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Archivio newsDistacco del lavoratore in apprendistato: il diritto alla formazione non è rinunciabile
Nelle ipotesi in cui il lavoratore in apprendistato venga distaccato presso un’altra impresa occorre garantire all’apprendista il regolare adempimento dell’obbligo di formazione interna ed esterna. il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha, in particolare, osservato che è necessario prevedere l’ipotesi del distacco nel piano formativo dell’apprendista. L’inserimento dell’apprendista distaccato in un contesto produttivo e organizzativo diverso da quello per il quale è stato assunto, deve poi avere una durata limitata e contenuta rispetto al complessivo periodo dell’apprendistato. Quali sono gli altri vincoli da rispettare?
Il distacco del personale dipendente si realizza, nell’ambito dei rapporti di lavoro in essere nel settore privato, quando un datore di lavoro, detto distaccante, pone uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto (distaccatario) per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa temporanea. Al riguardo non è previsto per legge alcun divieto assoluto, ma va tenuto presente che, nel rispetto della sinallagmaticità del rapporto di lavoro in apprendistato, l’aspetto formativo deve essere sempre prevalente rispetto allo specifico interesse del distaccante allo svolgimento della prestazione lavorativa. Requisiti formali Per espressa previsione di legge, nell’ambito di imprese che abbiano sottoscritto un contratto di rete ai sensi della L. n. 33/2009, l’interesse del distaccante sorge automaticamente in forza dell’operare della rete, che ha natura di programma condiviso tra le imprese aderenti finalizzato alla realizzazione di obiettivi comuni: - temporaneità del distacco, con puntuale individuazione delle finalità perseguite e individuazione di un arco temporale comunque delimitato, anche se non esattamente determinabile sin dall’inizio; -titolarità del rapporto di lavoro in capo al distaccante, che permane quale obbligato alla retribuzione e contribuzione e mantiene il potere disciplinare. Il potere direttivo e di controllo invece si trasferiscono al distaccatario; - svolgimento di un’attività lavorativa da parte del distaccato che sia specifica e funzionale all’interesse del datore di lavoro distaccante. Nulla vieta che il distaccatario provveda ad un rimborso delle spese sostenute dal datore del lavoro per il pagamento della retribuzione e della relativa contribuzione del lavoratore durante il periodo di distacco. Detto rimborso delle spese non presenta alcuna rilevanza per la qualificazione del “distacco genuino”, l’importante è che non superi il costo effettivamente sostenuto dal distaccante e che non vi sia presenza di alcun utile. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha osservato che è in primo luogo necessario prevedere l’ipotesi del distacco nel piano formativo dell’apprendista (Ministero del Lavoro nota n. 1118/2019). E’ opportuno a tal fine che nell’accordo di distacco sia previsto il coinvolgimento anche del tutor o l’indicazione di un referente aziendale nella sede del distaccatario che si relazioni con il tutor per consentire la piena e regolare attuazione del piano formativo e lo sviluppo delle capacità professionali e personali dell’apprendista. In ogni caso, nei confronti dei lavoratori distaccati in Italia, devono essere applicate, durante il periodo del distacco, le medesime condizioni di lavoro e di occupazione previste per coloro che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco in materia di: - periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo; - durata minima delle ferie annuali retribuite; - trattamenti retributivi minimi, compresi quelli maggiorati per lavoro straordinario; - condizione di cessione temporanea dei lavoratori; - salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; - provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti o puerpere, bambini e giovani; - parità di trattamento fra uomo e donna nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione. Limiti di durata In ogni caso l’inserimento dell’apprendista distaccato in un contesto produttivo e organizzativo diverso da quello per il quale è stato assunto, deve avere una durata limitata e contenuta rispetto al complessivo periodo dell’apprendistato. Al fine di prevenire situazioni elusive, dunque, il Ministero del Lavoro suggerisce di interpretare il limite temporale generalmente posto al distacco in senso ancora più restrittivo. In caso contrario si finirebbe per delegare gli aspetti formativi del contratto ad un soggetto terzo rispetto all’effettivo datore di lavoro. Obbligo di tutoraggio Le modalità concrete in cui avviene il distacco devono, comunque, garantire all’apprendista il regolare adempimento dell’obbligo di formazione interna ed esterna, la cui responsabilità rimane in capo al datore di lavoro, nonché consentire la necessaria assistenza del tutor, il quale deve essere posto in condizione di svolgere i compiti e le funzioni a lui assegnate dalla specifica disciplina regionale e/o collettiva, anche nel contesto produttivo del distaccatario. Il tutor è in ogni caso tenuto a garantire che il periodo del distacco risulti utile e coerente al percorso formativo dell’apprendista definito all’atto dell’assunzione. A parere di chi scrive, potrebbe essere utile, in questi casi, adottare un distacco parziale, nell’ambito del quale la prestazione viene svolta parzialmente presso il distaccatario, mentre per il restante tempo, il lavoratore continua a svolgere la prestazione presso il datore di lavoro distaccante. E’ ammesso che il distacco avvenga contestualmente all’assunzione del lavoratore distaccato. Consenso del lavoratore Ai fini della legittimità del distacco, nella generalità dei casi, non vi è necessità di una previsione contrattuale che lo autorizzi. La disciplina vigente stabilisce che non è necessario il consenso del lavoratore, tranne nel caso in cui il distacco comporti un mutamento delle mansioni. Al riguardo è utile specificare che ai sensi della disciplina vigente prima del Jobs Act era indispensabile un raffronto empirico tra vecchie e nuove mansioni condotto alla luce del criterio dell’“equivalenza professionale”. La disciplina innovata dal Codice dei contratti (D.Lgs. n. 81/2015) fa invece espresso riferimento esclusivamente alla posizione formale occupata dal lavoratore in azienda, in virtù del sistema di inquadramento (livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte). La Corte di Cassazione ha più volte precisato il ruolo svolto dalla contrattazione collettiva, anche aziendale: le parti possono sottoscrivere un accordo di modifica delle mansioni, della categoria legale, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione del posto di lavoro, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. E’ opportuno che l’accordo sia stipulato in “sede protetta”, presso la commissione provinciale di conciliazione istituita presso la Direzione territoriale del lavoro (art. 410 c.p.c.), in sede sindacale (art. 411 c.p.c.) o le sedi di certificazione (Università e fondazioni autorizzate, commissioni presso gli ordini dei consulenti del lavoro, Enti bilaterali, ecc.) previste dall’art. 76 del D.Lgs. n. 276/2003. Copyright © - Riproduzione riservata