenti e bevande; iii) estrazione di risorse minerarie indipendentemente dal luogo in cui sono estratte (tra cui petrolio greggio, gas naturale, carbone, lignite, metalli e minerali metalliferi, tutti gli altri minerali non metallici e prodotti di cava), fabbricazione di prodotti in metallo di base, altri prodotti minerali non metallici e prodotti in metallo (macchinari e attrezzature esclusi) e commercio all'ingrosso di risorse minerali, prodotti minerali di base e intermedi (compresi metalli e minerali metalliferi, materiali da costruzione, combustibili, prodotti chimici e altri prodotti intermedi).Obblighi per le imprese relative alla lotta al cambiamento climaticoLa seconda disposizione stabilisce che le società di capitali europee con più di 500 dipendenti e un fatturato mondiale di oltre 150 milioni di euro e le imprese extra-europee con un fatturato di oltre 150 milioni generato nell’Unione europea devono adottare un piano per garantire che il modello di business e la strategia aziendale siano compatibili con la transizione verso un’economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5, così come previsto dall’accordo di Parigi del 2015 sulla risposta ai cambiamenti climatici.Obblighi di comportamento rispetto diritti umani e ambienteLa terza disposizione prevede per le società di capitali con più di 500 dipendenti e un fatturato mondiale di oltre 150 milioni di euro; le società di capitali con più di 250 dipendenti e un fatturato mondiale di oltre 40 milioni di euro che abbiano realizzato almeno il 50% di esso in settori “alto impatto”; le imprese extra europee con un fatturato di oltre 150 milioni generato nell’Unione europea oppure di oltre 40 milioni (generato nell’Unione europea), quando almeno il 50% del fatturato mondiale derivi dai settori ad “alto impatto” un sistema di due diligence per la prevenzione e la mitigazione degli impatti negativi sull’ambiente e sui diritti umani arrecati dalle attività delle imprese. Come cambia la responsabilità dei consigli di amministrazione delle impreseAssonime nella note studi n. 1/2023 evidenzia come queste due nuove direttive siano più che sufficienti a incidere sul ruolo del consiglio di amministrazione in quanto comportano un ampliamento degli interessi e dei rischi che l’organo consigliare dovrà considerare, e di conseguenza inevitabili saranno anche i derivanti profili di responsabilità per gli amministratori. Cosa suggerisce Assonime Assonime come risposta suggerisce che queste novità non si traducano nella nomina di singoli amministratori “esperti”, ma piuttosto suggerisce alle società di investire sulla collegialità, attraverso: i) la cura di una adeguata composizione dell’intero consiglio, del processo di nomina e successione degli amministratori, in linea con le indicazioni del Codice di Corporate Governance; ii) la formazione di tutti i membri del consiglio, attraverso adeguate sessioni di induction sui profili di sostenibilità e sulle implicazioni di un corretto impiego delle nuove tecnologie. Inoltre sempre la Associazione ritiene utili ma non sufficienti la formazione di comitati consiliari ad hoc, in quanto non sempre possono assicurare l’assolvimento delle funzioni attribuite al consiglio di fronte alle grandi sfide della sostenibilità. È opportuno, invece, che i compiti del comitato controllo e rischi vengano adeguati all’ampliamento dei rischi collegati ai fattori di sostenibilità. Copyright © - Riproduzione riservata
Assonime, Note e Studi 1/2023