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Archivio newsTFR e fondi pensione: i vantaggi di una nuova stagione di silenzio assenso
Potenziare la previdenza complementare attraverso un nuovo periodo generalizzato di silenzio assenso, che preveda il conferimento ex lege ai fondi pensione dei flussi di TFR, salvo esplicito dissenso dei singoli lavoratori. E’ un’ipotesi particolarmente attuale di cui si è discusso nei tavoli di confronto tra Governo e Sindacati mirata a rendere più adeguati gli assegni pensionistici. La proposizione del silenzio-assenso potrebbe oggi essere meglio realizzata tramite l’utilizzo di procedure on-line, che non ostacolino per i singoli lavoratori interessati una eventuale scelta di non partecipazione, ma che al tempo stesso chiariscano in modo oggettivo, nell’informazione fornita a supporto delle scelte da compiere, i vantaggi dell’adesione.
I dati statistici recentemente pubblicati dalla Covip, aggiornati al 31 dicembre 2022, evidenziano, inter alia, come lo scorso anno i risultati delle forme complementari hanno risentito del calo dei corsi dei titoli azionari e del rialzo dei tassi di interesse nominali, che a sua volta determina il calo dei corsi dei titoli obbligazionari. I rendimenti netti sono pertanto risultati negativi mentre la rivalutazione legale del TFR è stata ampiamente positiva. Riconducendo invece il confronto ad un orizzonte temporale decennale i fondi pensione hanno conseguito performance superiori a quelle del trattamento di fine rapporto. Il confronto tra l’andamento finanziario della previdenza complementare e il benchmark ombra rappresentato dal TFR, al di là della contingenza attuale dettata dalla forte fiammata inflazionistica (il TFR si rivaluta annualmente ex art. 2120 cc in base all’1,5 fisso più il 75% dell’inflazione) si colloca in una prospettiva più ampia che è quella del conferimento del TFR ai fondi pensione come fonte di finanziamento, particolarmente attuale in cui nel tavolo di confronto tra Governo e Sindacati per una nuova riforma delle pensioni si discute della possibilità di rilanciare la previdenza complementare con una nuova finestra erga omnes di silenzio assenso. Il confronto finanziario fondi pensione/TFR Secondo i dati della Covip i rendimenti sono stati nel 2022 pari, in media tra tutti i comparti, a -9,8 e a -10,7 per cento, rispettivamente, per fondi negoziali e fondi aperti; nei PIP di ramo III essi sono stati pari a -11,5 per cento. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari all’1,1 per cento La rivalutazione legale del TFR dello stesso periodo è stata pari all’8,3 per cento (la tassazione sulla rivalutazione legale è con aliquota del 17 per cento). Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, nei dieci anni da inizio 2013 a fine 2022 il rendimento medio annuo composto, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, è stato pari al 2,2 per cento per i fondi negoziali, al 2,5 per i fondi aperti, al 2,9 per i PIP di ramo III e al 2 per cento per le gestioni di ramo I; nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari al 2,4 per cento annuo. Al di là dell’ampliamento dell’orizzonte di confronto va in ogni modo evidenziato come nel parallelo occorra anche considerare come il conferimento del TFR ai fondi pensione comporti nella prevalenza della contrattazione collettiva anche il diritto alla contribuzione datoriale nonché un regime fiscale più favorevole. Mentre infatti le prestazioni dei fondi pensione sono tassate con imposta sostitutiva del 15 per cento che si riduce dello 0,30 per ogni anno di durata superiore al quindicesimo con un minimo del 9 , il TFR è soggetto a tassazione separata. Va ancora sottolineato come il TFR che “vale” il 6,91 per cento della retribuzione irrobustisce in maniera consistente la posizione individuale dell’aderente a previdenza complementare dandogli la prospettiva di una rendita ragionevolmente più elevata. Cosa prevede la normativa L’introduzione del conferimento ex lege ai fondi pensione dei flussi di TFR, salvo esplicito dissenso dei singoli lavoratori, è avvenuto con il D.Lgs. 252/2005 che è divenuto operativo nel primo semestre del 2007. Il meccanismo fu applicato alla quasi totalità dei lavoratori dipendenti del settore e realizzò un incremento di rilievo delle adesioni, sebbene ancora inferiore a quello