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Debiti contributivi: chiarimenti sul pagamento mediante compensazione orizzontale

Secondo alcune sentenze dei tribunali del lavoro, non sarebbe possibile utilizzare i crediti d’imposta per pagare, mediante compensazione c.d. orizzontale, i debiti contributivi. Assonime nella Pubblicazione de “il Caso”n. 3/2023 dal titolo “Le sentenze che negano la compensazione fra debiti contributivi e crediti erariali”, ritiene che queste pronunce destano talune perplessità in quanto non solo si fondano su una opinabile interpretazione letterale dell’art. 17 del d.lgs. n. 241/1997, ma si pongono non in linea con le ormai risalenti e consolidate indicazioni di prassi che depongono in favore di questo tipo di compensazione e sulle quali i contribuenti hanno riposto legittimo affidamento.

Assonime ha pubblicato il n. 3/2023 de “il Caso” dal titolo “Le sentenze che negano la compensazione fra debiti contributivi e crediti erariali” con cui analizza alcune sentenze dei tribunali del lavoro secondo cui non sarebbe possibile utilizzare i crediti d’imposta per pagare, mediante compensazione c.d. orizzontale, i debiti contributivi.Ai sensi dell’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 241/1997 “I contribuenti [...] eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”. Si tratta della c.d. compensazione orizzontale di cui i contribuenti si sono sin da sempre avvalsi per estinguere anche i propri debiti contributivi mediante la compensazione, tra l’altro, con i crediti d’imposta. Alcuni uffici dell’INPS ritengono che le obbligazioni previdenziali non possano essere estinte mediante compensazione con i crediti d’imposta e, per l’effetto, procedono al recupero dei contributi previdenziali versati mediante questo tipo compensazione oppure negano il rilascio del DURC (attestante, per l’appunto, la regolarità contributiva). Questa condotta è stata avallata anche da alcuni giudici del lavoro secondo cui, per l’appunto, “a prescindere dalla prova della sussistenza o meno del credito […], la compensazione tra crediti di natura fiscale e debiti contributivi è preclusa nel nostro sistema”. Questa impostazione troverebbe fondamento nel fatto che il debito contributivo può sì essere compensato, ma solo con crediti della medesima natura e, cioè, con crediti aventi anch’essi natura contributiva. Questa limitazione (all’utilizzo in compensazione di crediti erariali) troverebbe fondamento nella formulazione prevista dall’art. 17 laddove statuisce che il versamento unitario consente di estinguere i debiti nei confronti di diversi enti mediante compensazione dei “crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti”. In altri termini, secondo i sostenitori di questa tesi, l’art. 17 consentirebbe di fruire di questa modalità satisfattiva dell’obbligazione contributiva solo se ad essere compensati siano i crediti vantati nei confronti del medesimo ente previdenziale. Assonime ritiene che tale interpretazione desti notevoli perplessità anzitutto perché non trova adeguato supporto nel dato normativo il quale, anzi, depone in senso contrario e, cioè, in favore della compensazione dei crediti erariali con i debiti contributivi. L’indicazione della norma è volta semplicemente a riconoscere ai contribuenti la facoltà di pagare le somme dovute a diversi soggetti con un versamento unitario, e, cioè, con unico modello di versamento. e di estinguere di conseguenza le predette (diverse) obbligazioni pecuniarie (anche) attraverso l’utilizzo in compensazione delle poste creditorie che i contribuenti vantano nei confronti non dei rispettivi soggetti, bensì dei “medesimi soggetti” indicati dall’art. 17. Il legislatore, quando ha voluto limitare l’operatività della compensazione nel senso prospettato dai predetti uffici dell’INPS, nel senso cioè che un credito può essere utilizzato in compensazione solo per estinguere debiti della stessa natura, lo ha fatto espressamente. Proprio con riferimento “alle obbligazioni relative a contributi previdenziali e assistenziali e premi assicurativi obbligatori”, è stata esclusa la facoltà di avvalersi dell’istituto della compensazione in determinati casi che si riscontrano in materia di appalti e ciò è stato fatto chiarendo, per l’appunto, che si tratta di una deroga alla regola generale prevista dall’art. 17.Inoltre tale teoria sembrerebbe confermata dall’art. 22 del d.lgs. n. 241/1997, il quale stabilisce che, “Entro il primo giorno lavorativo successivo a quello di versamento delle somme da parte delle banche e di ricevimento dei relativi dati riepilogativi, un'apposita struttura di gestione attribuisce agli enti destinatari le somme a