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Archivio newsSmart working per genitori con figli under 14: un diritto fino al 30 giugno. A quali condizioni?
La legge di conversione del decreto Milleproroghe ha prorogato fino al 30 giugno lo smart working semplificato per i genitori con figli under 14. Si tratta di un diritto che non è, però, incondizionato. Il datore di lavoro deve, infatti, valutare se la richiesta sia compatibile con le caratteristiche della prestazione svolta in azienda. Una decisione che potrebbe portare, sulla base di quest’ultimo dato, ad un utilizzo parziale, per alcuni giorni della settimana o del mese, del lavoro agile fino alla fine del periodo. Occorre, inoltre, effettuare altre valutazioni. Dall’analisi, viene quindi da chiedersi cosa significa aver previsto tale modalità di lavoro agile, condizionandola però alla presenza di alcuni requisiti, in qualche caso difficili da verificare. Non era meglio lasciare la disciplina dello smart working all’accordo tra le parti, come richiesto dalla legge n. 81/2017?
In Italia, sol che si dovesse restare alle indicazioni del nostro Legislatore, l’emergenza pandemica continua, quanto meno per il lavoro. Tale sicurezza la si evince dalla legge n. 14/2023 che ha convertito, con modificazioni, il decreto Milleproroghe (D.L. n. 198/2022) ove, nella stesura iniziale la proroga della modalità di lavoro agile nella forma semplificata prevista durante il Covid-19, era prevista per i soli lavoratori fragili individuati dal D.M. del 4 febbraio 2022 del Ministro della salute. In sede di conversione le “maglie” della proroga si sono allargate comprendendo, a determinate condizioni, sia un genitore con figlio al di sotto dei 14 anni, che i lavoratori esposti al rischio secondo le valutazioni del medico competente (esiti di patologie oncologiche, età, immunodepressione, svolgimento di terapie salvavita, ecc.). Oggetto di questa mia breve riflessione è, però, unicamente lo smart working nella forma semplificata relativo al genitore (padre o madre che sia). Diritto allo smart working per genitori con figli under 14 L’obbligatorietà del lavoro agile per il genitore di figlio (o figli) al di sotto dei 14 anni nacque, durante la pandemia, sotto la spinta di una grossa necessità: le scuole, di ogni ordine e grado, erano chiuse, ed era stato adottato il modello della “didattica a distanza”, cosa che comportava la presenza dei ragazzi a casa. Ora, tale situazione non c’è più, l’insegnamento si svolge regolarmente, nei luoghi a ciò abilitati, in tutti i plessi scolastici. E, allora, è giusto chiedersi: perché se manca la motivazione originaria ed i ragazzi sono a scuola, per quale ragione, la norma, che riguarda, unicamente, i lavoratori del settore privato, introdotta in sede di conversione, ha avuto il via libera? Non era possibile, in presenza di una situazione familiare (non necessariamente legata alla presenza in casa di “under 14”) o di una necessità aziendale, procedere, come si fa, normalmente, con la stipula di un accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore? Il Legislatore, oltre ad aver approvato una disposizione senza le ragioni che lo spinsero ad introdurla, ha ipotizzato la norma come un diritto condizionato. Ma di cosa si tratta? Il diritto per il lavoratore o la lavoratrice di chiedere di lavorare con tale modalità agile è possibile a meno che non vi sia: a) l’altro genitore non lavoratore (ma ci sono sentenze della giustizia amministrativa che hanno riconosciuto come lavoratrice anche la donna che cura le faccende domestiche); b) oppure, se il lavoratore, non sia titolare di strumenti di sostegno del reddito per cessazione o sospensione dell’attività lavorativa. Il concetto di lavoratore è molto ampio e non può riferirsi soltanto a colui (o colei) che svolge attività di lavoro subordinato, in quanto il requisito si attaglia a chiunque svolga una attività di lavoro autonomo che, come è noto, può presentarsi sotto diverse forme. Il secondo requisito richiesto riguarda il caso del genitore che, pur lavoratore, stia fruendo del trattamento di disoccupazione (NASPI, DIS-COLL, disoccupazione agricola) o sia in sospensione dell’attività con intervento degli ammortizzatori sociali ordinari o straordinari. Tale ultima situazione, riferita alle integrazioni salariali è facile da dirsi ma è più difficile da inquadrare potendo diversificarsi in vari modi. Ci può essere il caso in cui l’intervento integrativo: a) è limitato ad alcune ore della settimana o che, comunque, comportano un impegno ridotto in azienda per un certo periodo; b) pur essendo di natura continuativa, obbliga l’interessato a frequentare corsi di formazione o riqualificazione professionale, anche ai sensi dell’art. 25-ter del D.Lvo n. 148/2015. Vale la pena di ricordare che con D.M. 2 agosto 2023 del Ministro del Lavoro è stato previsto che gli ispettori del lavoro controllino le presenze e che, in caso di assenze rilevanti, segnalino il tutto all’INPS competente per territorio per le sanzioni che possono arrivare fino alla sospensione temporanea o alla cancellazione della indennità di integrazione. Il lavoratore genitore deve presentare una richiesta specificando, da subito, quale è la posizione dell’altro genitore in ordine ai due requisiti appena citati. Compatibilità con la prestazione svolta in azienda Il diritto del lavoratore a chiedere il lavoro agile nella forma semplificata fino al 30 giugno 2023 non è, però, incondizionato, atteso che il datore di lavoro deve valutare se la richiesta sia compatibile con le caratteristiche della prestazione svolta in azienda. La decisione del datore di lavoro (il Legislatore non sembra aver fissato alcun termine perentorio per la risposta) deve essere il frutto della valutazione relativa alla compatibilità delle mansioni sia con lo smart working che con l’organizzazione dell’azienda. La valutazione potrebbe portare, sulla base di quest’ultimo dato, ad un utilizzo parziale, per alcuni giorni della settimana o del mese, del lavoro agile fino alla fine del periodo. Considerazioni conclusive Ciò detto, torno al dubbio espresso all’inizio di questa riflessione: se la ragione ispiratrice della norma originaria era determinata dal fatto che i ragazzi erano a casa in “didattica a distanza”, ora che quest’ultima non c’è più, cosa significa aver previsto tale modalità, condizionandola anche alla presenza di alcuni requisiti, in qualche caso difficili da verificare? Nella sostanza, si sta a casa, ma i figli sono, giustamente, a scuola. Non era meglio, qualora se ne fosse ravvisata una necessità, lasciare la disciplina del lavoro agile all’accordo tra le parti richiesto dagli articoli 18 e seguenti della legge n. 81/2017? In un quadro di tal genere, spicca il “silenzio amministrativo” sia del Ministero del Lavoro che dell’INPS. E’ mai possibile che, per emettere un chiarimento di prassi, sia necessario attendere l’ultimo periodo di vigenza della norma che, come è noto, scade il 30 giugno prossimo? Copyright © - Riproduzione riservata