allora auspicato, sottolinea la Covip in una recente Audizione parlamentare. Nell’occasione, l’intero sistema di regolamentazione della previdenza complementare fu rivisto e razionalizzato, con un’enfasi particolare posta sulla trasparenza e la confrontabilità tra i diversi schemi disponibili. Si è poi delineato un meccanismo di funzionamento della previdenza complementare in modo simil TFR (linea garantita per recepire i flussi taciti di TFR per compensare la rinuncia alla rivalutazione legale, anticipazioni, possibilità percepire il 50 per cento della prestazione finale sotto forma di capitale). Attualmente il silenzio assenso si applica ai nuovi assunti. Va ancora ricordato come la Legge concorrenza del 2017 sia intervenuta in materia di TFR rimettendo alla contrattazione collettiva la possibilità di intervenire sul “quantum” versato. In base alla normativa il lavoratore di prima occupazione antecedente al 29/4/93 può versare il 50% del TFR, se la data di prima occupazione è successiva va versato il 100%. Si prevede allora che le fonti istitutive possano intervenire definendo la percentuale minima di TFR maturando da versare e graduando più quote alternative (anche zero) in deroga a quanto previsto dalla normativa. Non si pregiudica in ogni modo la possibilità che l’aderente possa conferirlo in maniera integrale. Una possibile nuova stagione di silenzio assenso Come ribadito nel confronto in corso tra Governo e Parti Sociali vi è l’intenzione di potenziare la previdenza complementare con un'azione di vera e propria educazione previdenziale mirata a rendere più adeguati gli assegni pensionistici. In questa prospettiva si colloca la possibilità di rilanciare un nuovo periodo generalizzato di silenzio assenso. In attesa di meglio comprendere come si evolverà il tutto appare utile riportare quanto sottolineava la Covip nella già citata audizione parlamentare in cui evidenziava come sulla base dell’esperienza maturata qualsiasi riproposizione del meccanismo di adesione automatica ai fondi pensione andrebbe disegnata correggendo gli aspetti critici dell’operazione realizzata nel 2007. In particolare, la proposizione del silenzio-assenso potrebbe oggi essere meglio realizzata tramite l’utilizzo di procedure on-line, che non ostacolino per i singoli lavoratori interessati una eventuale scelta di non partecipazione, ma che al tempo stesso chiariscano in modo oggettivo, nell’informazione fornita a supporto delle scelte da compiere, i vantaggi dell’adesione. Incidentalmente, anche al di là delle decisioni che si dovessero assumere circa un rinnovo dell’adesione automatica ai fondi pensione, il sistema della previdenza complementare beneficerebbe di un assai più ampia diffusione dell’uso di procedure di adesione on line. Inoltre, sempre nella prospettiva di disegnare meccanismi di auto-enrolment il più possibile efficaci, la linea di default che accoglie gli iscritti silenti potrebbe essere non più una linea garantita, bensì una basata sull’approccio life-cycle, che sfrutta il lungo orizzonte temporale dell’investimento previdenziale tramite una esposizione iniziale più elevata per i titoli azionari, caratterizzati da maggiore volatilità ma pure da rendimenti attesi più elevati, e una progressiva riduzione di tale esposizione via via che si avvicina il pensionamento. In generale, e sulla base delle indicazioni fornite dalle esperienze internazionali, un meccanismo di adesione automatica per sortire gli effetti per cui è disegnato deve avere un funzionamento semplice, deve rendere immediatamente chiari e percepibili i benefici dell’adesione e deve essere adottato in fasi di relativa stabilità dei mercati finanziari. Infine, l’adesione automatica ai fondi pensione andrebbe sempre accompagnata da una campagna informativa e di educazione previdenziale ben strutturata e coerente con il disegno complessivo dell’operazione. Non va dimenticato a tal proposito come tra le principali “barriere all’ingresso” vi sia la difficoltà percettiva legata al fatto che trasferendo il TFR a fondo pensione si percepirà la prestazione sotto forma di rendita, poco conosciuta nell’immaginario collettivo e di cui ancora non si colgono i rilevanti vantaggi prospettici come la copertura dal rischio longevità, particolarmente presente in un Paese anziano come l’Italia. Copyright © - Riproduzione riservata