ciascuno di essi spettanti, tenendo conto dell'eventuale compensazione eseguita dai contribuenti. Gli enti destinatari delle somme dispongono con cadenza trimestrale le regolazioni contabili sulle contabilità di pertinenza a copertura delle somme compensate dai contribuenti.” Assonime evidenzia che anche l’INPS si è sin da subito espresso in favore della possibilità di estinguere i debiti contributi mediante compensazione con i crediti fiscali. Commentando proprio la novità all’epoca introdotta dall’art. 17, con la circolare n. 79 del 1998 l’INPS ha fornito le istruzioni operative concernenti la compilazione dei modelli di versamento secondo cui “il contribuente utilizza tutto il credito verso il fisco per coprire il versamento alle regioni, dei contributi propri come artigiano e parte del debito per DM10 che diventa parzialmente insoluto”. Nello stesso senso depongono anche le istruzioni fornite dall’Agenzia delle entrate, la quale, per l’appunto, ha sin da subito fornito talune indicazioni proprio in merito al caso di utilizzo del credito IVA in compensazione di contributi INPS (cfr. circolare del Ministero delle finanze n. 101/E del 19 maggio 2000), nel presupposto, evidentemente, che tale compensazione fosse pienamente legittima. In definitiva, Assonime non dubita della possibilità di pagare i debiti contributivi mediante compensazione dei crediti fiscali e sarebbe pertanto il caso che i competenti uffici dell’INPS confermassero esplicitamente questa circostanza. Diversa è la situazione in cui le pronunce dei Tribunali ordinari statuiscono che il versamento effettuato in questo (legittimo) modo è inefficace qualora ad essere utilizzato in compensazione sia un credito rivelatosi inesistente.Se si dovesse sostenere che il versamento è inefficace, allora conseguentemente si dovrebbe ritenere che è l’ente cui si riferisce il versamento, l’INPS, a dover recuperare le somme a lui spettanti. Questa tesi, chiaramente, presuppone che l’INPS non abbia incassato le somme ad esso spettanti e, cioè, che la struttura di gestione non gli abbia “rigirato” tali somme oppure che le somme inizialmente accreditate sui suoi conti siano state stornate per effetto delle contestazioni relative al credito d’imposta. Di converso, se il versamento si considera effettuato (ancorché attraverso la compensazione con crediti d’imposta inesistenti o non spettanti), sarà allora l’erario a dover recuperare il credito d’imposta inesistente (o non spettante), ferma rimanendo l’attribuzione all’INPS delle somme ad esso spettanti. Ed è questo un tema che obiettivamente presenta profili di incertezza. Alcuni interpreti ritengono che la delega di pagamento, in quanto eseguita, produce sempre i suoi effetti “compensativi” e che, dunque, fermo rimanendo gli ordinari poteri di controllo dei crediti d’imposta utilizzati in compensazione, l’esecuzione della delega di pagamento non può più essere messa in discussione dopo che la specifica procedura di controllo è terminata. Assonime mette in evidenza che, secondo l’Agenzia delle entrate, in caso di indebito utilizzo di un credito d’imposta i contribuenti, per sanare questa violazione, non devono procedere ad un nuovo versamento delle somme indicate a debito nel modello di versamento, bensì devono ripristinare la capienza del credito indebitamente utilizzato in compensazione mediante un corrispondente versamento. L’orientamento di considerare inutilizzabili i crediti d’imposta per pagare, mediante compensazione c.d. orizzontale, i debiti contributivi sembra dunque riguardare solo quelle ipotesi di utilizzo in compensazione di crediti d’imposta inesistenti (rectius di crediti d’imposta di cui viene contestata l’esistenza); e ciò perché, probabilmente, in questa ipotesi il soggetto destinatario del versamento, nel nostro caso l’INPS, non ha ricevuto dalla struttura di gestione la somma corrispondente oppure perché a tale ente viene richiesto la restituzione di quanto inizialmente ricevuto per effetto della successiva contestazione relativa al credito d’imposta utilizzato in compensazione. Secondo Assonime, anche così circoscritta, questa impostazione, ove venisse confermata, comporta a stretto rigore che i versamenti dei contributi previdenziali effettuati mediante compensazione dei crediti d’imposta possono considerarsi definitivi solo dopo che sono scaduti i termini di accertamento dei predetti crediti. Pertanto è auspicabile un intervento chiarificatore da parte dei competenti uffici.A cura delle RedazioneCopyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/02/18/debiti-contributivi-chiarimenti-pagamento-compensazione-orizzontale

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