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Archivio newsEquo compenso: nuove regole, con più tutele per i professionisti
Via libera definitivo della Camera alla proposta di legge riguardante disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali. Il testo del provvedimento definisce l’ambito di applicazione, elenca gli organismi deputati a stabilire i compensi di riferimento e dispone la nullità di qualsiasi pattuizione che vieti al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione e imponga l'anticipazione di spese o che attribuisca al committente o cliente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso. Regolamentato anche il termine di prescrizione del diritto al compenso da parte del professionista. Quali sono le altre novità?
La Camera ha approvato, in seconda lettura, la proposta di legge presentata il 13 ottobre 2022 e trasmessa, con modifiche, dal Senato il 23 marzo rendendo così definitive le disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali. La definizione di equo compenso è data dall’art. 1 del provvedimento in esame il quale dispone che per essere considerato equo il compenso deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto e al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale nonché conforme ai parametri per la determinazione dei compensi previsti dalla legge. Ambito applicativo Il testo definitivamente approvato il 12 aprile 2023 in realtà non piace più di tanto alle categorie professionali in quanto è di applicazione limitata, mirata alle sole prestazioni d'opera intellettuale regolate da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali- comprese quelle svolte dagli esercenti professioni non ordinistiche -svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie e delle imprese che nell'anno precedente al conferimento dell'incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro. Restano pertanto escluse dal provvedimento tutte le realtà imprenditoriali di piccole e medie dimensioni. E’, purtuttavia, un segnale di attenzione al lavoro dei professionisti, che merita di essere ripreso ed adattato al contesto di riferimento tenendo presente alcuni principi affermati dal recente provvedimento, fra cui: -la nullità delle clausole che prevedono un compenso per il professionista inferiore ai parametri, nonché le eventuali clausole indicative di uno squilibrio nei rapporti tra professionista e impresa; -la possibilità per il giudice di rideterminare il compenso iniquo ed eventualmente di condannare l'impresa al pagamento di un indennizzo in favore del professionista; -l’obbligo per gli ordini ed i collegi professionali di adottare disposizioni deontologiche volte a sanzionare il professionista che violi le disposizioni sull'equo compenso; -la possibilità che il parere di congruità del compenso emesso dall'ordine o dal collegio professionale acquisti l'efficacia di titolo esecutivo. Individuazione dei compensi di riferimento L’art. 2 del provvedimento in esame elenca gli organismi deputati a stabilire i compensi di riferimento: a) per gli avvocati, dal decreto del Ministro della giustizia emanato ai sensi dell'art. 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247; b) per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'art. 9 del D.L. n. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2012; c) per i professionisti non ordinistici, dal decreto del Ministro delle Imprese e del Made in Italy da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, con cadenza biennale, sentite le associazioni iscritte nell'elenco di cui al comma 7 dell'art. 2 della legge n. 4 del 2013. Clausole nulle Particolarmente interessante appare l’art. 3 della nuova legge stante che il comma 2 dispone la nullità di qualsiasi pattuizione che vieti al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione, che imponga al professionista stesso l'anticipazione di spese o che, comunque, attribuisca al committente o cliente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso. E’ altresì prevista la nullità di qualsivoglia clausola che riservi al cliente della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o che attribuisca al cliente della facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive che il professionista deve eseguire a titolo gratuito. Peraltro, la nullità di eventuali clausole contrattuali non travolge l'intero contratto, la nullità stessa opera solo a vantaggio del professionista e può essere rilevata anche d'ufficio. Spetta al giudice, rilevato il carattere iniquo del compenso, di rideterminarlo condannando il committente al pagamento del dovuto con l’eventuale condanna del cliente al pagamento di un indennizzo in favore del professionista, pari a una somma fino al doppio della differenza tra il compenso e quello originariamente pattuito. Termine di prescrizione e parere di congruità Per l’art. 5, comma 2, il termine di prescrizione del diritto al compenso da parte del professionista decorre dalla cessazione del rapporto con l'impresa ovvero, in caso di pluralità di prestazioni rese a seguito di un'unica convenzione e non aventi carattere periodico, dal compimento dell'ultima prestazione. L'art. 7, infine, stabilisce che il parere di congruità emesso dall'ordine o dal collegio, possa valere in alternativa alle procedure di ingiunzione di pagamento ed acquisti efficacia di titolo esecutivo per il professionista, se rilasciato nel rispetto delle procedure, e se il debitore non ha proposto opposizione ai sensi dell'art. 281-undecies c.p.c., entro quaranta giorni dalla notificazione del parere stesso. Il giudizio di opposizione al parere di congruità si svolge davanti al tribunale in composizione monocratica del luogo nel cui circondario ha sede l'ordine o il collegio professionale che lo ha emesso, nelle forme del rito semplificato di cognizione, regolato dal capo III-quater del titolo I del libro II c.p.c. (artt. 281-decies ss. c.p.c.), introdotto dalla recente "riforma Cartabia". Le parti possono stare in giudizio personalmente e la sentenza non è appellabile. Norme abrogate Con l’entrata in vigore della nuova legge sono abrogati: -l'art. 13-bis della legge n. 247/2012; -l'art. 19-quaterdecies del D.L. n. 148/2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 172/2017; -la lettera a) del comma 1 dell'art. 2 del D.L. 4 n. 223/2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2006. Copyright © - Riproduzione riservata